Paziente si suicida lanciandosi dal balcone, in aula ascoltato lo psichiatra accusato di omicidio colposo
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Il medico ha spiegato di aver rivisto la terapia della paziente, intensificando i colloqui e migliorando gradualmente il suo stato clinico
Imperia. «Quando sono arrivato, la donna era già ricoverata lì da tempo. L’avevo conosciuta anni prima in una struttura sanitaria, dove era stata ospitata per problemi di tossicodipendenza e comportamentali. Dopo tanti anni mi aveva subito riconosciuto, e insieme avevamo iniziato un nuovo percorso terapeutico». A parlare, in aula, è il medico psichiatra imperiese finito a processo, davanti al giudice monocratico di Imperia, Marta Maria Bossi, con l’accusa di omicidio colposo per la tragica morte di una sua ex paziente. La donna, 47 anni, si tolse la vita il 18 agosto 2020 lanciandosi dal balcone della struttura sanitaria in cui era ricoverata da anni, situata nell’entroterra della provincia.
All’epoca della morte della donna, il medico ricopriva il ruolo di direttore sanitario della struttura.
Lo psichiatra ha spiegato di aver rivisto la terapia della paziente, intensificando i colloqui e migliorando gradualmente il suo stato clinico. «Nonostante episodi di aggressività verso altri pazienti, la situazione era nettamente migliorata. La signora partecipava regolarmente alle attività quotidiane della struttura, come stendere il bucato, sistemare i tavoli e altre occupazioni utili per mantenere un certo livello di operatività, essenziali per il percorso riabilitativo».
Sulla vicenda specifica, il medico ha dichiarato: «Non c’erano segnali clinici che facessero pensare a un rischio di atti autolesivi. Anche durante l’uscita sul balcone per stendere i panni, attività che svolgeva regolarmente, non erano emerse problematiche. La caduta è avvenuta da un’altezza relativamente modesta, ma sufficiente a causare danni irreparabili».
In aula è stato ascoltato anche il medico educatore che ha lavorato nella struttura insieme allo psichiatra, a sua volta specialista in criminologia forense. «La paziente alternava momenti di calma a episodi di aggressività, soprattutto verso altre donne. Dopo l’arrivo del dottore psichiatra, la terapia aveva migliorato sensibilmente la sua condizione. Non ricordo episodi particolari che potessero far pensare a gesti autolesivi, se non alcuni momenti di depressione legati al lutto per la perdita del fratello. Tuttavia, anche in quell’occasione, la paziente era riuscita a elaborare il dolore senza segnali di allarme».
Il medico educatore ha inoltre sottolineato l’impatto negativo della pandemia sullo stato emotivo generale dei pazienti: «Dal febbraio 2020, a causa delle restrizioni, molti pazienti avevano mostrato un calo dell’umore. Tuttavia, la paziente in questione continuava a partecipare alle attività proposte, come ginnastica e passeggiate, sempre con la supervisione del personale».
Il medico psichiatra è difeso dagli avvocati Giorgio e Azzurra Valfrè, mentre la madre della vittima, costituita parte civile, è rappresentata dall’avvocato Sandro Riceputo. La prossima udienza è fissata per il 28 febbraio alle 11.30 si attendono ulteriori testimonianze per chiarire le responsabilità nella tragica vicenda.