Decreto Autovelox: le critiche della associazioni
Le associazioni sono intervenute dopo la pubblicazione del Decreto
“Ieri, martedì 28 maggio, in linea con la deriva antiscientifica e autoritaria del governo attuale, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’annunciato ‘decreto Autovelox’, normativa che segna un ulteriore e pesante passo indietro nella tutela della sicurezza stradale e nella corretta gestione della mobilità nel nostro Paese. Mentre la riforma del Codice della strada attende la discussione in Senato, il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit) interviene con un decreto che, di fatto, riduce l’efficacia dei controlli e legittima l’impunità sulle violazioni dei limiti di velocità cioè la prima causa degli incidenti gravi in base ai dati Istat, e che continua a limitare il margine d’azione dei Comuni, rendendo quasi impossibile fare prevenzione dell’eccesso di velocità sulle strade”. Lo si legge in una nota sottoscritta da 14 associazioni, che comprendono: Legambiente, Movimento Diritti dei Pedoni Aps, Fiab Italia, Città30 (Ferrara30, Firenze30, Lecce30, Modena30, Napoli30, Pesaro30, Torino30, Roma30), Clean Cities, Genitori ECOattivi, Salvaiciclisti, Rete Vivinstrada, BiciPA, Metrovia, Comitato Via Vincenzo Tieri Roma, Ciclomobilisti, Hub.MAT APS, Legambici APS milan.
Questo decreto, si legge, “è un ulteriore e gravissimo attacco alla sicurezza stradale, alle vittime della strada e alla promozione della mobilità sostenibile. Il governo continua a legittimare il diritto alla velocità e l’abuso, a scapito delle regole e della sicurezza, del mezzo privato. Ignorando le evidenze scientifiche e gli indirizzi seguiti da altri Paesi che nel mondo stanno ottenendo riduzioni più marcate di morti e feriti in strada. Diverse le criticità rilevate dalle Associazioni*, che fanno un appello alle istituzioni: “Chiediamo al Governo e al Senato di fermarsi e riscrivere il testo del Codice della Strada e il Decreto Autovelox, coinvolgendo le associazioni dei familiari delle vittime della strada e gli esperti del settore. Le Istituzioni tutte invertano questa preoccupante tendenza a difesa di una illegalità già diffusa sulle strade, rassicurando le vittime e tutti i cittadini di questo Paese su una reale transizione a forme di mobilità più sostenibile e sicura per tutte le età, le abilità e i generi, in città così come nei territori. Chiediamo a Governo e Senato una inversione di rotta attraverso una riforma condivisa e basata sui dati per sperare di ridurre veramente il numero di collisioni e salvare vite umane. Oppure, chiediamo coerenza. Nei fatti il Governo sta abbandonando gli obiettivi VisionZero dell’Oms sulla sicurezza stradale, recepiti nel Piano Nazionale Sicurezza Stradale. Che lo ammetta anche a parole”.
Tra le criticità rilevate, la “deriva politica che legittima chi infrange le regole”: Il decreto, si legge, “si allinea con una strategia volta a comprimere l’autonomia di sindaci ed amministrazioni, che in qualità di enti locali hanno la responsabilità della salute pubblica sul loro territorio, di cui ben conoscono criticità e caratteristiche. Questa normativa limita il potere locale in materia di tutela della sicurezza stradale, una coltellata in più, inaccettabile, ai familiari delle vittime della strada”.
La seconda criticità sono i ” dati e le evidenze ignorati”: “un approccio miope che contrasta con le pratiche di successo già adottate in altri Paesi europei, per cui i controlli diffusi sono un potente deterrente a morti e feriti in strada. Il Decreto del MIT ignora sistematicamente e scientemente, sulla scia dell’impianto della riforma del Codice della Strada, i dati scientifici, gli appelli delle associazioni delle vittime della strada e le esperienze di successo in Italia e all’estero. Ad esempio, nel Regno Unito le istituzioni non soltanto registrano le violazioni comminando multe a chi infrange le regole, ma conducono anche analisi dei livelli del rispetto delle regole sulle strade, perché realmente interessate a monitorare un fenomeno per condurre in maniera più mirata i controlli, laddove più serve. E in Germania non solo gli autovelox non sono segnalati, ma sono mimetizzati con apposite strutture per rilevare realmente i comportamenti scorretti, partendo dal presupposto che se ci sono dei limiti vanno rispettati da tutti”
E ancora, le limitazioni agli autovelox in città: “Il decreto vieta l’uso di autovelox fissi e mobili in città dove il limite di velocità è inferiore ai 50 km/h. Questa restrizione riduce l’efficacia dei controlli e compromette la sicurezza nelle aree urbane, dove la maggior parte degli incidenti gravi avviene a causa dell’eccesso di velocità. Un far west, proprio dove invece ci sono maggiori rischi. Chi tutela quindi la sicurezza delle persone? L’unica alternativa è inviare una pattuglia (ben visibile) in loco, con un ingente e inutile sfruttamento di risorse locali già notoriamente scarse”. Sulle limitazioni sulle strade extraurbane, “non potranno essere installati autovelox dove il limite è inferiore di oltre 20 Km/h a quello previsto dal Codice della Strada: ad esempio, se in una strada c’è il limite dei 90 Km/h si potranno installare autovelox per rilevare multe a chi supera i 70 Km/h, ma non posizionare autovelox con limite dei 50 all’ora. Questo si applica anche laddove vi sono delle caratteristiche che notoriamente rendono la strada meno sicura (esempio: affioramento di radici degli alberi, strade dissestate, come ce ne sono migliaia in Italia) ma ponendo un limite inferiore, a tutela della sicurezza, l’Amministrazione può vedersi bloccare la possibilità di indurre al rispetto di limiti adeguati allo stato attuale delle strade”.
Le associazioni parlano anche di “efficacia compromessa”: “Le modalità operative per l’uso degli autovelox mobili, che richiedono l’intervento immediato della polizia per fermare i veicoli, rendono i controlli discontinui e inefficaci. Questa misura penalizza la prevenzione continua e sistematica delle collisioni stradali”. Sulle distanze di sicurezza, “le nuove normative stabiliscono distanze minime obbligatorie tra i segnali di limite di velocità e gli autovelox, rendendo l’installazione dei dispositivi più complessa e burocraticamente onerosa”. Infine, sul controllo centralizzato saranno i prefetti, e non i sindaci, a decidere le zone per l’installazione degli autovelox, concentrandosi solo su aree con elevata incidentalità e difficoltà di contestazione immediata. Questa centralizzazione del controllo riduce la flessibilità e la capacità delle autorità locali di intervenire in modo mirato e tempestivo”.