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Processo Aldobrandi, l’amica di Sargonia in aula: «Le ho detto “lascialo altrimenti muori”»

20 marzo 2024 | 16:27
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Processo Aldobrandi, l’amica di Sargonia in aula: «Le ho detto “lascialo altrimenti muori”»
Processo Aldobrandi, l’amica di Sargonia in aula: «Le ho detto “lascialo altrimenti muori”»
Processo Aldobrandi, l’amica di Sargonia in aula: «Le ho detto “lascialo altrimenti muori”»
Processo Aldobrandi, l’amica di Sargonia in aula: «Le ho detto “lascialo altrimenti muori”»
Processo Aldobrandi, l’amica di Sargonia in aula: «Le ho detto “lascialo altrimenti muori”»
Processo Aldobrandi, l’amica di Sargonia in aula: «Le ho detto “lascialo altrimenti muori”»

Il particolare della mani ferite del presunto omicida sottolineato in udienza dai pm

Imperia. «Le ho detto: lascialo perché altrimenti sarà la tua morte». A parlare, nell’aula Trifuoggi del tribunale di Imperia, è la svedese Jenny Anderson, la migliore amica di Sargonia Dankha, stamani sentita come testimone davanti alla Corte d’Assise, presieduta dal giudice Carlo Alberto Indellicati, nel processo che vede sul banco degli imputati Salvatore Aldobrandi: il pizzaiolo italiano accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e soppressione di cadavere, per la scomparsa della 21enne Sargonia, sua ex fidanzata, sparita nel nulla il 13 novembre del 1995, a Linköping, in Svezia.

Interrogata dai pm Paola Marrali e Matteo Gobbi, la donna ha raccontato del «rapporto complicato» tra Sargonia e Salvatore, lei giovanissima, lui di oltre vent’anni più grande. «In più di una occasione Aldobrandi ha sputato in faccia sia a me sia a Sargonia». Non solo, Jenny ha riferito che Aldobrandi l’avrebbe spinta dalle scale quando lei era incinta.

«Il motivo per cui lui si arrabbiava tanto è perché era estremamente geloso – ha detto Jenny – Voleva comandarla (Sargonia, ndr) e nessun uomo doveva avvicinarsi a lei. I litigi iniziavano verbalmente e terminavo con la violenza fisica. Salvatore non tollerava nessun tipo di errore da parte di Sargonia. Anche Sargonia, da parte sua, aveva temperamento, rispondeva anche lei». Entrando nel dettaglio, la teste ha raccontato di una occasione in cui «Salvatore tirò i capelli a Sargonia e la teneva stretta». Un episodio che non sarebbe stato sporadico: «Ho visto gesti di violenza da parte di Salvatore nei confronti di Sargonia in più occasioni – ha raccontato l’amica -. Ogni volta che succedeva, poi lui si scusava».

Sei mesi prima della scomparsa, nel marzo del 1995, Sargonia alle amiche parlava di Salvatore come il suo ex. Ma nonostante questo, secondo la testimone, i due hanno continuato a frequentarsi, tra alti e bassi, fino al 13 novembre: data della scomparsa della 21enne. Jenny ha ricordato un giorno in cui era insieme a Sargonia, all’interno di un bar, a chiacchierare. Salvatore era seduto insieme a loro: «Ad un certo punto ha alzato i toni, e quando noi ce ne sono andate lui ci ha seguite. Sargonia si è quindi rivolta alla polizia e lo ha denunciato»

Queste situazioni avvenivano spesso tanto, che la testimone afferma di aver più volte avvertito l’amica: «Le ho detto “lascialo perché altrimenti sarà la tua morte”». Per un periodo di tempo Sargonia rimase con Jenny in casa dei genitori di questa e Aldobrandi continuava ripetutamente a telefonare «non aveva rispetto per nessuno», dice.

Jenny e Sargonia dovevano vedersi per un appuntamento lunedì 13 novembre 1995. Ma quel giorno Sargonia non si presentò all’incontro. Da quel momento, come è ormai noto, né i familiari né gli amici seppero più nulla di lei. «Sargonia ripeteva spesso che voleva una vita migliore, lontana da Salvatore, ma non che voleva sparire», ricorda Jenny. Tra le ipotesi sulla scomparsa di Sargonia, Jenny riferisce che tra gli amici più stretti della giovane, il sospetto fosse «che lui l’avesse ammazzata, tagliata a pezzi, messa in un tappeto e buttata in una discarica».

Dopo Jenny, sono stati ascoltati altri due testimoni, sempre della pubblica accusa: Giovanni Marino e Raffaele Canfora, italiani che per motivi di lavoro hanno vissuto in Svezia.

Marino ha riferito di aver incontrato qualche volta il pizzaiolo, ma di non esserne mai stato amico: «Ci incontravamo sporadicamente in città – ha detto -. Ci si incontrava al pub, al lavoro e la frequentazione era limitata al fatto che fossimo connazionali. Non ho un ricordo preciso di quest’uomo, era riservato, non era una persona espansiva né aveva voglia di comunicare delle cose personali. Sargonia, invece, non l’ho mai conosciuta». Capitava, ha raccontato il teste, che con Aldobrandi si incontrasse per una cena e una partita a poker tra italiani. In un caso l’incontro avvenne quattro giorni dopo la scomparsa di Sargonia: come dichiarato in una testimonianza rilasciata alla polizia svedese nel 1995, quando le indagini sulla misteriosa sparizione di Sargonia erano ancora “calde”, in quell’occasione Marino aveva notato «una ferita sulla mano di Aldobrandi, una abrasione o un segno di graffiatura all’altezza delle nocche, una ferita non più vecchia di una settimana». Dettagli, questi, che però oggi Marino non ricorda: «Non ho memoria di tutto ciò. Di quella sera ricordo di esserci incontrati a casa mia, di aver mangiato una minestra di ceci e basta, quello è il mio unico ricordo. Ricordo che mangiò quella minestra con una voracità incredibile. Era strano, non sembrava la persona che conoscevo io».

«Aldobrandi Salvatore l’ho conosciuto ma non bene – ha dichiarato il terzo teste, Raffaele Canfora -. Non posso dire che fosse mio amico, perché io avevo 23 anni e lui 46. L’ho conosciuto in questo localino, il “Maxime”, che Aldobrandi aveva insieme a mio cugino Carmine. Erano tre o quattro soci di cui uno, appunto, mio cugino. Non siamo mai andati insieme a fare gite o cose simili. Solo una volta siamo andati a funghi e poi li abbiamo anche mangiati insieme. Per quanto riguarda Sargonia, sapevo che era la sua ragazza, ma non ho mai avuto l’onore di conoscerla, non erano affai miei».

A differenza di Marino, però, Canfora ricorda il particolare delle mani ferite di Aldobrandi: «Ricordo le escoriazioni sulle sue mani – ha detto -. Le avevo notate, mi ci è caduto l’occhio e ne ho parlato con mio cugino. Visto che Aldobrandi e Sargonia litigavano spesso, ho pensato si fossero picchiati. Però c’è da dire che la sera era ghiacciata, magari era stato il freddo. Al signor Aldobrandi non ho chiesto niente in merito. Era una persona schiva, quando era in compagnia era allegro, ma stava per conto suo».

Al termine dell’audizione dei testimoni, la Corte ha rinviato l’udienza al prossimo 25 marzo.