Lettera aperta di Don Filippo Pirondini agli Amministratori di Taggia
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«Un pericolo dunque da evitare è la riduzione della partecipazione politica ad un atteggiamento meramente protestatario»
Taggia. Nell’occasione dei festeggiamenti per San Benedetto Revelli, il parroco Don Filippo Pirondini, scrive una lettera aperta all’amministrazione di Taggia. In particolare, Don Filippo pone l’attenzione perché, assieme, ci si possa adoperare nel dare attenzione e migliorare le diverse situazioni di disagio del nostro tessuto sociale.
«La celebrazione liturgica di San Benedetto Revelli, vescovo originario di Taggia, offre l’occasione propizia per fermarci a riflettere sulle potenzialità, ma anche sulle criticità, della nostra realtà, per cogliere meglio tutta l’unicità di questo nostro territorio e, così, comprendere la necessità di lavorare in sinergia per lo sviluppo del bene comune delle nostre famiglie.
Come Parroco mi sta a cuore ogni persona della Comunità, e specialmente ho presenti nella preghiera e nella vicinanza quelle che vivono particolari difficoltà e disagi, per cui sento il dovere, che proviene dal cuore, di rivolgermi agli Amministratori perché, assieme, ci si possa adoperare nel dare attenzione e migliorare le diverse situazioni di disagio del nostro tessuto sociale, sempre memori di quanto dice l’apostolo Paolo: “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui e, se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui” (1 Cor 12,26)».
Come prosegue il parroco, «San Benedetto Revelli ci significa la ricchezza di patrimonio di storia, tradizione e cultura che caratterizza Taggia. Una Città, pertanto, da valorizzare, e ciò è possibile solo se si parte dal dare dovuta attenzione a coloro che la abitano e che la visitano. Il nostro Santo, della cui vita si conosce molto poco, visse nel IX secolo. Era monaco benedettino ed eremita sull’Isola Gallinara quando il clero ed il popolo di Albenga lo elessero loro Vescovo. Raggiunto dalla notizia, secondo la tradizione, piegò il capo alla volontà di Dio ed accettò di assumersi un ufficio tanto alto e grave, in un tempo in cui il Vescovo era pure colui che gestiva la cosa pubblica e giudicava anche le cause di natura civile, non dedicandosi – pertanto – solo all’ambito ecclesiastico e spirituale, come, d’altro canto, è normale sia per chi è chiamato ad essere pastore del popolo che Dio gli affida».
«Anche gli Amministratori sono eletti dal popolo per garantire il bene comune, per spendersi per la cosa pubblica. La fiducia che è stata accordata loro è, e deve essere, sempre intesa e vissuta come servizio alla società, servizio che non può anzitutto non richiedere impegno specialmente per le fasce più deboli. “La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona»” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002).»
«Un pericolo dunque da evitare è la riduzione della partecipazione politica ad un atteggiamento meramente protestatario. Nella sua vera essenza la politica è sempre un’attività costruttiva e propositiva. La critica e l’opposizione hanno senso solo in quanto sono esse stesse costruttive, in quanto finalizzate ad un mutamento delle decisioni e dei programmi perché meglio si conformino al loro fine: il bene dei cittadini. Ciò significa che le critiche devono essere il risultato di un’attività riflessiva e non già meramente la reazione emotiva o ideologica.
La dialettica non sia mai un’arma di tensione fra opposizioni, ma, ricordando che il motivo dell’attività civica e politica è il servizio al bene comune, sia mossa dalla volontà di sostenere decisioni buone, che lo favoriscano, o, all’opposto, da una critica costruttiva, basata su concrete proposte volte a correggere ciò che meglio potrebbe essere fatto e proposto per raggiungere lo scopo. Ciò che deve accomunare e animare tutti noi sono sempre e soprattutto le persone, la cui dignità è infinita perché create ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,26). Prego ed auspico che, animati da questa giusta e doverosa inquietudine, anche loro, Amministratori della cosa pubblica, possano, come San Benedetto Revelli, piegare umilmente il capo dinnanzi alla fiducia che è stata accordata dal popolo, ossia assumere l’atteggiamento umile, proprio di chi “depone se stesso” ed i propri interessi, o quelli di parte, per guardare e cercare il bene di tutti e di ciascuno, lavorando per questo con generosità e senza particolarismi.
Questo è l’augurio che come Parroco formulo agli Amministratori, questo è l’auspicio che desidero esprimere loro, questa è l’intenzione per la quale prego il “nostro” Santo, questa è la causa comune per la quale, spero, assieme si potrà lavorare».