Falso medico a Bordighera, i testi in aula: «Non sapeva neanche usare il computer»

22 gennaio 2025 | 13:00
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Falso medico a Bordighera, i testi in aula: «Non sapeva neanche usare il computer»

Tra i pazienti anche un uomo con un infarto, arrivato in ospedale in codice rosso

Bordighera. «Non sapeva neanche usare il computer. Ha detto che era dislessica e non poteva farlo». A parlare, in aula come teste, è il dottor Paolo Petrassi, che per qualche giorno ha dovuto “testare” le capacità lavorative di quella che gli era stata presentata come nuova collega nel reparto di Medicina dell’ospedale Saint Charles di Bordighera: Enrica Massone, finita a processo con l’accusa di diversi reati tra cui falso ideologico, esercizio abusivo della professione medica e truffa, per essersi spacciata come medico e ad aver lavorato presso l’ospedale bordigotto.

Stamani, davanti al giudice monocratico Eleonora Billeri, si è aperto il processo nei confronti del falso medico con l’audizioni dei testi della pubblica accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto di Imperia Lorenzo Fornace.

«Da subito mi sono accorto che qualcosa non andava – spiega il medico – Non ho mai messo la sedicente dottoressa in condizione di essere autonoma e di gestire personalmente i pazienti nel reparto. Era solo un periodo di affiancamento e di prova, appunto, per poter valutare la sua conoscenza professionale, che è risultata totalmente negativa e non appropriata a quelle che sarebbero stati mansioni e incarichi».

La carenze della Massone, come racconta il dottor Petrassi, erano «Evidenti e grossolane» tanto «che mi lasciavano di stucco, perché non potevo giustificare una persona laureata e abilitata a poter svolgere una mansione del genere».

Per questo Petrassi avvisa subito la dottoressa Magda D’Agostino, responsabile di Cura Medica Stp, la società che aveva stipulato un contratto con Enrica Massone e aveva iniziato con lei una prova presso il reparto di Medicina. «Ho riferito ai miei superiori – spiega Petrassi -. Tanto è vero che l’ho tenuta da parte, senza darle alcun incarico. Svolgevo io il lavoro che bisognava svolgere sia per la gestione dei parenti, sia per i colloqui e tutto il resto».

A sfilare in aula, anche il luogotenente Giovanni Artioli, comandante del nucleo operativo della compagnia carabinieri di Bordighera. E’ stato il militare dell’Arma, su input del procuratore aggiunto Fornace, a compiere gli accertamenti su Enrica Massone. L’investigatore accerta che «Massone aveva svolto attività presso l’ospedale di Bordighera nel momento di passaggio tra la gestione pubblica e quella privata, tra Asl1 e Gmv Care Research Srl». Per la sua indagine, Artioli si è recato sia dall’allora dirigente dell’Asl1 Imperiese, dottor Luca Filippo Maria Stucchi, che dal dirigente di Gvm Nicola Bergantino. Inoltre, il luogotenente ha ricostruito i contratti della Massone, che inizialmente era stata assunta in prova da Cura Medica Stp per il reparto di Medicina del Saint Charles. Poi era passata ad Igea Salute, che l’aveva assunta per coprire turni al punto di primo intervento, sempre per l’ospedale di Bordighera.

«Su delega del pm abbiamo acquisito i nomi dei pazienti che hanno avuto a contatto con la Massone», ricorda Artioli. Nella lista ci sono centinaia di nomi. Tra questi anche quello di un uomo giunto al punto di primo intervento in codice rosso di massima gravità per un infarto in corso.Il paziente si è trovato davanti la sedicente dottoressa, che però, oltre a non avere una laurea in Medicina, non aveva neanche un diploma di scuola superiore.

«In quel periodo il personale dell’ospedale in parte era fornito da noi, in parte da Gvm – ha spiegato in aula l’ex dg di Asl1, Luca Filippo Maria Stucchi -. Dal 1 di agosto del 2023, Gvm subentra per la gestione della parte medica. Ad un certo punto, ai primi di ottobre, il dottor Carlini dice che ci sono dei problemi con questa sedicente dottoressa». Asl1 non aveva avuto voce in capitolo né per il contratto della Massone con Cura Medica (per la quale ha lavorato dal 13 al 16 luglio e dal 7 al 13 agosto) né con quello stipulato con Igea Salute (12 agosto, 20, 22, 27 e 28 settembre). «I contratti non erano firmati da Asl – ha aggiunto Stucchi -. Siccome la gestione del personale, come era previsto nel contratto, poteva essere mista, il personale che forniva Gvm veniva contrattualizzato da Gvm».

Stucchi viene informato che la Massone non è in realtà un medico dal direttore del 118, il dottor Simone Carlini: «A quel punto come Asl abbiamo preparato la denuncia e l’abbiamo inviata alla Procura», che però, in quei giorni, prima ancora di ricevere l’esposto dell’azienda sanitaria, aveva già iniziato a compiere accertamenti. La dirigenza di Asl 1 si è anche occupata di fare una ricognizione delle prestazioni, per verificare se nei suoi interventi la dottoressa Massone avesse procurato danni ai pazienti. Fortunatamente, però, la verifica non fa emergere criticità.

A deporre in aula, anche Magda D’Agostino, dottoressa con specializzazione in dermatologia e amministratore unico della Società Cura Medica Stp, con cui Massone ha stipulato il primo contratto. «Nel suo curriculum parlava anche di un concorso presso il ministero di Giustizia per un posto nelle carceri – ha riferito -. Ho ricevuto questo curriculum ed ho avuto un colloquio con la signora Massone al telefono. Si è dimostrata molto preparata sulle Rsa: conosceva esattamente i processi interni delle Rsa. Poi mi diceva che in realtà il covid l’aveva molto prostrata, le aveva creato un burnout e pensava di lasciare l’attività nel carcere». La Massone, infatti, aveva dichiarato di essere medico in servizio presso l’infermeria del carcere di Torino.

Tra la D’Agostino e la Massone si instaura un rapporto di fiducia: «Non ho mai sospettato che non fosse un medico – dichiara in aula – Però non l’avevo mai vista al lavoro e con lei non avevo mai lavorato. Però Paolo Petrassi mi ha riferito che aveva dei problemi sul lavoro. Lei mi ha chiamata, piangendo in modo disperato, dicendo che Petrassi la trattava male e che lei lo avrebbe denunciato per mobbing».

A Petrassi, la dottoressa dice di «lasciarla da parte e di farla sfogare» e «che avremo cercato di capire». Il giorno seguente ha lo stesso sfogo. A questo punto Petrassi la sottopone ad alcune domande di carattere medico, ma si accorge che «non sta sul pezzo della materia». A quel punto D’Agostino dice a Petrassi: «Allora va bene, lasciamo stare. Visto che minaccia di denunciarti, finisce questi giorni e le mando la rescissione del contratto». «Ad agosto – conclude – Le abbiamo inviato una mail, in cui lei ha risposto per accettazione, in cui c’era la rescissione». Nel frattempo, Massone aveva ottenuto 4mila euro per le sue “prestazioni” di luglio. Seguirà una fattura da 7mila euro, che però la D’Agostino non pagherà.