Santo Stefano al Mare, primo colpo di benna dopo 30 anni: si parte con l’asilo
Era il 1993 e in comune c’era il sindaco Sergio D’Aloisio: «Quello che sembrava un progetto all’avanguardia è oggi una sfida»
Santo Stefano al Mare. Colpo di benna, ieri mattina, per la demolizione della vecchia fabbrica Lavezzoni a Santo Stefano al Mare, futura sede del “nuovo” asilo. “Nuovo” si fa per dire, perché è dal lontano 1993 che il paese aspetta, tra una pratica burocratica e l’altra, una sede degna per la sua scuola dell’infanzia, individuata nello storico edificio che, nei primi del ‘900, ospitava un calzaturificio.
Un altro secolo, una pista ciclabile in più, generazioni di bambini cresciuti e amministrazioni che si sono succedute in tempi biblici, nel senso della parola. Ma andiamo con ordine.
Era il 1993 e il comune era guidato dal sindaco Sergio D’Aloisio, architetto, mentre il parroco era Monsignor Umberto Toffani. Oggi, trent’anni dopo, il parroco è ancora don Umberto e il progetto prende finalmente forma. Ma nel frattempo, il mondo è cambiato. A dichiararlo è l’ex sindaco D’Aloisio: «La realtà è variata notevolmente. Il calo demografico ha ridotto l’utenza e quello che poteva sembrare un progetto all’avanguardia è diventato una sfida».
Un asilo progettato quando c’era ancora la lira e oggi prende vita in un’Italia che ragiona in euro, e non solo. «I costi non sono più proporzionati a quelli che dovrebbero essere per un’infrastruttura in un paese di piccole dimensioni. A suo tempo avevamo trattato l’edificio, sottoposto a vincolo di archeologia industriale, con l’idea di trasformarlo in un piccolo teatro comunale, conservandone la forma originaria. Non riuscendoci, abbiamo poi acquistato i locali e realizzato uno spazio polivalente». Tempi da “Sagrada Família”, ma ora le ruspe parlano chiaro e anche l’orologio. «Trovo inspiegabile la dilatazione dei tempi: se si fosse stati più celeri si sarebbe arrivati a soluzioni diverse e i costi sarebbero stati inferiori. Oggi ci troviamo a fare i conti con l’esplosione dei prezzi causata dal ‘bonus edilizia’. Dieci anni fa sarebbe costato la metà, trent’anni fa ancora meno» conclude il già sindaco Sergio D’Aloisio.
Di altra veduta il parroco, Monsignor Umberto Toffani, insieme alla fondazione «Regina Margherita», di cui è presidente – che vede finalmente l’avvio dei lavori tanto desiderati e seguiti. Don Umberto, “dove eravamo rimasti”? «Sono stati trent’anni di burocrazia e attesa, in cui i rapporti non sono sempre stati di collaborazione tra la Fondazione Regina Margherita e l’amministrazione. Adesso si è trovata una sinergia e si è arrivati a una forma condivisa. Il termine dei lavori è previsto per il 31 maggio 2026. Quando sono arrivato qui ero un giovanotto, ora ho 84 anni e spero di vedere l’opera compiuta».
La sede in cui stanno operando le ruspe, che hanno portato a termine oggi la demolizione, è proprio l’ex fabbrica-calzaturificio della famiglia Lavezzoni, fondata nel 1926, in piena attività durante la guerra, fino a quando – con la fine del conflitto – un ordine di oltre 27mila scarpe per l’esercito non venne più saldato. La fabbrica chiuse. Vi si alternarono altre attività, ma col tempo l’edificio è diventato solo una struttura abbandonata. Ora, si auspica in tempi più ristretti dei precedenti, l’edificio vedrà crescere le future generazioni di Santo Stefano.