Camila Ferrari, dall’Uruguay al palco del Teatro Salvini di Pieve di Teco

4 agosto 2024 | 10:08
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Camila Ferrari, dall’Uruguay al palco del Teatro Salvini di Pieve di Teco

Trentatré anni ha lasciato il suo lavoro da ingegnera chimica per dedicarsi full time alla sua passione per la musica

Pieve di Teco. Dall’Uruguay al palco del teatro Salvini di Pieve di Teco per un concerto in programma sabato 10 agosto alle ore 20.30. Per Camila Ferrari 33 anni di Montevideo Uruguay è una prima italiana assoluta. Di matrice folk e indi suona il piano e la chitarra ma non si definisce chitarrista: «Mi aiuta a cantare». Al suo attivo ha due “long play” e due Ep con tre pezzi. Con un passato da ingegnera chimica ha deciso di mollare quella vita per la musica, sua grade passione sin da quando era bambina. Ha suonato nelle più grandi città del Sud America e della Spagna e per il suo concerto pievese ha deciso di sfoggiare non solo il suo repertorio ma anche canzoni di autori uruguaiani.

Da ingegnera chimica a cantante, quando si è avvicinata al mondo della musica?

«Canto da tutta la vita, da quando avevo 8-9 anni e facevo parte del coro della scuola. Il canto corale mi ha sempre appassionato avevo una brava professoressa che ci faceva fare sia canzoni popolari uruguaiane che dei Beatles e di Stevie Wonder ma anche musica portoghese e brasiliana come Lenine. Questo è stato il mio primo contatto con la musica. Quando sono stata un po’ più grandicella ho iniziato a cantare in un gruppo con amici, principalmente blues, e partecipavamo ad eventi oppure facevamo le serate nei bar. In parallelo ho iniziato a studiare ingegneria chimica e all’epoca lo vedevo come il mio scopo nella vita. Durante gli studi però ho sempre continuato a cantare ma quando ho iniziato a lavorare come ingenera sono diventata infelice, non avevo più tanto tempo per la musica, ero sempre stanca, passavo molte ore al lavoro, mi alzavo alle sei della mattina e dopo un’ora di bus stavo tutto il giorno in fabbrica. Dopo un anno ero stremata e sentivo sempre di più il richiamo della musica, era dentro di me e scalpitava per uscire ma soprattuto mi rendeva felice. Nel 2019, dopo tre anni, ho deciso di rinunciare al mio lavoro per dare un’opportunità alla musica. Da quell’anno non ho mai rimpianto la mia decisione. Non è facile essere un artista in Uruguay, come in ogni paese, perché siamo abituati al sistema “tutto incluso”: lavoro, stipendio. Nella mia vita odierna ogni giorno faccio cose diverse, incontro persone magnifiche e condivido il mio lavoro anche con persone che non conosco. Nella musica convivono le mie due anime: la parte emozionale e quella scientifica che si trova, per me, nello studio vero e proprio della musica ma che bilanciano perfettamente le mie due anime. Se ti lasci trascinare solo dalla parte emotiva di te stesso ma non sai cosa stai suonando il lavoro rimane incompleto e limitato».

Quanto della sua vita si trova nelle canzoni che scrive?

«Molto, nel mio primo album le canzoni sono nate dal momento che stavo vivendo. Ero molto triste ì, durante il periodo del covid, proprio quando avevo deciso di buttarmi a tempo pieno nella musica. All’epoca mi ero anche lasciata con il mio fidanzato storico dopo molti anni, ero da sola, in quarantena. È stato un duro periodo ma sono riuscita a trasformare quel dolore in canzoni. Sentivo come se fosse un bisogno da esternare, avevo tutto in testa e pian piano è venuto tutto fuori e mi faceva sentire bene».

Che ruolo ha avuto la sua famiglia nel suo percorso artistico?

«Per fortuna ho avuto molto supporto dalla mia famiglia, mi hanno aiutato e si sono fidati delle mie decisioni. Hanno visto quanto sono stata male quando lavoravo come ingegnera e mi sono sempre stati vicino».

Quali sono state le difficoltà nel suo percorso artistico?

«Ogni decisione che fai nella vita, ogni strada che decidi di percorrere ha le sue difficoltà. Anche se fai quello che ti piace di più ci saranno sempre dei momenti down, ma siamo solo noi che possiamo farci stare bene. Quando si è coinvolti in quello che si fa arrivano soddisfazioni ed è tutto è bello ma ci sono anche i momenti no e più emozionanti sono i momenti belli altrettanto profondi sono i momenti di difficoltà ma ci sta, bisogna cercare di trovare il giusto equilibrio. Faccio questa professione da cinque anni e ci sono ancora tante cose da imparare, cercare di bilanciare la mia vita lavorativa con quella privata, le frustrazioni, l’insicurezza. Le mie canzoni possono essere intense e chi le ascolta può anche piangere, a volte penso “oddio rovino la vita degli altri” ma poi realizo invece che si emozionino, perché magari ritrovano nelle mie canzoni un loro vissuto o le stesse emozioni. Ora quando vedo qualcuno ai miei concerti piangere penso “ok ho fatto bene il mio lavoro”»

Qual è il suo messaggio per i giovani che vogliono intraprendere il percorso musicale?

«Penso che una delle cose più importanti è che si vuole qualsiasi cosa bisogna farla con serietà ed impegno, studiare, lavorare sodo tutti i giorni. Se fai qualcosa che ti piace e ci metti l’impegno giusto e la passione. Il consiglio che posso dare è che bisogna prendere tutto seriamente. Una cosa che ho imparato dal mio amico con cui ho inciso il secondo album, è di prendere questa professione come se fosse un lavoro d’ufficio, ogni giorno studiare e lavorare perché se hai deciso di fare questo per il resto della tua vita devi dedicarci tutto te stesso».

Ha qualche rituale prima di salire sul palco?

«Mi prendo del tempo per me stessa, cerco di svuotare la mente magari con un po’ di meditazione oppure leggendo un libro. Quando salgo sul palco però mi tranquillizzo, può capitare che ha qualcuno non piacciano le mie canzoni ma l’importante è che piace a me quello che faccio e che midiverto e quando si pensa così le persone le sentono e cambia tutto».

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(foto di Lu Lee)

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