Suicidio medicalmente assistito, vescovo Suetta: «Nessuno legittimamente può disporre di vita propria o altrui»

19 gennaio 2024 | 14:21
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Il vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo commenta così il caso della legge, bocciata, sul fine vita proposta in Veneto dal governatore Zaia

Sanremo. «Il caso che si è verificato recentemente in Veneto è uno dei tanti segnali che deve indurci a una riflessione più attenta a queste tematiche. Vero è che il Veneto non avrebbe fatto qualcosa di avulso, purtroppo, da premesse negative che già esistono nella nostra legislazione italiana: penso alle dichiarazioni anticipate di trattamento, le famose “Dat”, e penso alla sentenza della Corte Costituzionale che in qualche modo introduce una possibilità di suicidio medicalmente assistito. Dove sta, allora, a mio parere, la negatività e la gravità dell’iniziativa assunta nella regione Veneto e, a mio parere, fortunatamente naufragata? Sta nel fatto che questa mentalità continua a essere proposta come se fosse una cosa buona, come se fosse un diritto e non è né l’una né l’altra cosa. Non è una cosa buona la morte, non è un diritto disporre della propria vita perché né noi stessi né gli altri possiamo essere padroni della nostra vita. Ma soprattutto è un modo, anche abbastanza subdolo, di tentare di allargare sempre di più una strada».

A dichiararlo, in una delle sue “Cartoline” (approfondimenti su temi e riflessioni pubblicate su YouTube) è il vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo monsignor Antonino Suetta, che prende spunto dalla recente vicenda che ha visto il consiglio regionale veneto bocciare la legge sul fine vita proposta dal presidente Luca Zaia (Lega).

«A volte noi diciamo: “Io non voglio fare questa cosa perché credo che sia sbagliata. Ma in uno stato laico e democratico non posso impedire che un altro lo faccia se lo vuole legittimamente per sé”. Ecco, il difetto di questo ragionamento sta nell’avverbio che ho usato ma che non corrisponde al vero: legittimamente – continua Suetta -. Nessuno legittimamente può disporre della propria vita o della vita altrui. E allora noi credenti, ma non solo noi credenti, ma tutti gli uomini di buona volontà e di sano ragionamento che sanno individuare dei valori veri, autentici, dei diritti reali che sono fondati sulla persona e sul diritto naturale, tutte queste persone sanno che noi dobbiamo adoperarci per una società giusta». «E la società giusta – spiega il vescovo – Non è quella che consente a ciascuno di fare quello che vuole, ma è la società che riconosce il bene comune, lo propone e lo tutela per tutti».

«La vita va rispettata sempre, in tutte le circostanze e va garantita anche una bontà, una bellezza, una qualità della vita», prosegue Suetta che tocca il tema delle grandi tragedie che affliggono la popolazione mondiale: le guerre, la fame, la mancanza di libertà. «Tutti questi sono attentati alla vita – dichiara – E tutte queste situazioni devono vedere il nostro impegno fattivo di promozione e di miglioramento. Ma ci sono dei punti in cui è la vita è ancora più fragile e chiede ancora di più attenzione e accoglienza. In modo particolare questi punti si concentrano all’inizio della vita, prima ancora della sua nascita, e al termine della vita, quando essa è chiamata a spegnersi, così come in tutti i momenti in cui la vita, in ragione della malattia o della precarietà fisica e psicologica, si fa più fragile e più esposta a rischi di soppressione»