Cold case svedese, la versione di Aldobrandi: «Non ho ucciso Sargonia»
Secondo l’imputato ci sono persone che l’hanno vista viva nei giorni successivi alla data della presunta scomparsa
Imperia. «Non ho ucciso Sargonia Dankha, non ho idea se sia sparita o se le sia successo qualcosa». A parlare è Salvatore Aldobrandi, finito a processo davanti alla Corte d’Assise di Imperia per omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e soppressione di cadavere in quanto accusato di aver ucciso, nel novembre del 1995, la sua ex fidanzata Sargonia Dankha, 21 anni.
Aldobrandi non ha voluto sottoporsi a esame, come invece la pubblica accusa avrebbe voluto, ma ha rilasciato spontanee dichiarazioni, leggendo una memoria scritta di proprio pugno. «Ho conosciuto Sargonia grazie ad alcuni amici che frequentavano il Maxime e c’è stata una reciproca attrazione, anche fisica. La frequentazione è durata circa un anno o poco più. Sia io che lei avevamo anche altre relazioni», ha raccontato l’imputato.
Sempre sul suo rapporto con Sargonia, ha detto: «Lei veniva quasi tutte le sere al Maxime. Mi ha scritto anche alcune lettere d’amore. Le ho fatto alcuni regali, perché mi faceva piacere».
La relazione tra lui e la giovane, dice Aldobrandi, non era ben vista dai genitori della ragazza, anche per la grande differenza di età, visto che all’epoca il pizzaiolo italiano aveva più del doppio degli anni di Sargonia: «Ai genitori di Sargonia non è mai piaciuta la nostra relazione, e per questo litigava con i suoi genitori, che volevano che si sposasse con un ragazzo greco – ha detto l’imputato -. Sapevo che doveva andare in Grecia a sposarsi e quando era lì mi ha chiamato per chiedermi dei soldi che le ho fatto avere. Quando è tornata dalla Grecia mi ha raccontato di questo ragazzo che non voleva sposare».
«Nell’estate del 1995 Sargonia ha abortito e anche questo non voleva farlo sapere ai suoi genitori – aggiunge – Cercava un appartamento per vivere da sola e l’ho aiutata con la cauzione. L’ho aiutata a pitturare le pareti ed è l’ultima volta che ho visto Sargonia, infatti sabato 11 novembre 1995 ho solo sentito la sua voce, ma non l’ho vista».
Secondo Aldobrandi, il padre di Sargonia (ora deceduto), avrebbe minacciato sia la figlia che lui di morte.
L’imputato ha terminato la sua testimonianza chiedendo di ascoltare alcune persone che, in Svezia, avevano dichiarato di aver visto Sargonia Dankha nei gironi successivi a quelli della sua presunta scomparsa. «L’hanno vista salire su una macchina bianca insieme a un ragazzo straniero». E ancora: «Un ragazzo ha visto Sargonia il 15 novembre verso le 21,20 su un marciapiede». «Una sesta persona ha visto Sargonia il 17 novembre con una donna straniera in strada; un’altra il 21 in una stazione di benzina».
«Chiedo che vengano sentiti questi testimoni perché la Corte possa capire la mia innocenza», ha detto Aldobrandi, giurando di non aver mai picchiato una donna. «Ricordo alla corte che la mia ex moglie (sentita come testimone, ndr) non l’ho mai picchiata tantomeno quando era incinta. Anzi le davo tanti bacini sulla pancia. Lei è arrabbiata perché l’ho tradita. Non sono mai stato una persona gelosa tantomeno con Sargonia. Sto male senza vedere i miei figli».
Nel corso dell’udienza di oggi, è stata ascoltata, come testimone della difesa, l’attuale moglie di Salvatore Aldobrandi. «Lui è sempre stato un papà perfetto – ha detto la donna – Ho sempre desiderato che i miei figli avessero il carattere del papà: un uomo che ha sempre lavorato e ha sempre avuto rispetto della famiglia». E ha aggiunto: «La famiglia del “Mulino bianco” non esiste. Discutiamo per delle sciocchezze, ma alla fine abbiamo sempre fatto la pace. Non mi ha mai picchiato, né minacciato».
Della scomparsa e presunta morte di Sargonia Dankha, la donna ha detto di non saperne nulla: «Di questa storia ho saputo tutto dal giornale, non ne sapevo nulla. Quando ho letto il giornale mi sono spaventata, ma conoscendo mio marito so che me ne avrebbe parlato se davvero c’entrasse qualcosa con questa storia».