Ventimiglia, giovane annegò per sfuggire a un pestaggio: l’imputato si difende in aula

13 novembre 2024 | 14:28
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Ventimiglia, giovane annegò per sfuggire a un pestaggio: l’imputato si difende in aula

Il nigeriano è accusato di concorso in omicidio preterintenzionale

Imperia. «Stavo mangiando seduto in disparte. Ho visto la vittima discutere con altri uomini. Ad un certo punto ho sentito dire “dove sono i miei soldi?”. Non sapevo cosa stesse succedendo, mi sono messo in mezzo solo per calmarli. Poi qualcuno, non so chi, mi ha colpito con una pietra in testa. Sono caduto sulla spiaggia. Ho visto la vittima che correva dritto verso il mare e gli altri uomini che continuavano a lanciargli addosso pietre e bottiglie di vetro».

A parlare è Fortune Nworji, nigeriano di 29 anni finito a processo davanti alla Corte d’Assise di Imperia, presieduta dal giudice Carlo Indellicati, perché accusato di concorso in omicidio preterintenzionale per aver causato la morte del connazionale Osakpolor Omoregie, annegato il 29 maggio del 2019 a Ventimiglia dopo essersi gettato in mare, a quanto sembra nel tentativo di sfuggire all’aggressione di un gruppo di tre stranieri, di cui due risultano al momento irreperibili.

L’imputato, assistito dall’avvocato Elena Pezzetta, in aula si difende, proclamando la propria innocenza e sostenendo addirittura di aver provato a salvare Omoregie. Quando i presunti aggressori, dopo averlo colpito anche mentre era già in acqua, si sono allontanati, «io mi sono alzato per cercare di prenderlo – ha detto più volte Nworji – Era immerso nell’acqua, vedevo solo la mano che si agitava, ho cercato di afferrargliela ma non ci sono riuscito. Il problema è che io sono andato via, ma non c’era nessuno a parte me, lì, nessuno che potesse darmi una mano».

Una versione, quella dell’imputato, che contrasta con quella fornita agli inquirenti da un amico della vittima, che lo ha accusato di aver partecipato al linciaggio del nigeriano poi annegato. Secondo Nworji, invece, ad aggredire Omoregie sarebbero stati altri due nigeriani, che all’epoca dei fatti condividevano con lui una stanza in un centro Jobel di Imperia. «Insieme a loro c’era una terza persona, che non conoscevo e non so chi sia».

Fortune Nworji è stato fermato da un amico della vittima mentre, poco dopo i fatti, si trovava sull’autobus con il quale voleva rientrare a Imperia. «Volevo tornare al centro Jobel e raccontare a Claudia, il mio capo, cosa fosse successo – ha raccontato in aula – Ma sopra l’autobus ho trovato gli amici della vittima che hanno iniziato a litigare con me, è arrivata anche la polizia. Ci hanno identificato e poi ci hanno lasciato andare».

Una volta tornato a Imperia, il giovane avrebbe raccontato tutto a Claudia Regina (responsabile Jobel). Un elemento, questo, mai emerso prima. Sul punto la Corte d’Assise ha ritenuto di volerci vedere chiaro, e ha chiesto la convocazione di Regina per la prossima udienza, fissata il 10 gennaio 2025. Quel giorno, su espressa richiesta della Corte, dovranno essere riascoltati tre testi già sentiti in precedenza e dovrà essere presente anche l’imputato. Nel corso del dibattimento, infatti, le testimonianze avevano dato informazioni ben diverse rispetto a quanto dichiarato stamane da Nworji, che non concorda neppure sul punto esatto in cui Omoregie si è lanciato in acqua per sfuggire ai suoi aguzzini.

Anche sul possibile movente dell’aggressione, come già nell’udienza precedente, è emersa la tesi della possibile rivalità tra le due diverse fazioni, opposte e rivali, della “mafia nigeriana” a cui sarebbero appartenuti sia la vittima che uno degli aggressori. Ma entrambi gli ex coinquilini dell’imputato risultano irreperibili dal 29 maggio del 2019: «Alla Jobel non sono mai più tornati – ha detto sempre l’imputato – Io non li ho mai più visti né sentiti tramite social».