Il retroscena

Omicidio tra nigeriani a Ventimiglia, spunta l’ipotesi della legittima difesa

Una telecamera di videosorveglianza ha ripreso la scena: ora è al vaglio della procura

Ventimiglia. Potrebbe esserci una svolta nell’omicidio avvenuto la sera del 14 ottobre scorso in piazza Cesare Battisti a Ventimiglia, quando il nigeriano Omonke Okoedio ha ucciso, con un coccio di vetro che gli ha reciso la carotide, Peter Enajeto, suo connazionale di 33 anni.

Il gesto potrebbe essere dovuto alla legittima difesa. E’ quanto emerge dall’esame del filmato del circuito di videosorveglianza del bar all’interno del quale i due nigeriani hanno iniziato a litigare dopo aver bevuto insieme un caffè. Nelle immagini, al vaglio della Procura di Imperia, si vede che il primo ad attaccare è stato Enajeto, che sembra aggredire il rivale all’addome con dei cocci di bottiglia.

A dimostrarlo questa ipotesi ci sono anche le ferite riportate dallo stesso omicida, ricoverato all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, dove è stato sottoposto a due interventi chirurgici durante i quali i medici gli hanno estratto frammenti di vetro, che hanno rischiato di lesionargli la pleura, da addome e torace.

Anche se l’esito dell’autopsia non è ancora stato reso noto, per l’avvocato Mattia Caruso, legale di Okoedio, ci sarebbero gli esterni per rivendicare la tesi della legittima difesa. Al momento, comunque, l’avvocato della difesa non ha presentato richiesta di Riesame per il suo assistito.

Il grave fatto di sangue si è consumato in circa dodici minuti. Sono le 19.14 quando la vittima colpisce, per primo, il rivale dentro al bar. Okoedio a questo punto finisce contro il muro: reagisce e colpisce Enajeto, che a un certo punto si stringe le mani alla gola. Alle 19.26 verrà trovato riverso su una sedia, morto dissanguato. Almeno due i testimoni del delitto: una donna e un uomo, che hanno assistito alla scena.

«Nel caso l’omicidio fosse avvenuto all’interno del locale – afferma l’avvocato Fabio Scaffidi Fonti, legale della titolare del bar – Siamo dispiaciuti per la vittima, ma in ogni caso la mia assistita è totalmente estranea ad ogni qualsivoglia responsabilità. Il bar era aperto e gli avventori potevano entrare e uscire dallo stesso».

A rappresentare i familiari della vittima, invece, è l’avvocato Ersilia Ferrante.