Combattimenti tra cani, pm chiede trasmissione atti in Procura per falsa testimonianza
Udienza rinviata al prossimo 9 luglio
Imperia. Il pubblico ministero Barbara Bresci ha chiesto stamane la trasmissione degli atti in Procura per procedere per il reato di falsa testimonianza nei confronti di una testimone nel processo che vede sul banco degli imputati Maurizio Accardo (difeso dall’avvocato Alessandro Mager), Stefano Bassanese (avvocato Giovanni Passero) e Maurizio Vicinanza (avvocati Angelo Panza e Anna Rossomando) accusati di associazione per delinquere finalizzata al maltrattamento di animali e all’organizzazione di combattimenti tra cani.
Oggi nell’aula Trifuoggi del tribunale di Imperia, davanti al giudice collegiale (presidente Carlo Alberto Indellicati), sono stati ascoltati tre testi della difesa. Tra questi la compagna di uno degli imputati che, secondo la pubblica accusa, avrebbe volutamente mentito nonostante avesse la facoltà di non rispondere.
Tra i cani che sarebbero stati maltrattati, infatti, c’era un pitbull femmina. Quando alla teste è stato chiesto se conoscesse il motivo della morte, la donna ha risposto che il cane era mancato a causa della Leishmaniosi. L’animale, invece, era morto per le ferite riportate durante un combattimento clandestino. «So che era malata, se è morta durante un combattimento non me lo ricordo», ha ribattuto a questo punto la teste, facendo perdere le staffe al pm (e pure ai giudici). Dopo l’ennesima risposta catalogata come evidente bugia, il pm ha chiesto la trasmissione degli atti.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 9 luglio.
La vicenda. L’inchiesta, coordinata dal pm Barbara Bresci, era stata condotta nel 2015 dalla squadra mobile di Imperia. Le indagini erano partite quasi per caso, quando una notta del 2015, sulla strada per Perinaldo, un passante udì dei guaiti e dei latrati provenire dal cassone di un pick up. L’uomo chiamò la polizia che scoprì che i lamenti erano di un cane chiuso dentro una gabbia. Da lì gli investigatori risalirono al vicino allevamento di dogo argentini dei fratelli Alessandro e Maurizio Accardo, successivamente finiti sotto inchiesta. Decollarono così le indagini della polizia, che ricostruirono una rete di combattimenti clandestini di cani organizzati tra le province di Imperia, Milano e Torino, e in Serbia.