Picchia la compagna e tenta di strangolarla, il tribunale condanna imperiese a 3 anni di carcere
Accusato anche di aver ucciso il gatto della ex
Imperia. Il tribunale collegiale di Imperia, presieduto dal giudice Carlo Alberto Indellicati, ha condannato a 3 anni di carcere il 62enne imperiese Marco G., finito a processo con l’accusato di maltrattamenti,tentato omicidio (poi derubricato in lesioni) della compagna, di 52 anni, e uccisione di animale. La scorsa udienza, il pubblico ministero Francesca Dentis aveva chiesto una condanna a 5 anni di reclusione.
All’origine di alcuni degli episodi contestati dalla pubblica accusa, ci sarebbe stata la convinzione, da parte dell’imputato, che la donna fosse indemoniata. I fatti risalgono al periodo tra il marzo del 2019 e il 31 ottobre del 2022, teatro degli abusi è Borgomaro. A parte le ripetute minacce di morte e le aggressioni sia fisiche che verbali, l’uomo avrebbe buttato la compagna nella vasca da bagno, gettandole dell’acqua fredda addosso, mentre le poneva il crocifisso di fronte, dicendole che era indemoniata e chiedendo perdono al Signore.
E non è tutto. L’avrebbe obbligata anche a pregare per purificarsi del suo comportamento sbagliato, pena insulti e offese qualora si fosse astenuta da queste purificazioni e avrebbe anche ucciso la sua gatta, Leopolda, che effettivamente è stata poi trovata morta. Come se non bastasse, avrebbe più volte tentato di strangolarla «cingendole le mani attorno al collo, arrivando al punto di toglierle il respiro», tanto che la compagna era costretta a fingersi svenuta, affinché lui lasciasse la presa.
L’episodio più grave, da cui è partita l’inchiesta risale al 7 settembre del 2022, quando tentò di strangolarla in due momenti: prima stringendole il collo con entrambe le mani, tanto da toglierle il respiro; poi mettendole il collo nell’incavo del braccio in corrispondenza del gomito e portandola a terra, mentre la minacciava di morte. Più volte, inoltre, le avrebbe detto «io ti ammazzo, comando io e tu devi fare quello che dico io».
A tutto ciò si aggiunge il fatto che l’uomo, difeso dall’avvocato Sandro Lombardi, avrebbe impedito alla cinquantaduenne di uscire di casa e di frequentare gli amici: in due occasioni l’avrebbe addirittura rinchiusa per evitare che si confidasse con loro, dopo una lite. Ma non è tutto l’avrebbe anche più volte minacciata di morte e di non farle vedere più la figlia e in una ventina di occasioni l’avrebbe aggredita con calci, pugni, schiaffi, forti strette e spintoni. In un caso l’avrebbe picchiata in auto prendendola a pugni sulla testa; in un altro le ha rotto due costole.
«E’ vero che il (…) ammette le accuse, precisando, ‘dovrei essere un pluriomicida se avessi ucciso tutti quelli che ho minacciato di morte ma non l’ho mai fatto. Lei (la parte offesa, ndr) su questo ci ha giocato perché sa che ho un limite’ – ha detto il pm durante la requisitoria -. E quale sarebbe il limite, ce lo dice lo stesso (…): ‘Mi sono presentato angelo e poi sono finito bestia’».
E ancora: «Il (…) non nega l’evidenza, ammette i fatti, ma a sua discolpa sostiene che le sue condotte ai danni della donna siano state poste in essere come frutto di una provocazione, dell’ossessione della gelosia della donna nei suoi confronti. Il (…) è sicuramente un imputato che si presenta precisando che è in una fase continua di percorso spirituale così profondo che a domanda specifica, in sede di esame del pm, risponde che non ha sondato la spiritualità della donna che si è preso in casa. Preferisce essere definito sacrilego e non violento. Così credente che in sede di esame ha bestemmiato ripetutamente».