Amore infinito

Bordighera, in 500 per salutare Niccolò Bosio: «Ha saputo vincere ogni paura» fotogallery

Il commosso ricordo del padre: «Niccolò è riuscito a creare una comunità. Non ha attraversato invano la sua vita, ma ha tracciato il solco»

Bordighera. «Niccolò è riuscito a creare una comunità. Non ha attraversato invano la sua vita, ma ha tracciato il solco. Era speciale, un ragazzo speciale. E’ entrato dentro il nocciolo della vita e ci ha insegnato molte cose. Ha parlato con la voce del silenzio. Ci ha insegnato a riparare ciò che all’apparenza sembrava irreparabile; ci ha insegnato a organizzarci; ha dettato lui i ritmi della sua e della nostra vita. Sono stati anni sereni».

Sono parole piene di riconoscenza, gratitudine e amore, quelle che Marco Bosio ha pronunciato, in un lungo discorso, al termine del funerale del proprio figlio, Niccolò, morto 14 d’anni dopo il grave incidente automobilistico in cui era rimasto coinvolto, quando ancora diciassettenne, passeggero sull’auto guidata da un amico, si è schiantato contro il cancello di accesso a una abitazione in via dei Colli.

Per oltre 14 anni da quella tragica notte, nell’aprile del 2009, Niccolò ha vissuto e combattuto, circondato dall’amore della sua famiglia: la mamma, dottoressa Elisabetta Barletta, il papà avvocato Marco Bosio, il fratello Luca, la sorella Greta, gli zii, i cugini e gli amici che non lo hanno mai lasciato solo. Come oggi: ad accompagnarlo nel suo ultimo viaggio terreno c’erano oltre cinquecento persone. Familiari, avvocati, forze dell’ordine, il magistrato Paolo Luppi, tanti sindaci e amministratori del territorio. E soprattutto tanti amici, compagni di scuola, di calcio e di vita, che hanno voluto salutarlo con due canzoni di Ligabue: “Una vita da mediano” e “L’amore conta”, scritto anche su un grande striscione, firmato “La tua tribù”.

Ad officiare la santa messa, nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Bordighera Alta, è stato il parroco don Luca Salomone: «Per un po’ di tempo sei stato colui che ha bruciato il tempo, portandosi avanti, facendosi davvero forza per gli altri, lievito come nella parabola di Gesù – ha detto il sacerdote nella sua omelia -. Sei stato così capace di rimanere riferimento, anche quando il progetto della tua vita, che nessuno di noi conosce nel proprio esistere, ha preso una forma diversa, completamente diversa. Ma ciò che avevi pensato, amato, colto della vita, ciò che la tua famiglia, i tuoi genitori, donandoti anche la fede del battesimo, tu hai saputo davvero vincere ogni paura, e guardando negli occhi gli altri hai saputo trasmettere te stesso. Questo sguardo che si è visto sempre in lui anche nella realtà nuova della sua storia, una sguardo che davvero riusciva a coglierci, a dirci, a incoraggiarci. Noi andavamo a lui, ma era lui che veniva a noi».

Il parroco ha ricordato come Niccolò, nei suoi sguardi, «abbia saputo far vivere l’esperienza dell’eterno presente. Ha affrontato con grande coraggio questo cammino, questo progetto, insieme ai suoi cari». «Il nostro grazie – ha concluso – Diventa un incoraggiarci, da parte di Niccolò, a non aver paura di ciò che ci accade, ma di saper affrontare sempre con questa forza che l’esperienza dell’amore condiviso ci dona».

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