Cold case svedese, la difesa chiede una perizia per l’imputato: «Aldobrandi non può stare in carcere»

9 ottobre 2024 | 13:12
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Cold case svedese, la difesa chiede una perizia per l’imputato: «Aldobrandi non può stare in carcere»
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Cold case svedese, la difesa chiede una perizia per l’imputato: «Aldobrandi non può stare in carcere»
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Cold case svedese, la difesa chiede una perizia per l’imputato: «Aldobrandi non può stare in carcere»
Cold case svedese, la difesa chiede una perizia per l’imputato: «Aldobrandi non può stare in carcere»

Sarà effettuata da un collegio di professionisti indicati dal tribunale

Imperia. La corte d’Assise di Imperia, presieduta dal giudice Carlo Alberto Indellicati, ha disposto una perizia, che sarà effettuata da un collegio di professionisti (composto da un medico legale, un cardiologo e un neurologo) per determinare se le condizioni fisiche di Salvatore Aldobrandi, 75 anni, siano compatibili o meno con il carcere, dove si trova dal 17 giugno del 2023 quando è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e soppressione di cadavere perché ritenuto responsabile di aver ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia.

A chiedere la perizia è stato il difensore di Aldobrandi, l’avvocato Fabrizio Cravero, che ha già in mano una relazione di 150 pagine, redatta dal medico legale Andrea Leoncini, nella quale emergerebbe l’incompatibilità dell’imputato al regime carcerario. Aldobrandi, infatti, pochi mesi prima di essere arrestato, su ordinanza del gip di Imperia, ha subito un intervento di sostituzione della valvola mitralica e la sistemazione delle coronarie. Lo stress dovuto alla vita in carcere, secondo il perito di parte, potrebbe portare ad un aggravamento della sua condizione. Per l’imputato, a seconda di quanto verrà determinato nella nuova perizia, potrebbero venire disposti gli arresti domiciliari, da trascorrere a casa dell’attuale moglie o del fratello: entrambi si sono resi disponibili ad accoglierlo.

Alla richiesta di effettuare una perizia si sono opposte sia la procura, rappresentata dai pm Paola Marrali e Matteo Gobbi. «L’incompatibilità è motivata – ha detto la Marrali – Dal fatto che il detenuto vive il carcere in modo negativo e questo può comportare un aggravamento della sua condizione. Questo ragionamento, però, vale per tutti i detenuti che hanno una certa età e una minima patologia. Le terapie si possono fare tranquillamente in carcere, dove è lo Stato a provvedere alle necessità del detenuto. Ci rendiamo conto che, da un punto di vista umano, la richiesta è comprensibile, ma non lo è da un punto di vista giuridico».

Nel corso dell’udienza, sono stati ascoltati alcuni testi della parte civile, tra cui Conny Petterson, all’epoca dei fatti tecnico criminale della polizia di Linköping
, che ha effettuato insieme ad alcuni colleghi una perquisizione dell’abitazione di Aldobrandi: «Abbiamo trovato un contratto relativo alla proprietà del ristorante Maxim su un armadietto della cucina e tracce di sangue sulla parete della camera, vicino al letto», ha detto. Le indagini sono proseguite anche successivamente al 1995, anno della scomparsa di Sargonia Dankha: «Abbiamo cercato nei laghi e nei boschi con i cani molecolari, e scavato dove ci veniva segnalata la presunta presenza di resti umani, senza mai trovare nulla. C’è stato un periodo in cui sono arrivate tantissime segnalazioni dalle persone, perché il caso era molto seguito. Abbiamo cercato anche in un posto fuori Linköping dove Aldobrandi andava a prendere funghi».

Ascoltato anche Stefan Larsson, collega di Petterson, che faceva parte del pull degli investigatori svedesi che hanno lavorato sul caso Sargonia.