Imperia, protesta del Movimento Imprese Italiane sotto la Prefettura. Pinto indagato

21 dicembre 2020 | 19:24
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Lo ha annunciato lo stesso fondatore nel corso della manifestazione. Il direttivo si autodenuncia per solidarietà

Imperia. Hanno sfidato la pioggia e le norme anti assembramento per chiedere a gran voce, sotto il palazzo della Prefettura ente simbolo del governo sul territorio, la riapertura delle attività economiche nei giorni festivi. Sono alcune decine, una quarantina circa, i partecipanti all’iniziativa di protesta del Movimento Imprese Italiane che si è svolta questa sera e che ha visto il fondatore del movimento, il sanremese Maurizio Pinto, annunciare di essere indagato dalla procura del capoluogo per diffamazione, incitamento alla disobbedienza civile e minacce al corpo amministrativo dello Stato. In segno di solidarietà, tutto il direttivo si sarebbe autodenunciato.

A scendere in piazza sono stati commercianti, ristoratori, baristi, personal trainer e altre categorie di lavoratori e imprenditori.

«Non possiamo subire questo lockdown che ha il solo scopo di annientare la nostra economia – ha dichiarato il presidente del Movimento Pinto – Sappiamo che anche il governatore ligure Giovanni Toti la pensa come noi, e allora ci rivolgiamo a lui: vada contro il decreto Conte e riporti la Liguria nella cosiddetta area gialla».

La Liguria, che al momento è tra la regioni con un Rt (indice di contagio) più basso in assoluto «subisce le imposizioni di un governo che ci sta uccidendo – ha aggiunto il Movimento – I danni alle aziende saranno incalcolabili se sarà impedito a chi lavora di aprire durante le feste natalizie». Prima il lockdown in primavera, poi quello parziale in autunno e infine la stretta dal 24 dicembre al 6 gennaio annunciati nei giorni scorsi dal premier Giuseppe Conte per scongiurare una possibile terza ondata di Covid-19: una decisione, questa, che pesa come un macigno sulla già fragile economia ligure e rischia di metterla in ginocchio. «Visto che la Liguria ha un indice Rt di 0,7, noi non riusciamo a capire per quale motivo la Liguria debba tornare in zona rossa dopo che non lo è mai stata anche quando la situazione epidemiologica era ben più grave di adesso, – conclude Pinto. Non possiamo assolutamente tollerare una situazione del genere senza lanciare un segnale: noi non possiamo accettare una situazione simile»».

«Dal momento che state indagando il nostro presidente, mettendo sotto accusa la libertà di pensiero e la sua libertà di opinione, – ha preseguito Alessio Graglia, vicepresidente Movimento Imprese Italiane – noi siamo qui a dimostrare la nostra solidarietà a chi rappresenta e reclama il nostro diritto a vivere e lavorare. Noi membri del direttivo del Movimento Imprese Italiane ci autodenunciamo alla questura di Imperia per gli stessi presunti reati per cui è indagato il nostro presidente (articoli 338, 415, 595 codice penale). Non esiste alcuna legge che possa impedire alle attività commerciali di svolgere regolarmente il proprio lavoro o obbligarle addirittura alla chiusura. I Dpcm e i decreti legge del governo sono illegittimi e incostituzionali come già riconosciuto da diversi giudici in Italia, di conseguenza a quali ipotesi di reato si fa riferimento se non esiste nemmeno suddetta legge che possa essere violata? Esortiamo il governo italiano affinché rispetti la costituzione italiana e se per questo dovremmo essere indagati e subire regolare processo, ci dichiareremo colpevoli davanti a un giudice. Oltre a tutto ciò, rivendichiamo i nostri diritti civili, vogliamo esercitare il nostro diritto al lavoro come recita la costituzione. Vogliamo vivere la nostra socialità. Vogliamo dare da mangiare alle nostre famiglie. Rivendichiamo quelli che sono i diritti basilari e sacrosanti di ogni cittadino in virtù del fatto che l’emergenza sanitaria non esiste realmente, che i numeri sono manipolati e che il Covid-Sars-19 è una sindrome influenzale curabile con un tasso di letalità bassissimo, e la nostra compressione dei nostri diritti è diventata un sopruso, un abuso e una prevaricazione ingiustificata».