Festa del Papà e genitori separati, l’intervista al vescovo Suetta: «Rivalutare e riscoprire la figura paterna»
«Fare scelte rispettose verso i figli, ma anche verso l’altra persona: perché un conto è separarsi, un conto è infierire»
Sanremo. In occasione della Festa del Papà, che si celebrerà in Italia martedì 19 marzo in concomitanza con la celebrazione di San Giuseppe, abbiamo chiesto al vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, monsignor Antonio Suetta, di offrire ai nostri lettori una riflessione sulla figura paterna nella società attuale, con particolare riguardo a quei papà che si ritrovano a vivere un momento di festa e condivisione lontano dai propri figli, in quanto separati dalle madri, un tempo loro compagne.
Una situazione difficile e dolorosa, quella di molti genitori, che non per forza sono figure da stigmatizzare. Molti ex mariti o ex compagni sono ottimi padri e vorrebbero dimostrarlo ai propri figli, ma per diverse ragioni non riescono a farlo.
«Mi unisco volentieri agli auguri a tutti i papà in occasione della loro festa in concomitanza con la solennità di San Giuseppe – esordisce il vescovo Suetta -. La figura del padre è una figura che oggi deve essere rivalutata e riscoperta, anche perché viviamo in un contesto, il nostro soprattutto occidentale, dove la figura del padre sembra essere un po’ offuscata, un po’ sparita dall’orizzonte. Questo per tante ragioni, soprattutto per un processo che dura da tantissimo tempo e che certamente, per citare un passaggio significativo, ha trovato uno dei suoi momenti più evidenti nella rivoluzione sociale e sessuale del Sessantotto. Ma naturalmente la problematica viene da più lontano e viene da un’idea, a mio parere del tutto sbagliata ed estranea alla natura umana, di destrutturare la famiglia».
Ripartire dal concetto di famiglia. «La famiglia, così come la Provvidenza ce l’ha donata – aggiunge – E’ composta da un uomo e da una donna e, quando ci sono i figli, da un padre e da una madre con delle differenze che non sono conflittuali, ma sono differenze complementari. La famiglia parla il linguaggio della sessualità e la sessualità non è un bene di consumo a titolo personale ma indica una complementarietà tra i due sessi non finalizzata a se stessa, cioè al puro piacere, ma finalizzata all’unione della coppia e alla procreazione. Allora dentro questo contesto, chiaramente la figura della madre e la figura del padre si stagliano in maniera molto bella circa le loro caratteristiche. Tanto per fare un esempio, senza naturalmente esaurire tutto quello che si potrebbe dire, io penso ad esempio che nella madre noi vediamo soprattutto il segno dell’accudimento, dell’accoglienza, nel padre vediamo un principio di riferimento circa i valori e il potere. Naturalmente, ripeto, le due cose non conflittuali ma complementari, dunque non è che un aspetto sia in uno e un aspetto sia nell’altro: certamente ambedue concorrono alle stesse funzioni, ma con caratterizzazioni e accentuazioni particolari. E allora è da troppo tempo che nella società, per tante ragioni e in tante forme viene un po’ a mancare la figura del padre come un punto di riferimento fermo e questo si nota poi anche nel disagio e spesso, purtroppo, anche in tutte le forme di devianza giovanile».
L’augurio, dice Suetta in conclusione di questo pensiero «lo faccio ai papà affinché possano svolgere convenientemente la loro missione. E faccio augurio alla società che riscopra sempre di più il ruolo così importante, prezioso e insostituibile della figura del padre».
Più difficile e delicato è il tema dei genitori separati. Se nella società occidentale la figura paterna sembra vivere un momento di crisi, diventando sempre meno centrale, quando i matrimoni finiscono e le coppie si separano, addirittura alle volte il padre si eclissa o è costretto a farlo quasi completamente. E se tra gli ormai ex coniugi resta comunque un equilibrio, spesso è la società stessa a eclissare la figura del papà. E’ il caso, emblematico, di un libro di testo (Billy Bot 5, edizione Pearson) adottato da alcune scuole elementari anche nell’estremo Ponente ligure: in un compito di inglese di classe quinta elementare, agli alunni è richiesto di descrivere una famiglia di genitori divorziati. Nella traccia già pronta sul libro, i bambini devono completare la descrizione: la voce “father” o “dad”, papà, manca completamente. Mentre compaiono la mamma, il fratello, la sorella e i nonni.
«Negli ultimi anni – racconta il vescovo Suetta – Ho avuto modo di seguire e aiutare concretamente un padre in una complicatissima vicenda di relazione difficile con la ex moglie, per quanto riguarda tutti i passaggi giudiziari. Praticamente questo padre si ritrovava non solo a non poter accudire convenientemente il figlio, ma si trovava in ragione dell’affidamento del figlio alla madre, a dover delegare ad un’altra persona, che era il nuovo compagno della madre, con il quale erano sorti dei problemi, delle difficoltà». «Credo che questo problema sia reale – spiega – Perché anche la legge, per alcuni aspetti in maniera conveniente, sceglie di affidare i bambini, soprattutto quando sono più piccoli alla mamma, e anche di garantire alla mamma, in ordine anche all’accudimento dei figli, una determinata porzione di sostanza: in genere si lascia la casa della famiglia al genitore che accudisce i bambini, quindi generalmente alla mamma, il mantenimento e via dicendo e questo, dal punto di vista educativo e relazionale con i figli, abbiamo già detto che talvolta crea delle serie difficoltà ai figli e ai padri, impendendo loro quella relazione naturale di affetto e di educazione che necessita al bambino e che necessita anche al genitore, perché è di fatto stretto con un vincolo al suo bambino: un vincolo di sangue, un vincolo affettivo».
Al dolore della separazione, spesso si aggiunge quello della difficoltà economica: «Delle volte ci sono dei problemi dal punto di vista materiale, perché molti papà, per questa ragione, si ritrovano sul lastrico. Talvolta le risorse del lavoro non bastano e soprattutto nelle grandi città le statistiche ci dicono che i papà separati spesso vanno ad incrementare notevolmente le fila dei nuovi poveri che si rivolgono alla Caritas», aggiunge il vescovo.
Sarebbe il caso di rimodulare le leggi in merito? «Credo che la legge, da questo punto di vista, dovrebbe essere un po’ ripensata per garantire effettivamente pari opportunità e poi soprattutto la legge dovrebbe concentrarsi primariamente sul bene dei figli che, nel caso di una separazione familiare, sono i soggetti più deboli, e quindi garantire loro la presenza affettiva ed educativa di ambedue i genitori, naturalmente mettendo in condizione ambedue i genitori di svolgere convenientemente il loro compito – risponde monsignor Suetta -. Più che dalla legge, però, che pure deve naturalmente fare tutti gli sforzi possibili per tutelare al meglio queste situazioni, io credo che sia proprio un fatto culturale di educazione e di formazione nei giovani, perché quando affrontano il discorso del matrimonio imparino sempre di più a considerare le responsabilità che ne derivano. Perciò, al di là di quelli che sono i presidi che garantisce la legge, devono essere le persone che hanno una vera coscienza, a saper distinguere il fatto che dolorosamente si separano da una persona con cui ritengono sia finita la relazione, ma se con quella persona hanno assunto responsabilità insieme verso terzi, i figli, devono avere una coscienza che li porti a fare delle scelte rispettose di quelle responsabilità e rispettose anche dell’altra persona: perché un conto è separarsi, un conto è infierire».