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Commozione ai funerali di Delia Bonuomo, “Mamma Africa” della città di confine

26 ottobre 2024 | 16:19
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Commozione ai funerali di Delia Bonuomo, “Mamma Africa” della città di confine

A celebrare la messa anche Don Rito Alvarez, protagonista dell’accoglienza migranti nella chiesa delle Gianchette di Roverino

Ventimiglia. Si sono svolti nel primo pomeriggio nella chiesa di Sant’Antonio a Roverino, i funerali di Delia Bonuomo, conosciuta da molti come “Mamma Africa” per il suo impegno verso i migranti di passaggio a Ventimiglia. La comunità e tanti attivisti No border si sono stretti attorno a lei per l’ultimo saluto. La funzione è stata celebrata dal parroco di Sant’Antonio insieme a Don Rito Alvarez, divenuto anch’egli simbolo di accoglienza nel periodo più critico dell’emergenza migranti, quando aprì la sua chiesa delle Gianchette ai rifugiati in cerca di riparo.

Lungo le navate della chiesa, cartelloni colorati e pieni di messaggi affettuosi arrivati anche da Livorno, dove Delia aveva raccontato la sua storia agli studenti di una scuola media, esprimendo il valore dell’aiuto e della comprensione. Su quei fogli, gli alunni delle “Medi” hanno disegnato e scritto frasi per onorare il ricordo di una donna che ha saputo offrire conforto e ascolto a migliaia di stranieri in viaggio, nel suo bar Hobbit di via Hanbury.

“Maria, madre dei migranti, ci doni la grazia di vivere la fede con perseveranza, come medicina ai nostri mali. Non siamo nati per odiare o per essere permalosi. Siamo chiamati ad amare e a perdonare, così come ha fatto Delia, che per tanti è stata una zia, una sorella, una madre”, ha detto il parroco nella sua omelia. Delia Bonuomo, scomparsa mercoledì a 61 anni dopo una malattia, lascia dietro di sé il ricordo di una vita in movimento, prima da giovane emigrata in Australia e poi dedicata a chi ha cercato la speranza, spesso invano, tentando di valicare il muro invisibile sorretto dalla Francia al confine di Ventimiglia.

Ma il ricordo più bello di Delia lo ha tracciato don Rito, il parroco divenuto famoso per aver aperto la chiesa delle Gianchette ai migranti: «Non è facile parlare oggi, al funerale di una grande persona come Delia – ha detto commosso -. Noi che l’abbiamo conosciuta sappiamo quale segno ha lasciato scritto nel cuore di ciascuno di noi, ma soprattutto quale forza e quale perseveranza ha messo nell’aiutare gli altri e tutto ciò che ha potuto fare per lasciare come un segno».

E ancora: «Quando noi pensiamo a Delia, certamente dobbiamo pensare a quello che lei ha fatto: una persona che per gli altri, per i più fragili, ci ha rimesso la sua attività, ha rimesso quello che aveva nelle sue mani e possiamo dire la sua salute e la sua vita. Perché con tutto il cuore ha voluto lasciare un segno». Don Rito ha raccontato che da quando è parroco della chiesa di San Rocco, a Vallecrosia, «sono arrivate persone da tutta Europa che volevano conoscere Delia, quella donna che aveva aperto le porte, si era fatta nemici e aveva fatto di tutto per aiutare i migranti. Noi oggi vogliamo essere grati al Signore per il dono meraviglioso di questa persona, grati a Delia per quello che ha fatto. E per come ha saputo anche vivere questi ultimi tempi di sofferenza consapevole di aver fatto il giusto e di aver cercato la verità».

«Ricordo il momento in cui ho capito la grandezza di Delia: una volta ero a Ventimiglia, sono arrivata persone che conoscevo, dovevamo andare a prendere un caffè e ho detto: “Andiamo al bar di Delia”. Mi hanno detto di “no”, perché a loro non piaceva tutto quello che Delia stava facendo – ha concluso il sacerdote, commosso -. In quel momento ho capito la grandezza di Delia, perché lì, dove sei diventata impopolare tu rimani a fare il bene degli ultimi senza aspettare nulla in cambio».