Pieve di Teco, 79esima commemorazione di Roberto Di Ferro, «La più giovane vittima della Resistenza»
Davanti al monumento dei caduti e al cippo dove venne fucilato 79 anni fa
Pieve di Teco. «Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno» una frase pronunciata da Roberto Di Ferro, 14 anni, nome di battaglia “Baletta” davanti ai nazisti che lo minacciano e destinata ad essere ricordata fino ai giorni nostri. Un ragazzino che si è dimostrato uomo non tradendo mai i suoi compagni. Oggi la commemorazione davanti al monumento dei caduti e al cippo dove venne fucilato a Pieve di Teco 79 anni fa. Il prato ricoperto di primule gialle e chissà se anche quel giorno nel lontano 1945 c’erano già i fiori mentre la vita di Baletta finiva. Una delle ultime foto lo ritrae sorridente mentre imbraccia un fucile troppo grande per lui e quel ragazzino sorridente è destinato a diventar la sesta medaglia d’oro al valor militare, la vittima più giovane della Resistenza imperiese che ha dato la sua vita per la libertà, la democrazia in cui credeva.
«Diede una prova di coraggio che credo nessuno di noi è in grado di immaginare in un ragazzo di 14 anni- ha affermato Mariangelo Vio, presidente Associazione 25 aprile durante l’orazione- Non sono mai riuscito ad immaginare il dolore e tutto quello che può comportare. Roberto Di Ferro è la più giovane vittima della Resistenza ed un dato che ci deve far riflettere, medaglia d’oro al valor militare, credo la figura più integerrima che la Resistenza abbia espresso in quei mesi dell’occupazione nazi-fascista. Certamente Roberto Di Ferro non è l’unico giovane, nella lapide dei caduti di Pieve di Teco, l’età media dei ragazzi era dai venti ai venticinque anni. Caduti per seguire un ideale, seguire quello che era stato uno dei periodi più bui della storia del nostro paese».
«È la prima volta che partecipo a questa manifestazione in veste di sindaco- ha affermato il primo cittadino di Pieve, Enrico Pira– è un qualcosa che ritengo estremamente rilevante, anche in questo momento storico in cui si sentono soffiare venti di guerra che la ricorrenza sia in questi giorni di richiamo alla memoria. Eventi che richiamano ad una discussione importante su cui bisogna riflettere. Una delle canzoni che sono nel nostre cuore, Bella Ciao, l’inizio che afferma “una mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasor” sia una condizione attuale chi sta combattendo sul fronte orientale dell’Europa si è trovato l’invasore in casa e non vorrei che domani ci fossero scenari che poi conducano ad una guerra di Resistenza».
«Per me in particolare questa cerimonia- prosegue il sindaco-ha una connotazione personale perché mia madre era nel gruppo degli arresti insieme a Mario Ponzoni. Mia mamma insegnava nelle frazioni di Pieve di Teco, era maestra e una delle staffette arrestate insieme a Mario Ponzoni che poi fu fucilato e mia mamma e le sue colleghe sono state condannate a morte ma sono riuscite in qualche modo a scappare a Cuneo e si sono nascoste per due anni. Lei non me l’ha mai raccontato e per assurdo lo sono venuto a sapere in età avanzata però è un qualche cosa che sta nell’anima perché il fratello di Mario Ponzoni, Rino, era il mio padrino ed è stata una persona indimenticabile nella mia vita. Ben vengano queste cerimonie che servono a richiamare il ricordo collettivo, gli orrori della guerra e dall’altro l’orgoglio di appartenenza alla propria terra».
«La memoria è il faro nella notte- ha sottolineato il vicesindaco di Albenga Alberto Passino– di quella notte buia che ha visto il nostro paese precipitare nell’orrore. Grazie alla Resistenza e purtroppo anche al sangue anche giovane che è stato versato siamo riusciti a lavare l’onta che il ventennio del nazi-fascismo ha portato alla rovina la nostra bellissima Italia. Grazie quindi alla Resistenza che qua celebriamo purtroppo con i suoi anche ai suoi giovani morti. Grazie a Roberto di Ferro, medaglia d’oro al valor militare, l’Italia si è potuta riscattare ed è nostro compito come Istituzioni, come cittadini, come Anpi guardare ai giovani perché attraverso l’educazione, attraverso la scuola si possano creare occasioni di confronto, dove la memoria venga sollecitata e riscoperta affinché nulla di più brutto possa di nuovo accadere e ancora grazie a chi ha donato la vita per la nostra libertà».
«Qui ricordiamo Baletta- spiega Giovanni Rainisio, presidente dell’Istituto Storico della Resistenza di Imperia- un ragazzo di quattordici anni che si è schierato, ha scelto di stare dalla parte della libertà, della democrazia, di opporsi all’occupazione tedesca e al regime fascista. È stato un esempio importante, una delle sei medaglie d’oro della Resistenza della nostra provincia ed ha contribuito a far ottenere alla nostra provincia la medaglia d’oro al valor militare della Resistenza. La nostra provincia ha avuto un momento importante nella liberazione, ha avuto più di 600 caduti militari e ha quasi 800 deportati. Credo che la memoria debba essere un momento importante perché è necessario ricordare tutti coloro che si sono sacrificati ma la memoria è importante per il futuro. Se non sappiamo perché siamo qui è perché viviamo in democrazia, in libertà in una Costituzione varata dalla Resistenza non capiamo che cosa fare per il nostro futuro e soprattutto i giovani se non sanno cos’è stata la Resistenza, se non comprendono il sacrificio che la democrazia e la libertà è costata al nostro paese è difficile che poi si impegnino per un futuro migliore. La libertà e la democrazia non sono conquiste una volta per sempre, le conquiste della democrazia vanno alimentate, sostenute continuamente perché il rischio per la pace, democrazie e libertà è sempre incombente».
«Venire a commemorare Roberto Di Ferro- conclude Vio- è un momento in cui inevitabilmente torniamo a vivere quei momenti che hanno vissuto le nostre genti. La famiglia di Roberto DI Ferro proveniva da Malvicino ma oramai era albenganese a tutti gli effetti, un ragazzo di 14 anni che aveva adottato, scelto ed abbracciato i valori e i partigiani e i resistenti antifascisti di allora raccontavano che scelse di partecipare alla lotta partigiana consapevole dei rischi che questa comportava e con altri partigiani venne catturato qui vicino, a Trovasta, e dopo un massacro umano a cui fu sottoposto, perché si dice che i tedeschi pensavano che essendo il più giovane avrebbe ceduto alle pressioni fisiche e avrebbe quindi svelato i nomi dei compagni partigiani».
«È – con Filippo Illuminato si legge sul sito dell’Anpi- uno dei più giovani partigiani decorati di Medaglia d’oro al valor militare. La motivazione della ricompensa alla memoria di “Baletta”, questo il nome di battaglia di Roberto Di Ferro, suona: “Primo fra i primi nelle più audaci e rischiose imprese, ardente di fede ed animato dal più puro entusiasmo, appena quattordicenne partecipava alla dura lotta partigiana, emergendo in numerosi fatti d’arme per slancio leonino e per supremo sprezzo del pericolo. Dopo strenuo combattimento contro preponderanti forze nazifasciste, in cui ancora una volta rifulse il suo indomito valore, esaurite le munizioni, veniva catturato e condotto dinanzi ad un giudice tedesco. Benché schiaffeggiato e minacciato di terribili torture, si manteneva fiero e sereno non paventando le barbare atrocità dell’oppressore. Le sue labbra serrate in un tenace e sprezzante silenzio, nulla rivelarono che potesse nuocere ai compagni di fede ed alla causa tanto amata. Condannato a morte rispondeva: «Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno». La brutale rabbia nemica stroncava la sua giovane esistenza interamente dedicata alla liberazione della Patria. Magnifico esempio di valore e di giovanile virtù”. Il ragazzino (lavorava già nonostante la giovanissima età, per aiutare la famiglia che si era trasferita dall’Alessandrino ad Albenga), fu tra i primi a darsi alla macchia dopo l’armistizio».
«Raggiunta una formazione partigiana sull’Appennino Ligure, “Baletta” fu, inizialmente impiegato come staffetta. Col passare dei mesi, fu difficile impedirgli di partecipare anche alle più rischiose operazioni della sua formazione. La Liberazione sembrava essere ormai imminente quando, il 27 marzo 1945, una colonna motorizzata tedesca, forte di duecento uomini, irruppe nella zona di Tovrasta, sopra Pieve di Teco. Guidava gli uomini della Wermacht un delatore. Un gruppo di partigiani del distaccamento “Marco Agnese”, appartenente alla Brigata “Silvano Belgrano” (VI Divisione Garibaldi d’assalto “Bonfante”), fu colto di sorpresa. Nell’impossibilità di rompere l’accerchiamento, i partigiani si difesero sino all’ultima cartuccia. Il loro comandante, Giovanni Trucco, fu ucciso, con altri suoi compagni, nel conflitto. “Baletta”, con nove superstiti, fu catturato dai tedeschi. Inutile il tentativo del vicecomandante della VI Divisione, Luigi Massabò, di salvarli: la proposta di uno scambio con due ufficiali nazisti fu respinta dai tedeschi, che trucidarono i dieci prigionieri e, per sopramercato, crocefissero “Baletta”. La memoria della giovane Medaglia d’oro della Resistenza è ancora molto viva nell’Alessandrino e nell’Imperiese».