Cold case svedese, i periti: «Salvatore Aldobrandi può stare in carcere»
Aldobrandi è affetto da una aritmia che, hanno sottolineato i periti, «non ha alcun rapporto con lo stress, ma semplicemente con la malattia anatomica». L’imputato sbotta in aula
Imperia. «Le condizioni di salute di Salvatore Aldobrandi non sono incompatibili con il regime carcerario». Lo ha sottoscritto, stamane, il collegio peritale formato dal medico legale Claude Orengo Maglione, dal neurologo Alessandro Leonardi e dal cardiologo Claudio Rapetto.
I tre professionisti sono stati incaricati dalla Corte d’Assise di Imperia, che aveva accolto l’istanza della difesa, di verificare la compatibilità con la vita in carcere di Salvatore Aldobrandi, 75 anni, detenuto nella sezione di alta sicurezza del penitenziario di Sanremo dal 17 giugno del 2023, quando venne arrestato (misura cautelare) con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e soppressione di cadavere per la scomparsa, nel novembre del 1995, della 21enne Sargonia Dankha, sua ex fidanzata.
Aldobrandi è affetto da una aritmia atriale che, hanno sottolineato i periti, «non ha alcun rapporto con lo stress, ma semplicemente con la malattia anatomica».
La perizia ha fatto sbottare Aldobrandi, che in una pausa dell’udienza ha dichiarato: «Questo è un processo di m…a, voglio i miei diritti, tirate fuori i miei testimoni, sono diciassette mesi che sono in carcere», e rivolto ai pm, ancora in aula, «vi auguro di avere la mia stessa malattia». Quando uno dei pubblici ministeri ha risposto: «Non si preoccupi, ho avuto anche di peggio», Aldobrandi ha rincarato la dose: «Anche suo marito», riferendosi alla recente perdita subita dal magistrato. Salvo poi chiedere scusa.