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Uomini che odiano le donne, dagli anni Cinquanta del Novecento ad oggi: i delitti in provincia di Imperia

25 novembre 2023 | 07:15
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Uomini che odiano le donne, dagli anni Cinquanta del Novecento ad oggi: i delitti in provincia di Imperia

Età ed estrazione sociale diversa: l’unica cosa in comune tra le vittime è l’essere donne

Sanremo. Le donne non hanno mai smesso di morire per mano degli uomini. Nemmeno quando il “femminicidio” era un delitto ante litteram, perché ancora uccidere una donna era considerato semplicemente “omicidio”: come se la questione dell’essere donna, in quella situazione di vittima, non fosse dirimente, non fosse l’essenza stessa del delitto.

Anche in provincia di Imperia, così come nel resto del mondo, è lunghissimo l’elenco delle donne ammazzate da un uomo: un compagno, un familiare, un ex, una persona che si era invaghita di loro e che, se non poteva averle, allora tanto valeva le uccidesse, in modo che non fossero di altri. Come se la vita, specie quella di una donna, possa essere decisa da terzi. Come se la vita di una donna, che è figlia, sorella, madre, moglie, valesse meno di quella di un uomo.

I più recenti casi di cronaca che vedono vittima una donna sono ancora freschi nella memoria collettiva. L’ultima vita spezzata, in provincia di Imperia, è quella di Sharon Micheletti, 30 anni, uccisa con un colpo di pistola alla testa il 13 giugno del 2021, in via Tenda a Ventimiglia da Antonio Vicari, di 64 anni. Un uomo dal passato tumultuoso che la giovane aveva frequentato anni prima. Subito dopo aver ucciso Sharon, il 64enne è scappato nel greto del fiume Roja e si è ucciso. 

Due mesi prima della morte di Sharon Micheletti, a Rocchetta Nervina era stata uccisa Tina Boero, 80 anni. Sgozzata dal marito Fulvio Sartori, 81 anni. Era l’alba del 19 aprile 2021. L’anziano, forse colto da un raptus, ha ucciso pure la cagnolina Luna e poi ha tentato di tagliarsi le vene, ma è stato salvato e arrestato per l’omicidio della moglie.

A uccidere Palma Agostino, 71 anni, era invece stato il fratello Vincenzo. Era il 21 gennaio del 2019, a Taggia, quando i carabinieri, entrando nella casa dove abitavano i due, trovarono il corpo straziato della donna, ammazzata a colpi d’accetta. Alla base del delitto, i problemi di convivenza tra i due fratelli. All’uomo, durante il processo, sarà riconosciuta la parziale infermità di mente.

E’ il 26 dicembre 2012, quando a Borghetto San Nicolò, frazione di Bordighera, Santino Putrino, 45 anni, uccide a colpi di fucile le sorelle Olga (51 anni) e Franca Ricchio (54): rispettivamente moglie e cognata dell’assassino. Lo stesso Putrino, dopo aver compiuto il duplice omicidio, rivolgerà l’arma contro se stesso: morirà il 3 gennaio, in un letto d’ospedale. La moglie Olga lo aveva lasciato e si era trasferita dalla sorella in attesa della separazione. E’ qui che l’uomo si reca nel tentativo di convincere la donna a tornare con lui. Ma al suo rifiuto, imbraccia il fucile e spara, ammazzando anche Franca che si era messa in mezzo per difendere la sorella.

Torniamo a Ventimiglia, in frazione Calvo. E’ il 14 dicembre 2007 quando Nicolino Corsaro uccide la moglie Carmelina Gagliardi, 49 anni, freddata con due colpi di fucile. L’uomo, condannato in primo grado all’ergastolo, ha visto poi la pena diminuire a 17 anni e 4 in Appello.

Il 2007 è anche l’anno della morte di Antonella Multari: morte divenuta tristemente nota perché proprio dopo il delitto della commessa di 32 anni, in Italia verrà introdotto il reato di stalking. Ad uccidere Antonella, con 40 coltellate in via Volta, a Sanremo, è stato Luca Delfino. L’aveva seguita, pedinata, attesa. E il 10 agosto, all’uscita del centro estetico dove la giovane si era recata, l’ha assalita. Non accettava che Antonella lo avesse lasciato. Condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione, Delfino ha recentemente lasciato il carcere ed è stato trasferito in una Rems di Genova, dove resterà finché sarà considerato socialmente pericoloso.

Un’altra donna, un’altra vita spezzata. E’ quella di Ornella Marcenaro. La donna muore strangolata il 21 dicembre del 2001 per mano di Nadhir Garibizzo, fino a quel momento considerato un uomo rispettabile. Un medico che, pochi giorni prima del natale, uccide la sua amante nello studio di via Bonfante, in pieno centro a Imperia, per poi occultarne il cadavere in un baule e abbandonarlo vicino a un casolare di Aurigo. Condannato a 15 anni in primo grado, con pena poi ridotta a 12 anni, Garibizzo aveva scontato la sua pena (anche grazie a buona condotta e indulto). Radiato dall’ordine dei medici, però, una volta libero aveva tentato di uccidere un bimbo di otto anni, figlio del suo avvocato, per vendetta. Tornato in carcere per questo, si ucciderà nell’agosto del 2018.

Il 24 aprile del 2001 a Sanremo viene uccisa con sei coltellate Noemi Ciceri, 36 anni. L’assassino è Giuseppe Spataro, arrestato pochi minuti dopo il delitto da una volante della polizia, che lo ha fermato in corso Cavallotti. Il femminicidio al culmine di una lite tra i due, che per anni avevano vissuto insieme. Lei lo stava cacciando di casa, un’altra volta. Lui non poteva accettarlo: ha afferrato un coltellaccio da cucina e l’ha colpita, dritto al cuore.

La più giovane vittima che si ricorda nell’Imperiese è Hagere Kilani, quattro anni per sempre. Stuprata e uccisa il 18 agosto del 2000 a Imperia da un uomo che conosceva, perché abitante al Parasio, poco lontano da casa sua: Vasile Donciu. Un romeno ventenne che, dopo il delitto, è riuscito persino a tornare in patria, dove ora sta scontando una condanna a 25 anni di carcere.

E’ il 18 aprile del 1998 quando un treno Intercity partito da Genova, porta a Ventimiglia il corpo di Maria Angela Rubino, abitante proprio nella città di confine. A uccidere la 32enne fu il serial killer Donato Bilancia, poi condannato a 13 ergastoli per 17 omicidi e morto di covid in carcere il 17 dicembre 2020. «Io ero nel corridoio davanti alla toilette – dirà Bilancia durante un interrogatorio – E la signora è arrivata sempre con la borsa. Dalla mia posizione potevo vedere la porta della toilette. Ho visto arrivare la signora. E’ entrata nel bagno, ho aspettato qualche minuto e poi sono entrato con questa chiave, la solita. Ho aperto la porta all’improvviso e l’ho colpita subito alla testa, prima che si rendesse conto di quello che le stava accadendo. Solitamente, quando una donna va in bagno, se ha una giacca se la leva e la lascia lì appesa da qualche parte. Ho preso la giacca, gliel’ho messa in testa e le ho sparato».

E’ stata uccisa in una villetta a Ospedaletti, Maria Teresa Lapa. Era il 14 ottobre 1992. L’assassino è il suo convivente, Vincenzo De Blasi, che subito dopo il delitto verrà ricoverato nel reparto di Neurologia ad Imperia, in preda a uno choc emotivo. La donna venne massacrata al termine di una lite.

Quello stesso anno, il 1992, morirono per mano di un uomo altre quattro donne: nel mese di aprile, perde la vita la giovane polacca Violetta Chalasz, assassinata con tre colpi di pistola alla schiena nella sua abitazione a Pontedassio. A sparare era stato il suo ex convivente, Antonio Curcas, che aveva tentato per l’ennesima volta di riconciliarsi con lei, ma era stato respinto.
Il 22 marzo ad Arma di Taggia, ad essere ammazzata con sei martellate alla testa, era stata Giuliana Beghello, 42 anni. Ad uccidere la donna sono stati la figlia 17enne Emanuela Del Monte, e il fidanzato di 23 anni, Renato Cominelli.
A Sanremo, quell’annus horribilis, vennero uccise a Sanremo: Wanda Rovatti, 53 anni, ex ballerina di night club e Annie De Sitter, 49 anni. La prima venne colpita al capo con violenza, probabilmente con un posacenere; Annie venne raggiunta da decine di coltellate.

La notte di capodanno viene uccisa, in un portone di via Veneto, a Ventimiglia, la 26enne Giuseppina Sola. Assistente sociale originaria di Vallecrosia, la giovane stava rincasando, quando nell’androne del palazzo ha trovato il suo assassino. Un giovane uomo, Giuseppe Corsaro, 24 anni, che poco dopo confesserà il delitto. Lei lo avrebbe visto masturbarsi nell’atrio dello stabile, lo ha redarguito. Lui l’ha uccisa con tre coltellate.

E’ il 16 aprile del 1982: Maria Dammacco, 52 anni, viene uccisa dall’uomo con cui aveva avuto una relazione sentimentale, ma che voleva lasciare. All’ennesimo rifiuto, Paolo Monaco, idraulico cinquantenne, l’accoltella all’addome, per strada, a Imperia. I carabinieri lo trovano così, abbracciato al corpo della donna in viale Matteotti. «Maria non mi voleva più, per questo l’ho uccisa», dirà l’uomo durante il processo.

Novembre 1978. «L’ho uccisa perché mi tradiva». A parlare è Giovanni Scarato, 82 anni di Cosio d’Arroscia. Ha ucciso la moglie Francesca, 69 anni, spaccandole la testa con due martellate e poi tagliandole la gola con un falcetto.

E’ ancora la gelosia il movente di un delitto avvenuto a Diano Borello il 4 dicembre del 1979. Paolo D’Amico, 39 anni, uccide con una fucilata la convivente Paola Maria Gomba, 40 anni, in strada, dopo un litigio.

«Era la donna della mia vita». Per questo l’ha uccisa. E’ il 27 aprile del 1972 quando Enrico Mattei, 35 anni, uccide l’amante Pasqualina Mazzoni, 25 anni, detta Stella. La donna, per andare a convivere con quell’uomo che diventerà il suo assassino, aveva lasciato il marito. «E’ la prima donna della mia vita, la amo perdutamente», aveva confessato Mattei al marito dell’amante, che conosceva. I giornali dell’epoca descrivono la vittima come una donna «vistosa ed esuberante», che «voleva vivere la sua vita». Un atteggiamento che entrò subito in contrasto con Mattei «che aveva concentrato su di lei tutto il suo amore e la sua gelosia». Fino al punto di ucciderla «per non perderla», come confesserà l’uomo, che rimase 24 ore a vegliare il cadavere della donna che aveva strangolato.

20 maggio 1965, Imperia. Giuseppe Briguglio, 28 anni, uccide sotto le logge del convento di Santa Chiara la moglie Rosetta Montalbano, di 18 anni, incinta di 8 mesi, a colpi di accetta. Al processo dirà che lo aveva fatto perché sospettava di essere stato tradito. «Rosetta amava il suo ex fidanzato e non me», dichiara alla corte. Per l’accusa, però, il movente era un altro: il manovale voleva liberarsi ad ogni costo della giovane moglie e del figlio che portava in grembo. Un testimone sentito in aula dalla Corte d’Assise dirà: «La condotta della giovane è apparsa ineccepibile. Ella voleva bene al marito. I due avevano fatto un matrimonio d’amore, il padre è risultato un uomo onesto, dedito alla famiglia».

«Ho ucciso Vincenzo perché ha tradito la fiducia. Ho ucciso mia sorella perché sapevo che suo marito l’avrebbe abbandonata. E una donna abbandonata non può vivere senza continuare a sporcare il suo nome, che adesso, dopo la sua morte, è ancora un nome onorato». Così Antonio Marasco, ventenne di Rosarno Calabro, dirà ai giudici della Corte d’Assise di Imperia per spiegare il motivo che lo aveva portato ad ammazzare, a Vallecrosia, la sorella Rosina di 28 anni (che con il marito si era trasferita nel vicino paese di Soldano) e il presunto amante di lei, Vincenzo Marasco. Nel tentativo di evitare che il nome di famiglia venisse infangato, il 10 luglio del 1958, Antonio prese un treno dalla Calabria e scese alla stazione di Vallecrosia. Con sé aveva una valigetta contenente un solo oggetto: una pistola calibro 7,65. L’arma del delitto.

Nell’aprile del 1954 Maria Parodi viene assassinata in via Novero, a Sanremo. Aveva 48 anni, l’hanno trovata con il cranio fracassato. Sui giornali dell’epoca si parla di un sospettato, ma non ci sono certezze. Probabilmente l’assassino di Maria non ha mai pagato per il suo crimine.