Omicidio a Ventimiglia, parla la titolare dell’Anthony bar di piazza Battisti
Da mesi la donna aveva chiesto un bidone con serratura per i contenitori del vetro
Ventimiglia. «Come titolare dell’Anthony Bar, vicino al quale è successo il fatto di sabato notte, sono dispiaciuta per l’accaduto e resto a completa disposizione delle autorità inquirenti». E’ ancora scossa per quanto vissuto, Serena Mudadu, la titolare del bar di piazza della Stazione davanti al quale, intorno alle 19,30 di sabato, un giovane nigeriano ha ucciso con un coccio di bottiglia un suo connazionale di 32 anni, Peter Enajeto.
Assistita dal suo legale, l’avvocato Fabio Scaffidi Fonti, la donna precisa: «All’interno del bar non sono stati somministrati alcolici ai due ragazzi, ma solo due caffè». Mudadu non era presente al momento del fatto, c’era però la madre dietro al bancone. La donna, spaventata, ha chiamato la polizia non appena i due hanno iniziato a litigare, già fuori dal bar.
Dove i nigeriani abbiano trovato la bottiglia di vetro utilizzata per colpirsi a vicenda, e poi divenuta arma del delitto, non è certo. Vero, però, è che il locale era in chiusura, per cui all’esterno dell’Anthony Bar era già stato posizionato il bidone per la raccolta differenziata del vetro. Dall’incontro con la titolare emerge un particolare: «Il 24 maggio scorso, avevo fatto richiesta, inviando una mail alla Teknoservice (la ditta che si occupa dell’igiene urbana nel comprensorio intemelio, ndr), di poter ricevere un bidone più grande e chiuso da una serratura, vista la situazione in città, ma non ci hanno mai risposto». Forse, se il bidone fosse stato chiuso a chiave, come era in passato, oggi non si piangerebbe un morto di 32 anni.
Sui due nigeriani dice: «Erano all’interno del bar, hanno preso entrambi un caffè, pagato dal presunto assassino. Non erano clienti abitudinari, venivano ogni tanto, il tempo di un caffè e andavano via. Li vedevo sempre insieme». Erano amici? «Può essere, visto che, appunto, erano insieme, però non so di cosa parlassero perché, tra loro, parlavano sempre nella loro lingua».
L’Anthony bar è stato sequestrato dalla polizia per gli accertamenti del caso, ancora non si conosce una data per la riapertura: «Faremo richiesta di dissequestro del locale non appena gli inquirenti avranno svolto tutte le verifiche necessarie per appurare la dinamica dei fatti», precisa l’avvocato Fabio Scaffidi Fonti.