Gianni Tozzi Rambaldi compie 100 anni, la storia del musicista di Sanremo che ha suonato con Carosone
«La collaborazione con Renato è durata circa tre anni, e sono stati tre anni meravigliosi»
Sanremo. La storia di un luogo non è fatta solamente dagli avvenimenti che vi accadono, ma anche dalle persone che con la loro vita e le loro azioni hanno lasciato il segno. Ed è importante ricordarle, queste persone, specialmente in un giorno così importante come quello del compleanno. Oggi, infatti, compie 100 anni Giovanni Tozzi Rambaldi (detto Gianni), cittadino di Sanremo – più precisamente della zona di Poggio – che nel corso della sua carriera da musicista ha fatto parte anche del celebre sestetto Carosone.
Signor Giovanni, a che età ha iniziato a suonare il sassofono? Come si è avvicinato alla musica? «Ho iniziato a suonare a 14 anni con la banda di Poggio. I membri più anziani man mano morivano, e c’era sempre più bisogno di persone nuove. Così, io e altri ragazzi del paese siamo stati convocati, e ci hanno insegnato le nozioni basilari della musica. Io avrei voluto imparare a suonare il tamburo, mi piaceva, invece mi è toccato il clarinetto. Con il tempo si sono accorti che uno solo eccelleva in tutto il gruppo, ed ero io. Dopodiché ho iniziato a studiare a Sanremo con il maestro Bertazzoni per poi prendere il diploma al conservatorio. Questo, però, non è mai successo, perché il mio maestro è venuto a mancare. Ma io ho continuato a studiare per conto mio, sia il clarinetto, sia il sassofono e l’ocarina. Mi sono fatto da solo, insomma. Tuttavia, da allora ho iniziato a suonare prima con l’orchestrina di Poggio, poi ad Arma di Taggia, e poi a Genova. Da allora mi sono introdotto nelle orchestre di palcoscenico, e ho iniziato a girare per l’Italia.»
Come è nata la collaborazione con Renato Carosone? «C’è stato un periodo in cui suonavo a Milano, e una sera sono andato a sentire Carosone che suonava in un noto locale della città. Avevo 32 anni. A un certo punto, mentre ballavo, sul pianoforte di Carosone ho visto un’ocarina: l’ho presa, e ho iniziato a suonare un verso di una mazurca. Quella è stata la prima volta che Renato mi ha notato, ma in quell’occasione non è successo niente. Tempo dopo, aveva iniziato a girare voce che Carosone avesse sciolto l’orchestra. Io gli ho scritto, e dopo circa un mese lui mi ha risposto facendomi recapitare una lettera in un locale di Milano in cui suonavo. Una sera è venuto a sentirmi suonare, dopodiché mi ha convocato, ed è successa la cosa più bella che potesse accadermi: abbiamo iniziato a lavorare insieme. Lui mi dava del tu, ma io gli ho sempre dato del lei. Andavamo d’accordo, eravamo una famiglia, e lui era un titolare molto serio. La collaborazione con Renato è durata circa tre anni, e sono stati tre anni meravigliosi. La musica che suonavamo con Carosone non era difficile, ma era necessario avere molta scioltezza sul palco, e l’abilità di saper suonare a memoria. Dopo questa esperienza, io ho sempre continuato a suonare»
Grazie alla sua carriera lei ha ricevuto il “Premio Laurano”, che cosa ricorda di quel momento? «Il premio a un cittadino di Sanremo che abbia esportato la “ligusticità” oltreconfine, sì. Mi ha fatto piacere riceverlo, e mi sono stupito. Non me l’aspettavo. Era il 2014. Sono stato invitato al Casinò per la premiazione, e ho suonato l’ocarina. Tutte le persone presenti volevano stringermi la mano, è stato bellissimo. Nonostante questo, però, non mi sono mai montato la testa, sono rimasto lo stesso di sempre.»
A distanza di tanti anni, come si sente quando ripensa a tutto quello che ha fatto? «Il mio non era un lavoro sicuro, e fino a che non ho iniziato la collaborazione con Carosone, ero molto incerto. Se si suonava, si guadagnava, se non si suonava, non si portava a casa niente. Grazie a Renato ho acquisito sicurezza, e ho avuto la possibilità di girare il mondo. Dopo di lui, non ero io che cercavo lavoro, era il lavoro che cercava me. La musica è bellissima, e suonare mi è sempre piaciuto. Sono molto felice di tutto quello che ho fatto. Se potessi tornare indietro, rifarei tutto allo stesso modo.»
A oggi, Giovanni Tozzi Rambaldi risiede in una Rsa genovese, e ha conservato lo stesso carattere dinamico, ironico e determinato che lo ha accompagnato nel corso della sua carriera e della sua vita. In occasione del suo centesimo compleanno, il musicista trascorrerà la giornata circondato dall’affetto di sua figlia Manuela e di tutti i suoi cari, per festeggiare il raggiungimento di un nuovo grande traguardo.