Cold case

Omicidio Sargonia Dankha, l’avvocato Rubino: «Oggi compiuto un primo passo. Fatta chiarezza su legittimità processo»

Ascoltati la mamma e il fratello della 21enne scomparsa 28 anni fa da Linköping, in Svezia

Imperia. E’ stata un’udienza fiume, quella che si è celebrata oggi in tribunale a Imperia nel processo che vede sul banco degli imputati Salvatore Aldobrandi: il pizzaiolo di 73 anni arrestato a Sanremo nel giugno scorso con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e dalla soppressione di cadavere di Sargonia Dankha, di 21 anni.

Un fatto accaduto 28 anni fa a Linköping, in Svezia. Era il 13 novembre del 1995, infatti, quando la ragazza scomparì nel nulla.
E oggi, grazie all’insistenza della famiglia di Sargonia, che non ha mai smesso di cercare la verità, a Imperia è iniziata l’istruttoria dibattimentale nei confronti di un uomo, Salvatore Aldobrandi, che per un anno e mezzo aveva avuto una relazione con la giovane.

L’udienza si è aperta alle 9,30 del mattino, con la richiesta, da parte dell’avvocato della difesa, di concludere il processo per una sollevata questione di non procedibilità. Istanza, questa, rigettata dalla Corte d’Assise di Imperia, presieduta dal giudice Carlo Indellicati.

«Non ci aspettavamo una richiesta estemporanea a inizio udienza di totale conclusione del processo per una presunta mancanza di condizioni di procedibilità che ha impegnato noi e la Corte – commenta l’avvocato delle parti civili, Francesco Rubino – Ma è stato un momento per fare chiarezza anche processuale sulla legittimità, che è stata ribadita pure oggi, della celebrazione del processo contro Salvatore Aldobrandi in Italia. Il tentativo di chiudere tutto oggi è andato vano, perché la Corte ha compreso quanto noi della parte civile e della Procura abbiamo riferito in relazione alla sussistenza o meno della condizione di procedibilità, a nostro parere assolutamente sussistente. Il processo è così andato avanti. Sono stati sentiti i testimoni le parti civili: la mamma di Sargonia e il fratello. Ovviamente ci sono state difficoltà non solo per un tema linguistico, ma anche perché essendo un fatto di ventotto anni fa, la memoria è quella che è. Oggi si sono dovuti ricatapultare in questa vicenda dolorosa, ma con molto coraggio. Erano previsti altri tre testimoni, che non abbiamo potuto sentire, ma che saranno sentiti alla prossima udienza essendosi resi disponibili a venire in Italia».

Oggi sono stati ascoltati la mamma e il fratello di Sargonia, Ghariba e Ninos Dankha. Erano giunti dalla Svezia altri tre testi della pubblica accusa, costituita dai pm Paola Maria Marrali e Matteo Gobbi. Per loro, però, non c’è stato tempo: dovranno tornare in aula il prossimo 10 gennaio.

Poi ci saranno altre testimonianze e si è paventata l’ipotesi di spostare la Corte in Svezia per agevolare le audizioni. «E’ una ipotesi che ha elevato il presidente – spiega l’avvocato Rubino – Ma che deve essere vagliata e valutata a seguito della celebrazione delle prossime udienze. Se continueremo a ricevere una grandissima risposta da parte dei testimoni, poi verrà l’esigenza di svolgere una parte processuale in territorio svedese. Speriamo che quanti più testimoni possibili riescano e possano venire in Italia per sottoporsi a un momento non semplicissimo».

Nel frattempo, con oggi, si è messo un punto fermo anche sul travagliato rapporto tra Sargonia e Aldobrandi. «Un rapporto documentato in tantissimi momenti dell’ultimo anno e mezzo di vista di Sargonia – conclude l’avvocato Rubino – Ma a dispetto di quesito rapporto travagliato nelle ultime settimane prima della scomparsa era felice, perché trovato un nuovo appartamento, aveva progetti per il futuro e non era in una fase di disperazione, che ci possa far pensare ad altri esiti di una scomparsa. Aveva passato il momento di turbolenza e ne stava uscendo, ma purtroppo non ne ha potuto godere».

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