«Solo Amadeus può succedere ad Amadeus», il maestro Gaetano Castelli ospite di Riviera24

27 gennaio 2024 | 07:30
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Lo scenografo televisivo del Festival racconta ai lettori la sua 22esima creazione all’Ariston: «Ho vinto un battaglia eliminando la scala centrale, l’ho sempre odiata».

Sanremo. «E’ stata la scenografia più difficile che abbia mai fatto e con soddisfazione posso dire che dopo 22 Festival sono riuscito a innovare ancora». Ha lo stesso entusiasmo con cui ha iniziato la sua carriera di scenografo in Rai, esattamente sessant’anni fa, il maestro Gaetano Castelli, numero uno in Italia e nel mondo tra i creatori di sogni visivi. Al suo quinto Amadeus consecutivo, Castelli, insieme alla figlia Chiara, sono gli artefici della scenografia della “kermesse” 2024, le cui immagini ufficiali sono state diffuse nei giorni scorsi al Tg1.

Ospite nello studio di Riviera24, il maestro si è concesso a una guida attraverso l’ultima creazione, offrendo uno sguardo esclusivo sul Festival a venire. Un evento che, salvo imprevisti, segnerà la conclusione della lunga collaborazione con Amadeus, al culmine di 5 edizioni di enorme successo.

«Quest’anno è stato particolarmente difficile proporre qualcosa di diverso, – ci spiega l’artista, pittore e docente -, Ho deciso di puntare tutto sulle curve e le prospettive. A casa arriverà un’immagine enorme, nonostante provenga da un teatro e non da uno studio televisivo. La scenografia che ho realizzato insieme a mia figlia Chiara è molto dinamica, avvolge il pubblico in sala e il palcoscenico. Una sensazione che proveranno anche i telespettatori».

Il simbolo che non c’è. «Un’altra cosa importantissima, finalmente sono riuscito a vincere una battaglia personale, quella dell’eliminazione della scalinata centrale. Io la odio, per un motivo molto semplice. Quando dalla regia inquadrano il cantante con il piano americano si vedono dietro i gradini. Le abbiamo provate tutte per nasconderli ma le linee orizzontali si notano sempre. Amadeus voleva di nuovo la scala che ha caratterizzato tanti Festival, un simbolo. Allora gli ho proposto un accordo: ne faccio due laterali però elimino quella centrale, al cui posto, mediante motorizzazioni, ho inserito una lingua che si solleva creando un ingresso importantissimo che genererà attesa sull’ospite. Un po’ come succede a teatro quando si apre il sipario e la scena si scopre poco alla volta».

«In questi 5 anni con Amadeus abbiamo voluto creare un format. Ci siamo detti: troviamo un filo conduttore che partendo dalla prima edizione ci porti attraverso un percorso di sviluppo. Quest’ultima scenografia è un po’ la sintesi di tutte le precedenti».

Palafestival? «Amo il teatro Ariston. E dopo 22 Festival non potrebbe essere diversamente. E’ uno dei teatri più grandi d’Italia. L’Ariston è difficilissimo da allestire. Per me la scommessa è cosa fare di nuovo avendo tante edizioni alle spalle, perché c’è il pericolo di ripetersi. Un problema diventato stimolante».

Capitale umano. «Quando è iniziata la mia carriera in Rai c’erano fino a 120 dipendenti tra macchinisti e pittori nel centro scene di Roma, lo dico festeggiando i sessant’anni da scenografo al servizio della televisione di Stato. In allora le scenografie venivano fatte tutte dall’interno. Mi ricordo di aver visto da ragazzo all’opera De Chirico, per dire che qualità aveva la Rai. La scenografia del Festival di quest’anno è stata realizzata con sole 9 persone più 2 decoratori interni Rai, gli eredi di una tradizione tramandata da nonno in padre in figlio. Io ho iniziato con i programmi che gli scenografi non volevano fare e piano piano sono cresciuto. Oggi questo non avviene più ed è un peccato. Abbiamo dilapidato un capitale umano che era un patrimonio e forse è troppo tardi per recuperarlo. Rai dovrebbe tornare ad assumere molti professionisti per ricominciare a produrre dall’interno le scenografie che ci hanno resi famosi in tutto il mondo. Stiamo perdendo i laboratori, i pittori decoratori, coloro che hanno fatto grande la scenografia italiana. Lo dico perché amo molto i giovani, una nazione che toglie i sogni ai ragazzi è destinata a morire».

Questo è il suo quinto Amadeus. Salvo colpi di scena sarà anche l’ultimo. Chi potrebbe raccogliere il testimone di tanto successo? «Nel futuro vedrei Stefano De Martino. Amadeus e Fiorello hanno fatto qualcosa di straordinario e se fossi un altro conduttore avrei paura a raccogliere il loro testimone. La forza di Amadeus è stata riuscire a intercettare i giovani. Giustamente ha portato le canzoni e gli interpreti attuali sul palco più importante della Paese. E’ stata la sua operazione più coraggiosa. De Martino è un volto giovane, sa cantare e ballare, ha voglia e ha un autore bravissimo che lo sta preparando, Riccardo Cassini. Io credo che in un prossimo futuro De Martino potrebbe condurre il Festival. Rimarrebbe la difficoltà grossa di trovare un direttore artistico del livello di Amadeus».

Mai dire mai. «Forse solo Amadeus può succedere ad Amadeus. Mi auguro un colpo di scena. Ancora ieri (il diretto interessato) mi ha confermato che questo sarà il suo ultimo Festival. Poi, poco dopo, ci siamo sentiti con Fiorello che scherza sempre e dice il contrario, che alla fine Amadeus farà anche il sesto. E’ una gag continua. Io spero che ci ripensi. Poi è chiaro. Se mamma Rai chiama, dice che ha bisogno, chiunque ci penserebbe un attimo prima di dire di no».