Immigrazione, il commento di Attac Imperia e Non una di meno alle parole del vescovo Suetta
«Ciò che potrebbe aiutare è un approccio alle scelte diverso, aperto, inclusivo»
Imperia. A qualche giorno dalla riflessione pubblica di Monsignor Suetta, Attac Imperia e Non una di meno Ponente Ligure inviano una presa di parola:
«La storia dell’umanità è sempre stata una storia di spostamenti nello spazio di individui, di famiglie, di gruppi, di intere popolazioni. Che l’impulso siano stati la necessità di sopravvivenza, la persecuzione politica e religiosa, la fuga dalla guerra, lo spirito di avventura, sempre si tratta della ricerca e della speranza di vite migliori. È per questa ragione, per questa spinta all’esistenza, che la storia degli spostamenti e delle migrazioni rappresenta l’aspetto più importante nella storia dell’umanità.
Intendiamo partire da qui, desiderando interloquire con la recente omelia di Monsignor Suetta, ripresa da più organi d’informazione e dal sostegno del Senatore Berrino. In questo ininterrotto magma di umanità in movimento, di donne e uomini, di merci, dalle migrazioni determinate dalle guerre religiose a quelle dalla rivoluzione industriale, ci sono ovviamente quelle che interessarono l’Europa e le migrazioni attuali.
Ebbene, non è possibile alcun confronto fra le migrazioni del passato -e il declino di quella società- e quelle che oggi sono tanta parte della nostra quotidianità e della discussione politica e culturale. Le migrazioni attuali si svolgono in un mondo che in molte sue aree è etnicamente stabilizzato, strutturato politicamente e militarmente, e rappresentano comunque un fatto individuale, sebbene numeroso, ancora minoritario.
In un contesto dove risulta evidente che il tentativo di edificare una sorta di “fortezza Europa” dai confini invalicabili, sia solo idonea a generare grandi sperperi di denaro pubblico e una notevole mole di sofferenze personali. E’ evidente che tutto ciò stride con l’immagine che invece è stata rappresentata da una “pervasiva criminalizzazione del dissenso” se si pensa invece alle misure crudeli e inefficaci, come denuncia Amnesty International, che alcuni Governi come quello italiano stanno adottando esternalizzando il controllo delle frontiere permettendo detenzioni e torture o per punire chi cerca di aiutare, come se solidarietà e sostegno non siano più valori che definiscano gli esseri umani.
Così come l’attacco inferto ai temi delle donne, ai diritti di genere, ai diritti fondamentali, finanche alla crisi climatica, come fossero dogmi di un pensiero dominante a cui non sia possibile opporsi o fossero espressione di una narrazione non rispondente alla realtà. In questo caso le rotte per la vita, sono quelle tracciate ancora a fatica dai corpi e dalle parole di donne inascoltate, generi incompresi, nella cultura di una società che finge d’aver colto la violenza maschile che continua ad impazzare, anche contro una natura allo stremo. Ce lo deve ricordare Julio Velasco, che all’indomani di una straordinaria vittoria olimpica, con un gruppo femminile definito da più parti diversamente italiano, ha ricordato come la nostra società sia più lenta a recepire i cambiamenti che avvengono.
Non v’è dubbio che si tratti di sfide complesse che implicano, sia nel caso dell’accoglienza che nel caso di una larga estensione dei diritti civili, condizionamenti anche rispettabili, ciò che non aiuta è un uso politico dei paradigmi storici. Ciò che potrebbe aiutare è un approccio alle scelte diverso, aperto, inclusivo. Ma come scrisse un antico saggio, ci sono cose che non osiamo fare perché ci sembrano difficili, ma in verità ci sembrano difficili perché non osiamo farle».