Gandolfo firma autografi come le rockstar, la Calzoleria ligure divide Sanremo
I vicini del commerciante che ha fatto delle vetrine trascurate un’operazione di marketing: «Artista incompreso». C’è chi invoca l’intervento del Comune
Sanremo. È diventato un vero e proprio fenomeno cittadino Gian Carlo Gandolfo, titolare della storica Calzoleria ligure, la cui vetrina impolverata, insegna fatiscente e serranda arrugginita attirano l’attenzione di turisti e residenti, nel silenzio generale delle istituzioni. Ieri mattina, Gandolfo ha ricevuto una calorosa accoglienza in via Matteotti, con amici e conoscenti che si sono fermati a salutarlo, scattare foto e persino chiedere autografi. «Mi sono portato taccuino e due penne, l’inchiostro di una non sarebbe bastato… Dopo il vostro articolo ho ricevuto e letto tanti attestati di stima. Adesso finisco di firmare, apro per poco che poi devo andare in banca a controllare se è arrivata la pensione», – ha scherzato con il solito piglio ironico -.
Nonostante il suo anticonformismo strappi più di un sorriso, il “caso Gandolfo” divide la città e i social sono la piazza in cui impazza la polemica. Se da un lato c’è chi lo definisce un simbolo della libertà di espressione, dall’altro emergono critiche anche da parte di alcuni vicini di negozio, preoccupati per l’impatto estetico della “bottega della polvere” sul cuore commerciale della città. La voce più severa è quella di Susanna, titolare della gioielleria Vivaldi Concept: «La sua è una mancanza di rispetto verso Sanremo e i commercianti che si impegnano a offrire un’immagine decorosa. I miei clienti stranieri, arabi e americani, mi chiedono spesso cosa succeda con quel negozio. In passato faceva sorridere, ma ora non più. È un peccato, perché la Calzoleria ha un grande fascino e meriterebbe di essere valorizzata». Più indulgente Patrizia, del negozio di biancheria per la casa Dea, che ogni giorno si offre di aiutare Gandolfo a pulire le vetrine antistanti la propria attività: «Glielo dico sempre con affetto, ma non c’è verso. Portiamo pazienza, sperando che un giorno ci sorprenda con tutto lindo e in ordine». Luigi Giampietri, delle boutique Graziella e Saphir, considera la scelta di Gandolfo una «simpatica follia», ricordando il commerciante che conosce da quando era bambino.
La chiave di lettura più articolata la offre Giorgio Di Giorgio, titolare di due profumerie, il cui nome riporta allo storico salone da parrucchiere, meta privilegiata dei cantanti del Festival: «La Calzoleria è un’opera d’arte a cielo aperto e Gandolfo è un artista incompreso e inconsapevole. La sua è la vetrina più fotografata di Sanremo. Certo, io non l’avrei mai fatto, ma chi siamo noi per giudicare? Semmai, il primo esempio dovrebbe darlo il Comune. Il problema del decoro sanremese è davvero la polvere sulle scarpe in vetrina di Gandolfo?». Dello stesso tenore il commento dell’ex assessore al Turismo Giuseppe Faraldi, insieme alla moglie alla guida del negozio Stefanel: «A me piace molto. La sua è una critica all’omologazione. Un manifesto dell’anticonformismo».
Il clamore suscitato dalla storia della Calzoleria ligure ha portato le associazioni di categoria e Palazzo Bellevue a interrogarsi sulla questione. Tra le organizzazioni prevale la linea che se Gandolfo è in regola con le tasse, ha diritto di gestire il suo negozio come meglio crede. E comunque non esistono strumenti per intervenire, perché manca a Sanremo una regola specifica sul decoro commerciale, fanno notare alcuni referenti. In municipio c’è chi è per la linea dura e in passato ha fatto partire le lettere degli Uffici, e chi invece non sa come prendere la questione e preferisce non entrarci. Gandolfo, dal canto suo, continua a cavalcare l’onda con nonchalance: «Che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli», ha ripetuto, citando Oscar Wilde. E mentre il dibattito infuria, la ‘Calzoleria’ resta sotto i riflettori, rappresentando un caso unico di marketing in salsa ligure.