Bordighera, il Consiglio di Stato dà ragione al Comune: respinto il ricorso di Amarea

1 dicembre 2023 | 19:45
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Bordighera, il Consiglio di Stato dà ragione al Comune: respinto il ricorso di Amarea

La decisione della suprema corte è arrivata il 3 ottobre scorso, ma la sentenza è stata pubblicata soltanto nella giornata di ieri

Bordighera. La sezione settima del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dalla società Amarea s.r.l., difesa dagli avvocati Mario Sanino, Silvia Sciandra ed Emanuele Bertolin, contro il Comune di Bordighera e l’Agenzia del Demanio, che avevano richiesto la rimozione del prefabbricato che attualmente ospita il ristorante antistante la Rotonda di Sant’Ampelio e ai quali già il Tar ligure aveva dato ragione.

La decisione della suprema corte è arrivata il 3 ottobre scorso, ma la sentenza è stata pubblicata soltanto nella giornata di ieri.
I giudici hanno anche condannato la società Amarea a rifondere al Comune di Bordighera 4mila euro di spese di giudizio, oltre alle spese generali.

Nella sentenza del Consiglio di Stato si legge: «Condividendo il ragionamento del Tar, il Collegio ritiene che sussistevano inconfutabilmente i presupposti giuridici e fattuali per lo sgombero e la rimozione in pristino dell’area, dal momento che per “fine lavori” deve intendersi la ultimazione delle opere ai sensi e per gli effetti del Testo unico dell’edilizia. Nella specie, i lavori risultavano conclusi alla data del 26 marzo 2021 e ciò emerge in via documentale dal verbale sottoscritto dall’impresa esecutrice dei lavori, dal direttore dei lavori e dal responsabile del procedimento».

E ancora, sulla fine dei lavori per la realizzazione della nuova rotonda di Sant’Ampelio: I giudici «Non colgono nel segno, inoltre, le argomentazioni con cui la società ricorrente tenta di sostenere la tesi che la ‘fine lavori’ non si sarebbe nella sostanza mai verificata perché i locali sarebbero di fatto inidonei all’uso convenuto – si legge -. Va infatti osservato che un conto è il dato formale e documentale rappresentato dalla avvenuta fine dei lavori, che è incontestatamente avvenuta, e un altro conto sono le controversie civilistiche che possono sorgere fra le parti private circa l’effettiva rispondenza dei lavori eseguiti dalla ditta esecutrice ai desiderata della società appaltatrice degli stessi. Sotto questo profilo, nessuna rilevanza rispetto alle sorti del titolo autorizzatorio può rivestire detta controversia, non potendo l’atto amministrativo dipendere da un evento imprevedibile e di incerta risoluzione, che in sostanza varrebbe a trasformarlo in un titolo sine die, snaturando la sua funzione di autorizzazione interinale al mantenimento della struttura precaria soltanto fino alla ‘fine lavori’ documentata».