L’appello della compagnia Maresca: «Il porto di Imperia ritorni ad essere di interesse regionale»

4 settembre 2024 | 12:37
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«Chi prenderà in mano questa regione sappia che qui c’è una forza, anche se ridotta, che ha una dignità»

Imperia. Per sopravvivere come porto commerciale il«nostro intento è di fare in modo che lo scalo di Imperia ritorni ad essere di interesse regionale» questo l’appello di Giovanni Zecchini console della compagnia portuale “Lodovico Maresca”: un caso unico, con quattro soci e 90 anni di storia è la più piccola d’Italia.

Ieri sera l’iniziativa “Una serata in compagnia”  sulla terrazza Maresca, dove ha sede la società: all’interno foto dei decenni passati dove il porto commerciale nel pieno della sua attività. Scatti in bianco e nero che immortalano barili dell’Agip di fine anni’80 che vengono sbarcati ma anche le macchine della Fiat ed ancora sacchi di grano, le navi di Orsero degli anni ’70e le storiche gru ancora in azione. E proprio sotto questi due simboli di Oneglia che ancora svettano all’inizio di Calata Cuneo che a fine mesi si svolgerà un’Assemblea cittadina. Obiettivo salvare lo scalo che attualmente registra un traffico di cemento di 40 mila tonnellate all’anno in arrivo da Nizza che dopo essere stoccato riparte con i camion verso il Basso Piemonte.

«Il nostro progetto – spiega Giovanni Zecchini console della società Maresca- è quello di creare un momento di discussione per costruire un’idea diversa di portualità che vada in direzione ostinata e contraria a quella di adesso dove stiamo assistendo allo spegnimento del porto commerciale a cui secondo noi corrisponde lo spegnimento della città. Una città come Imperia con una compagnia portuale che ha più di 90 anni non può ripensarsi senza un discorso che abbracci la portualità. La serata di eri è stata un punto di partenza per fare dei ragionamenti. Verso la fine del mese convocheremo un’assemblea cittadina sotto le gru aperta a tutti. Il timone deve indirizzarsi verso una gestione del porto di Imperia che sia regionale che non sia più di questa amministrazione comunale che non è interessata al porto commerciale.  Chi prenderà in mano questa regione sappia che qui c’è una forza, anche se ridotta, che ha una dignità che spingerà con tutte le proprie forze affinché questo porto rientri sotto un’autorità portuale che comprenda Genova, Savona e anche Imperia».

«Nei fatti- prosegue Zecchini- siamo la compagnia portuale più piccola d’Italia con quattro soci e rivendichiamo il fatto che una città che ha basato la sua economia sul porto debba continuare ad utilizzare il porto: anche se i nostri spazi si stanno restringendo sempre di più. A seguito di alcuni incontri che abbiamo fatto a livello nazionale abbiamo scoperto che il gigantismo navale, ossia di costruire navi sempre più grandi con porti che abbiano delle strutture sempre più grosse non servono più, stiamo andando verso la piccola distribuzione, magari con navi grandi che arrivano in un punto e poi navi navi di piccolo tonnellaggio che distribuiscono le merci in giro per il mondo: quindi un porto piccolo può funzionare se c’è la volontà. Adesso al 90-99% sbarchiamo del cemento che arriva da un cementificio di Nizza. Anche se è stato declassato a fine degli anni’90 da porto regionale a porto comunale di fatto questo è un porto internazionale perché la merce arriva dalla Francia. Il nostro intento è fare in modo che Imperia ritorni ad essere un porto di interesse regionale».

«L’ultimo scarico di grano è avvenuto per l’Agnesi nel 2013- racconta Lello Gugliemi– da allora c’è stato un crollo delle giornate lavorative abbiamo continuato ancora per 5-6 anni ad aggiudicarci un appalto con il Comune che faceva per la gestione di Calata Cuneo che si è protratto fino al 2018. Per noi era salute riuscivamo a fare una decine di giornate al mese un lavoro. Il traffico residuale è il cemento che ci da da sopravvivere. Siamo in sofferenza e il fatto di riuscire a piazzare il porto di Imperia ci metterebbe sotto l’ombrello protettivo economico anche dell’Autorità di sistema e potrebbe portare occasioni di lavoro a noi ma anche nei porti vicino a noi come accadeva negli anni’90 con Savona ma anche finanziamenti per rinnovare il parco mezzi».

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