Separazione delle carriere e legge Nordio, cosa cambia? Lo spiega l’avvocato Marco Bosio

31 agosto 2024 | 07:00
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Il punto di vista della Camera penale di Imperia e Sanremo illustrato dal suo presidente

Sanremo. Con l’entrata in vigore, il 25 agosto scorso, della cosiddetta “Legge Nordio“, nel campo della giustizia molte cose sono cambiate. Dall’abrogazione del reato d’abuso d’ufficio alla stretta sulle intercettazioni. Ma non solo. Per spiegare la riforma della giustizia in Italia abbiamo ospitato nello studio di Riviera24.it l’avvocato penalista Marco Bosio, presidente della Camera Penale di Imperia-Sanremo, che ha sviscerato in ogni suo aspetto le nuove disposizioni, sottolineandone in modo schietto punti di forza e criticità.

Separazione delle carriere. «La riforma Nordio si sviluppa in tre direttrici fondamentali – ha esordito Bosio -. Abbiamo da una parte, a livello ordinamentale, il disegno di legge sulla separazione delle carriere, che è un disegno di legge costituzionale che dovrà poi essere approvato con un iter legislativo complesso e con delle maggioranze qualificate, che noi come Camere Penali abbiamo salutato con grande attenzione perché è sempre stato il nostro cavallo di battaglia quello della separazione delle carriere». In pratica, vengono divise le carriere del magistrato chiamato a giudicare un reato, il giudice, e del magistrato requirente, il pubblico ministero, che quel reato lo deve provare attraverso le indagini.

«E’ già un primo passo – dichiara l’avvocato – Non si è arrivati a una riforma completa della separazione delle carriere e dei concorsi, ma è già stata prevista la formazione di due Consigli Superiori della Magistratura, uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente». Inoltre, è stato stabilito «il sorteggio per quanto riguarda i membri del Csm e l’istituzione di un nuovo organo, l’Alta Corte disciplinare, che dovrà giudicare i procedimenti disciplinari relativi agli illeciti disciplinari dei magistrati. E’ un primo passo verso il completamento di quella che è stata, negli anni Novanta del secolo scorso, la riforma sulla terzietà del giudice e sulla formazione del pieno contraddittorio che è appunto consacrata nell’articolo 111 della Costituzione. Noi abbiamo sempre detto che un vero giudice terzo si completa nella sua funzione e nel suo ruolo se entrambe le parti, quindi l’avvocato e il pubblico ministero, sono su piani diversi».

“Legge Nordio”. «Il grosso della riforma riguarda la cosiddetta Legge Nordio, la 114 del 9 agosto 2024, entrata in vigore il 25 di agosto – spiega Marco Bosio -. Su questa noi abbiamo espresso giudizio in parte favorevole e in parte non favorevole. La legge ha introdotto delle modifiche sia al codice penale sia al codice di procedura penale. Sinteticamente, abbiamo dal punto di vista del codice penale, l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Da tempo si parlava di questa abrogazione: con questa legge è stato quindi abrogato il reato, ed è stato riformulato il traffico di influenze e qui soprattutto si è cercato di concretizzare e di tipizzare la norma: prima si faceva riferimento al fatto che si potessero vantare delle relazioni con il pubblico ufficiale, mentre adesso la norma dice devono essere proprio utilizzate le relazioni con il pubblico ufficiale, quindi qualcosa di concreto, e deve sussistere anche una utilità economica».

L’abrogazione dell’abuso d’ufficio non convince sicuramente gli inquirenti, in quanto è venuto meno uno strumento, una sorta di “reato spia”, che consentiva loro di far partire un’indagine nei confronti di un pubblico amministratore o di un politico. «Si svilupperanno sicuramente delle eccezioni di costituzionalità – avverte il presidente della Camera Penale imperiese – Sono già state preannunciate in alcuni processi, in particolare nei processi che riguardano concorso negli atenei universitari, dove era stato contestato l’abuso d’ufficio, per esempio a Firenze. Qui la Procura anticipa già che solleverà questioni di costituzionalità perché ci sono delle problematiche sottese». «Devo dire però – aggiunge – Che l’abuso d’ufficio non ha portato a condanne in numero elevato: sono sempre state molto poche e ci sono state, per la maggior parte, assoluzioni o addirittura archiviazioni. E poi era un reato che impantanava la pubblica amministrazione. Soprattutto i sindaci erano un po’ titubanti, si era sviluppata una sorta di “amministrazione difensiva”».

Sempre in merito all’abuso d’ufficio, ma con il decreto carceri, è stato introdotto il reato di indebita destinazione di denaro «perché il legislatore si è reso conto che eliminando l’abuso d’ufficio, residuava questa figura di peculato particolare».

Stretta sulle intercettazioni. «E’ un discorso interessante – chiosa l’avvocato Bosio -. Siamo molto soddisfatti che sia stata inserita nella legge una nostra richiesta specifica, che era quella che riguarda il rapporto di comunicazione tra il difensore e il proprio assistito, sia esso indagato o imputato. E’ stato introdotto il divieto di acquisire le comunicazioni tra il difensore e il proprio assistito. E, soprattutto, è prevista l’interruzione dell’intercettazione nel momento in cui si intercetta una conversazione tra avvocato e soggetto indagato o imputato». Ma nella norma c’è però una riserva e questo rende di fatto molto difficile che l’interruzione dell’intercettazione avvenga realmente. «Tecnicamente non è semplice capire come interrompere – spiega – Perché se effitivamente ci possono essere delle ipotesi legate al reato o la conversazione stessa può risultare corpo di reato a quel punto allora non vale più il discorso di prima. Quindi non ci resta che vedere poi, all’atto pratico, cosa accadrà».

«Altra questione interessante, sempre in materia di intercettazione, è il coinvolgimento di terzi soggetti – aggiunge il legale -. Qui c’è anche un divieto di pubblicazione delle intercettazioni se non sono riprodotte dal giudice in un provvedimento (ad esempio di custodia cautelare, ndr) o in sede di dibattimento, quindi già nel corso del processo. C’è poi altro limite: si impedisce anche di indicare persone estranee, salvo se la conversazione non sia rilevante». In sostanza, per capire la portata di queste modifiche, oltre al fatto certo che i giornali non potranno più ripotare stralci di intercettazioni se queste non saranno contenute nel provvedimento di un giudice o svelate durante il processo, bisognerà attendere che vengano messe in pratica sul campo. Per la stampa, c’è anche un altro limite: non potrà più richiedere autonomamente le intercettazioni, nemmeno motivandone la richiesta, come invece avveniva in passato. In sostanza, se la Legge Nordio fosse entrata in vigore prima dell’arresto dell’ex presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, molte delle notizie uscite sui giornali non sarebbero mai arrivate ai cittadini. Un bene o un male? Di certo non il modo migliore per garantire il diritto di informazione.

Carcerazione preventiva. «Purtroppo, ancora oggi, quella che dovrebbe essere la custodia cautelare, e quindi un istituto che vive di una vita autonoma e che come ormai è risaputo presuppone l’esistenza, oltre alla gravità indiziaria, di tre condizioni (pericolo di reiterazione del reato, pericolo di fuga e pericolo di inquinamento probatorio), spesso è invece una anticipazione della pena – dichiara l’avvocato Marco Bosio – . Qui è stata introdotta una norma che definirei curiosa: l’interrogatorio di garanzia anticipato. In pratica, se sussiste naturalmente un’ipotesi di gravità indiziaria, ma sotto il profilo delle esigenze cautelari, sussiste l’esigenza cautelare di cui al 274 lettera c (e per i reati che prevedono la citazione diretta) e quindi il pericolo di reiterazione del reato, a questo punto si invita il soggetto a chiarire la sua posizione. Quindi, quello che era l’interrogatorio di garanzia che veniva espletato successivamente all’emissione di custodia cautelare, quando ormai il soggetto era in vinculis in quanto era stato comunque arrestato, lo si farebbe prima». Una modalità che, prima della Legge Nordio, veniva utilizzata solo a seguito dell’applicazione «di una misura interdittiva della sospensione dell’esercizio di pubblico ufficio – spiega il legale – Allora c’era richiesta anticipata di sentire l’indagato, ma non era una situazione custoditale, era una sospensione dell’attività».

Quindi, ora, cosa accade? «Vengono depositati gli atti e viene depositata anche la richiesta di custodia cautelare del pubblico ministero e qui si pongono tutta una serie di problematiche, di criticità. Nel momento in cui il soggetto risponde, chiarisce, ma il giudice non si convince dei suoi argomenti, ed è invece convinto della posizione del pm, viene emessa la richiesta e c’è questo momento in cui si trova davanti una persona che dovrà di lì a poco arrestare. D’altra parte gli aspetti positivi possono essere che il soggetto chiarisce la sua posizione e finisce tutto lì», spiega.

«Altri elementi da considerare della riforma, sono che l’invito a presentarsi deve già contenere la descrizione sommaria del fatto – aggiunge l’avvocato Bosio – E’ stata riformata anche l’informazione di garanzia che dovrà contenere la descrizione sommaria del fatto. E anche qua c’è un divieto di pubblicazione dell’informazione di garanzia. Ma ci potrebbero essere degli aspetti negativi per lo stesso indagato, perché mentre prima l’informazione di garanzia era asettica e si individuava solo il reato, adesso descrivendo il fatto, se la notizia trapela e viene diffusa, si potrà conoscere nel dettaglio qual è l’imputazione anche nella fase genetica». In sostanza, una norma nata con l’intenzione di essere più garantista per l’indagato, può rivelarsi controproducente.

Impugnazione. «Altro elemento interessante è quello del mandato ad impugnare – spiega il presidente della Camera penale -. Noi qui abbiamo fatto una battaglia molto forte sull’articolo 581 perché era necessario che venisse appunto fornito un nuovo mandato ad impugnare e una nuova domiciliazione dopo la sentenza di primo grado, in quanto creava dei problemi proprio di limitazione del diritto di difesa. Qui la riforma è intervenuta e ha mantenuto la necessità di un nuovo mandato e di una nuova domiciliazione solo per le difese d’ufficio e e non per quelle fiduciarie. Questo per noi è insufficiente. Perché a maggior ragione l’indagato che ha un difensore d’ufficio ha necessità di essere garantito, in questo modo invece non lo è. Anche perché noi, con un imputato d’ufficio spesso perdiamo i contatti. Questo è un modo per deflazionare le impugnazioni. Il ministro, secondo me, non ha avuto il coraggio di intervenire pesantemente su questa norma e si è fatto un po’ prendere la mano da chi, all’interno di alcuni settori anche della magistratura, abbia voluto appunto questa norma per deflazionare il carico dei procedimenti di impugnazione».

Niente Appello per le assoluzioni in primo grado. «Un altro elemento interessante – spiega il legale – E’ quello dell’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento. E qui il pubblico ministero, esclusivamente per i reati a citazione diretta, non può più impugnare le sentenze di proscioglimento».

Cosa cambia per i giudici? «Nel 2026 entrerà in vigore il fatto che la misura cautelare sarà di competenza di un collegio di giudici. Questo creerà problematiche in tribunali piccoli come il nostro: se dovranno esserci tre giudici per la misura, ci dovrà poi essere un gip (giudice per le indagini preliminari) e un gup (giudice per l’udienza preliminare), quindi comincia a essere un po’ problematico», dichiara Bosio. Anche perché questi giudici dovranno essere diversi, pena l’incompatibilità dei giudicanti. Si tratta, nell’intenzione del legislatore, du un’ulteriore garanzia per chi finisce sotto la lente della magistratura inquirente ma, conclude Bosio, «per noi delle Camere penali non è un argomento fondamentale: se c’è un’attenzione, una valutazione attenta del materiale probatorio, che questa venga fatta da un giudice o da tre è assolutamente insignificante».

La legge prevede inoltre un aumento degli organici della magistratura. Ma anche in questo caso, almeno al momento, il potenziamento avviene solo sulla carta.