Sanità pubblica?

La Cardiologia di Imperia perde il primario. I medici chiedono l’accorpamento

In pensione dal prossimo mese il dottor Roberto Mureddu, da 15 anni colonna portante del reparto

Generico novembre 2023

Imperia. La Cardiologia dell’ospedale di Imperia perderà il prossimo mese una delle sue colonne portanti. Si tratta del primario della struttura, Roberto Mureddu, da circa 15 anni in servizio nel nosocomio del capoluogo, per 9 facente funzione e nell’ultimo biennio promosso ufficialmente alla direzione del reparto.

Con l’uscita da Cardiologia di Mureddu, l’ospedale di Imperia rimarrà con soli 5 dirigenti medici di ruolo (alcuni dei quali anziani e vicini alla pensione), a fronte di un fabbisogno stimato in 13 unità. La differenza viene sopperita da una sfilza di gettonisti a cui l’Asl1 è dovuta ricorrere, qui come altrove, per scongiurare la chiusura. Un copione già visto a Ponente. Non va tanto meglio a Sanremo, dove il primario Fabio Ferrari si trova a dirigere un’equipe d’eccellenza composta di 7 dirigenti medici costretti ad affrontare turni più duri dei colleghi imperiesi, dovendo garantire la reperibilità 24 ore su 24 per l’Emodinamica attiva al Borea.

Stando a quanto si apprende, la direzione sanitaria che fa capo al dg Luca Stucchi non ha ancora preso una decisione ufficiale sul futuro della Cardiologia, della sua direzione e su come organizzare il lavoro dei due reparti scissi a Imperia e Sanremo. Voci di corridoio dicono che molti dei medici di ruolo vorrebbero che venissero accorpati in un unico ospedale, da dove si potrebbe garantire un servizio di qualità senza ricorrere alle cooperative.

La questione è sempre lo stessa ed è più politica che di logica manageriale. Quale città dovrebbe rinunciare al proprio reparto? Alla domanda risponde in maniera emblematica il caso del punto nascite della Città dei fiori. Prima del Covid avrebbe dovuto essere l’unico della provincia. Con la pandemia è stato trasferito nell’ospedale di Imperia, da dove, fino a qualche mese fa, sembrava non dovesse più fare ritorno. Peccato che sulle sale parto del Borea la sanità regionale ha investito oltre 3 milioni di euro per rifarle. Non mandarci nessuno sarebbe stato uno spreco.

E così, tra una scaramuccia e l’altra, la Regione ha deciso: due punti nascite in due strutture. Poco importa se non ci sono i medici per tenerli aperti e i concorsi vanno deserti, basta tirare fuori il portafoglio e assicurarsi i servizi dei gettonisti delle cooperative, anche se alla sanità pubblica costano tre volte un dirigente medico assunto a tempo pieno. Come recitava uno dei più famosi slogan di fine anni ’90: “Ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c’è Mastercard”.

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