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Tre fulmini e una esperienza extracorporea, la storia di Aldo Basso

18 gennaio 2025 | 10:00
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Tre fulmini e una esperienza extracorporea, la storia di Aldo Basso

«Ho visto me stesso dall’alto e ho rivissuto tutti gli istanti della mia vita»

Vallecrosia. «Ho visto una modifica a livello di luminosità nella parte alta del crinale e all’improvviso ho fatto un salto all’indietro. Quando ho ripreso conoscenza mi sono ritrovato alle spalle della contro cima, a sette-otto metri più in basso, sdraiato a terra. Sentivo un rumore simile a quello di un compressore: solo in seguito ho capito che si trattava del mio respiro», racconta Aldo Basso, ex macchinista di locomotive e amante degli sport estremi nonché appassionato di alpinismo residente a Vallecrosia che quel giorno del 1977 trascorso sul Grand Capelet, in cui è stato colpito da un fulmine, a 27 anni, lo ricorda bene.

A immergersi nelle meraviglie del massiccio montuoso che si trova nel dipartimento francese delle Alpi Marittime, quel giorno, insieme ad Aldo, c’erano altri due amici, tra cui Mario Molinari, direttore del Troubar Clair, testimone oculare dell’accaduto:

«Ricordo che stavamo scendendo dal Gran Capelet e che si stava avvicinando un temporale, anche se ancora non pioveva. Aldo era davanti a noi, a circa 15 metri di distanza e nello scendere avrebbe dovuto fare una piccola cresta. Probabilmente, in quel momento, Aldo aveva un oggetto metallico che fuoriusciva dal suo zaino, ed è stato colpito dal fulmine. A quel punto, è stato scagliato a 50 metri di distanza. Con molta cautela, considerato il rischio che arrivassero altre scariche elettriche dal cielo, io e l’atro ragazzo l’abbiamo raggiunto e quando abbiamo visto che era cosciente l’abbiamo incoraggiato e siamo andati via», conclude Molinari.

Nel momento in cui Aldo riprende i sensi, capisce di essere vivo: «Ho visto e mosso la mia mano che in quel momento era viola, ho sentito i battiti dal polso e poi ho fatto un grande respiro. Da lì a poco la perturbazione sarebbe finita: si era creata una nuvola di sopravento. A quel punto -afferma Aldo- abbiamo tirato la corda in orizzontale per spostarci e per raggiungere il sentiero che distava 40 metri da noi e, più tardi, abbiamo incontrato un pastore. Mi sono seduto, ho bevuto dell’acqua e anche un bicchiere di vino e, successivamente, ho camminato con gli occhi chiusi e le mani in alto per vedere se fossi stabile. Ovviamente, nei giorni successivi mi sono recato dal medico e ho fatto tutti gli accertamenti del caso».

La sua esperienza, l’ha portato dunque, ad approfondire anche gli effetti che i fulmini possono avere sugli uomini: «Dal punto di vista dell’evoluzione quantistica del nostro corpo, abbiamo più di 60 km di linee elettriche, per cui ogni variazione di campo produce correnti indotte che, a loro volta, producono dei danni. Alcuni ricercatori sono giunti alla conclusione che buona parte di chi subisce un’interazione elettrodinamica perde la vita, mentre chi sopravvive subisce dei danni e dai 70 anni in poi sono soggetti a riduzione delle capacità applicative e perdita di memoria», motivazioni queste, che hanno portato Aldo a «rinunciare al deltaplano, alle escursioni in solitaria in montagna e ai giri in moto».

Sebbene nel corso della sua vita Aldo Basso sia stato colpito da altri due fulmini, uno su una locomotiva durante un test a Milano, occasione in cui la scarica ha colpito i piloni della linea elettrica facendogli sbattere la testa contro il tetto della macchina e uno in solitaria, sempre sulla cresta del Gran Capelet, evento in cui avrebbe visto un grosso temporale e successivamente, nella sovratensione, avrebbe fatto un salto e avrebbe visto la sua tenda sradicata; solo nell’episodio del 1977 avrebbe vissuto una esperienza extracorporea: «Durante il primo salto causato dalla scarica, ho visto me stesso dall’alto e poi ho visto scorrere tutti gli istanti della mia vita, anche quelli in cui avevo commesso delle stupidaggini e quei momenti lì mi hanno fatto stare malissimo».

Da sempre appassionato di fisica e reduce di importanti insegnamenti ricevuti da don Gallo, Basso ha potuto, attraverso questa esperienza, condurre delle riflessioni profonde: «Ho compreso il concetto di Inferno che il prete tentava di divulgare: esso non è il fuoco, come comunemente si pensa, ma è la revisione consapevole della stupidaggine che hai fatto».