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Parco eolico del Ponente, la posizione di Rifondazione Comunista Imperia

13 agosto 2024 | 09:44
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Parco eolico del Ponente, la posizione di Rifondazione Comunista Imperia

Le dichiarazioni di Alberto Gabrielli

Imperia. La posizione di Rifondazione Comunista Imperia sul parco eolico del Ponente:

“Ci risiamo. L’economia che decide delle nostre vite, dei nostri territori, e del Pianeta tutto, non smette di esprimere il suo bisogno di gigantismo violento che gli assicura accumulazione e profitti. Quello stesso sistema economico che ha portato il Pianeta oltre l’orlo del non ritorno climatico 1 , ha scoperto che buoni profitti si possono ottenere anche con interventi di scala nel campo delle rinnovabili.

Niente a che vedere con quanto è possibile lucrare con combustibili fossili e fissione nucleare, che hanno entrambi il grandissimo “vantaggio” di avere un ruolo geopolitico globale di estrema significatività nel promuovere guerre, genocidi e devastazioni. Petrolio e gas, ma soprattutto il gas ri-gassificato, possiedono inoltre la magia di aumentare di volume (e quindi il totale in fattura) con la temperatura: a titolo di esempio e come ordine di grandezza, 1 m 3 di gas metano aumenta di 3 litri per ogni grado di temperatura in più e quindi il metano scaricato da una nave metaniera che porta 266.000 m 3 di gas liquido (160 milioni di m 3 di gas una volta ri-gassificato) aumenta magicamente di circa 500.000 m 3 semplicemente se ri-gassificato e distribuito ad 1 grado in più di temperatura: a Porto Marghera, il giochino delle “navi al sole” prima di scaricare ha fornito per decenni extraprofitti incredibili … (e … puliti !).

La fissione nucleare ha poi l’ enorme “vantaggio” di garantire il materiale fissile per l’ escalation militar-nucleare in perenne rincorsa, mentre poco aiuta nei confronti del riscaldamento globale, visto che le sue emissioni globali di CO 2 per kWh prodotto sono – si – circa un terzo di quelle del ciclo del gas, ma, se vi si aggiungono quelle derivanti dallo smantellamento delle centrali nucleari e la custodia secolare delle scorie, sono del tutto confrontabili con il gas come si legge nel grafico seguente.

Niente a che vedere dunque, quanto a profitti ricavabili, fra fossili/nucleare da una parte, e rinnovabili dall’altra, ma pur sempre una buona opportunità, tanto più se mascherata da benefattrice dell’umanità. E’ il caso del parco eolico previsto nel ponente ligure: 32 pale da 6,2 MW ciascuna per un totale complessivo di 192 MW di potenza installata per una producibilità – stimata dall’azienda che ha prodotto il progetto -, di circa 300.000 kWh: più o meno un quarto della produzione teorica possibile se ci fosse sempre vento. Altezza delle torri superiore ai 200 m e relative piazzole di circa 4.000 mq ciascuna (una dozzina di ettari in tutto) più la sottostazione elettrica su due livelli a Guardiabella, il percorso di connessione (da Guardiabella ad Albenga) e la cabina elettrica di distribuzione ad Albenga.

Insomma una schifezza, non tanto per il Parco a lavori conclusi che, come recitano tutte le progettazioni, dovrà (-ebbe…) essere finito “a regola d’arte”, quanto per i cantieri (una decina, teoricamente temporanei), e la viabilità permanente (23 km); quest’ultima, per essere idonea al transito di mezzi pesanti a 3 o 4 assi ed a bilici, è prevista con larghezza di 6 -7 m. (10 m nelle curve significative ed a tornante) e sarà realizzata mediante allargamenti e adeguamenti (di fatto ruspa-selvaggia) di 17 km di strade forestali ed interpoderali esistenti nei nostri ripidi boschi e la costruzione completamente ex-novo di ulteriori 6 km. E se 23 km vi sembran pochi, provate a misurarli con google sulle nostre montagne…)

Personalmente non ritengo che l’impatto paesaggistico delle torri, a lavori conclusi, sia il problema principale. Certo l’altezza delle torri ed il loro numero sono del tutto esagerati da questo punto di vista, ma invito ad una onesta osservazione degli impatti paesaggistici, per cui assai poco ci si è mobilitati e ci si mobilita, arrecati al territorio da un’infinità di altri interventi, quali, ad esempio, tutti i viadotti della A10 che letteralmente tagliano e sfregiano la vista panoramica verso il mare di tutte, senza alcuna esclusione, le nostre vallate, o, per rimanere nell’entroterra, degli sfregi portati dalla SS 28 nei suoi nuovi tracciati a mezza costa e nei viadotti, nonché nel riempimento di numerose piccole valli con il materiale di risulta delle gallerie.

Essendo il sottoscritto di Pieve di Teco, utilizzo frequentissimamente le varianti della 28 e non sto recriminando su una struttura sicuramente importante, ma faccio presente che la percorrenza da Pieve di Teco a San Lazzaro Reale tramite il viadotto Uveghi e le tre gallerie del Bartolomeo e di Cesio, è di soli 7 minuti inferiore rispetto alla salita e discesa al Colle San Bartolomeo, mentre il tratto da Pieve di Teco a Cantarana di prevista prossima realizzazione, sfregerà in modo pesantissimo la Valle dell’ Arrogna (Nirasca, Trovasta, Moano, Trastanello, Armo), una delle poche rimaste territorialmente piuttosto integre, il tutto mentre i trasporti pesanti per cui era stata sollecitata negli anni ’60 (Torino e Piemonte verso i Porti commerciali di Imperia) sono praticamente scomparsi insieme alla svendita della FIAT ed alla progressiva demolizione dei Porti Commerciali di Imperia. Sul piano faunistico, acustico e dell’inquinamento inutile che sottolinei l’apporto di quelle infrastrutture stradali che pure ormai diamo, comprensibilmente, per scontate.

Quanto ad impatto paesaggistico e naturalistico sarebbe anche il caso di affrontare per il nostro entroterra l’attività pascoliva, che se da un lato si presenta come una tradizione romantica ed utile, in conseguenza anche di davvero ingenti risorse elargite dai Piani di Sviluppo Rurale della UE – che inducono a moltiplicare gli ettari pascolabili anche a spese dei territori ormai utilmente boscati quando non del tutto forestali – , talora, per il modo in cui è realizzata, si trasforma in un utilizzo di rapina di porzioni anche significative (centinaia di ha) di territorio che viene mantenuto su grandi superfici in permanente transizione ecologica precaria, sciatta, poco attraente e fruibile e fortemente impoverita di quella biodiversità botanica che è assolutamente peculiare delle “Alpi del Mare” , e con un calpestio concentrato in poche zone che è nota causa di ruscellamento e trasporto di materiale in occasione di precipitazioni, punto di innesco significativo del dissesto.

Sempre paesaggisticamente parlando, che dire poi della scarsa cura edilizia dei nostri paesi dell’ entroterra nei quali, mentre è vietata l’ installazione di pannelli solari è invece stato tollerato/consentito il rifacimento delle coperture con materiali di ogni tipo e colore, quando si poteva, con gli opportuni incentivi (reperibili ad esempio dalle eccessive monetizzazioni degli oneri urbanistici e dei condoni nelle cittadine costiere) conservare in gran parte le coperture in “ciappe” (come è stato fatto e si fa con le “lose” nelle valli Piemontesi e Lombarde, o con le “scandole” di larice in Trentino e Alto Adige), o quantomeno stabilire una tipologia ed un colore univoci. Consentendo poi la posa selvaggia di ogni tipo di antenna e parabola su ogni tetto e balcone, anziché concretizzare una copertura centralizzata per ogni borgo dei segnali TV ed Internet.

In questo senso mi trovo a forte disagio quando sento, in prossimità di elezioni regionali che assai difficilmente porteranno ad una vera inversione di tendenza nei confronti della cura indispensabile del territorio (idrogeologica, paesaggistica, turistica) personalità politiche che nella loro carriera hanno proposto – ed ottenuto – condoni ad oltranza 2 , e ripetute varianti, generali e puntuali, al Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico (PTCP) per consentire porticcioli turistici ed insediamenti fortemente impattanti, dichiararsi ora contrari a questo progetto perché in contrasto con il PTCP…

Ed altri che hanno costantemente piegato i Piani Urbanistici alla moltiplicazione dei centri commerciali e della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), oltre che alla trasformazione delle attività produttive in cemento residenziale, ed ora reclamano la bellezza e l’incanto del territorio e dei suoi borghi. Casualmente si tratta di politici legati esattamente a quel modello di sviluppo basato sull’energia Fossile e sul Nucleare che aborre l’eolico se non per fare grassi profitti, come nel caso di cui stiamo parlando, mentre “ama” i cittadini e ne “condivide le preoccupazioni”, sotto elezioni.

In conclusione: no a questo modello di gigantismo, nelle cui pieghe si moltiplicano gli affari e si uccide la democrazia partecipativa, a spese del territorio. Ritengo questo progetto, per come è stato concepito, difficilmente realizzabile, con la previsione di 48.433 viaggi in 48 mesi di mezzi pesanti a 3-4 assi e container da 20 piedi su e giù per le nostre montagne, e le altre devastazioni che abbiamo sommariamente citato. Inoltre la ventosità è stata stimata e valutata “buona” (3-4 m/sec di velocità ma non si evince con quale costanza), con una producibilità di circa 2000 MWh per ogni MW di potenza installata: come dire che le pale girerebbero un’ora ogni quattro ore; in particolare per i sei generatori previsti in Guardiabella.

A queste stime si aggiunge purtroppo che il cambiamento climatico ormai in atto ha favorito l’espansione della cella di Halley 3 verso nord fino oltre i 45° N determinando l’analoga espansione dell’ormai famoso anticiclone africano: in pratica una effettiva tropicalizzazione dell’ex-clima mediterraneo, con le infiltrazioni di aria oceanica confinate oltre il 50esimo parallelo 4 ; quali conseguenze ci saranno sulle caratteristiche qualitative e quantitative della circolazione atmosferica è difficile da valutare: ma anche questo elemento dovrebbe far propendere per investimenti diffusi di media piccola taglia.

L’eolico è probabilmente un modo assai intelligente di approvvigionarci di energia elettrica e per questo ritengo sia indispensabile non avere troppe “puzze sotto il naso” mentre lasciamo tranquillamente scorrere scempi oltre che più gravi anche strategicamente dannosi per il pianeta. Anche alla luce di qualcuna delle precedenti considerazioni, ritengo che si debba puntare con decisione ed accortezza sui Parchi eolici off-shore. Per questi, infatti cadono tutte le pregiudiziali legate al territorio soprattutto montano: gli enormi movimenti di terra per le piazzole e le sottostazioni e, soprattutto, la viabilità di accesso oltre alle difficoltà tecniche di montaggio e di manutenzione delle torri.

Inoltre basta uno sguardo al pluri-citato (nel progetto del Parco Eolico) atlante Eolico Italiano per capire che costruire grandi parchi eolici in Italia a terra non ha proprio molto senso.

La ventosità in Italia: si noti come la ventosità si rilevante solo in mare. In on-shore si dovrebbe puntare esclusivamente su medio e soprattutto mini eolico che, senza pretese di fornire grandi potenze elettriche (ma tante piccole potenze ne fanno una grande per il Paese…), potrebbe affrancarci perlomeno da bollette esose costruite ad arte a suon di guerre e dipendenze geopolitiche dai signori del fossile/nucleare e dai padroni delle Borse che li sostengono”.