Combattimenti tra cani, nel processo a Imperia lette le agghiaccianti indicazioni per “potenziare” gli animali

24 ottobre 2023 | 18:43
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Combattimenti tra cani, nel processo a Imperia lette le agghiaccianti indicazioni per “potenziare” gli animali

«40 giorni prima, fare 2 centimetri cubi di Nandrolone (sostanza dopante, ndr), che va fatto con la cagna appesa»

Imperia. «Purificazione del cane: tè verde, caffè, una mela ogni mattina». «Non deve mai bere acqua». «Camminata massimo un’ora al dì». «Aumentare il mangime se il cane perde troppo peso». «40 giorni prima, fare 2 centimetri cubi di Nandrolone (sostanza dopante, ndr), che va fatto con la cagna appesa». Sono alcune delle “prescrizioni” contenute nel “Kit per la Bibi”: un foglio scritto a mano, sequestrato dagli investigatori, e portato come prova nel processo che vede sul banco degli imputati Maurizio Accardo (difeso dall’avvocato Alessandro Mager), Stefano Bassanese (avvocato Giovanni Passero) e Maurizio Vicinanza (avvocati Angelo Panza e Anna Rossomando), accusati di associazione per delinquere finalizzata al maltrattamento di animali e all’organizzazione di combattimenti tra cani nell’ambito di un’inchiesta, coordinata dal pm Barbara Bresci, e condotta nel 2015 dalla squadra mobile di Imperia.

Per gli altri otto imputati il collegio di Imperia, presieduto dal giudice Carlo Indellicati, ha pronunciato oggi sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

Oggi, nell’aula Trifuoggi del tribunale di Imperia, si è aperta l’istruttoria dibattimentale del processo con l’audizione del primo dei testi dell’accusa: l’ispettore di polizia, all’epoca dei fatti in servizio presso la sezione investigativa del commissariato di Ventimiglia  che, per primo, si occupò delle indagini.

Era il 5 novembre del 2015, quando l’attività investigativa portò l’ispettore e la sua squadra sulle alture di Vallecrosia: ai poliziotti, infatti, era giunta notizia di un presunto allevamento di cani che venivano addestrati per combattere. Ristretto il cerchio intorno ai possibili autori dei maltrattamenti, gli agenti si recano in una campagna nei pressi di Vallecrosia Alta. Qui trovano due terreni adiacenti che ospitano diverse gabbie e cani. «Vicino ad una abitazione di proprietà di Maurizio Accardo c’erano diverse gabbie e 13 cani, quasi tutti senza microchip e con numerose cicatrici sulla testa e sugli arti anteriori. Si è così fatta strada l’ipotesi di combattimenti cani». Sul posto viene chiamata, per un sopralluogo, anche l’Asl veterinaria e la polizia scientifica, che fotografa gli animali.

Nella seconda area, di proprietà di un’altra persona, ci sono tre cani adulti (un dogo argentino, un pitbull e un meticcio di pitbull) e due cucciolate, la prima di nove meticci di pitbull, l’altra con sette cagnolini di razza dogo argentino. A insospettire gli investigatori è la mutilazione alla orecchie, che risultano tagliate, del dogo argentino adulto.

I poliziotti entrano nell’abitazione di Accardo e sequestrano diverso materiale sanitario, tra cui kit per suturare le ferite, kit da insulina per la somministrazione di medicinali, quattro siringhe per inoculare i microchip (dispostivi medici che i privati non potrebbero detenere), sostanze dopanti (come il Nandrolone) e, appunto, fogli manoscritti con programmi per l’allenamento e il potenziamento dei cani.

Vengono trovati, e sequestrati, due tapis roulant con delle catene sui quali, come si vede in un video contenuto nel telefono cellulare di uno degli imputati, il cane viene fatto salire, legato, e costretto a camminare per diverso tempo.

L’insieme del materiale sequestrato, la tipologia di cani, tutti molossi, e le ferite che questi mostrano sul corpo, portano gli inquirenti a ipotizzare che gli animali venissero impiegati per combattimenti clandestini. Da qui scattano le successive indagini della Squadra Mobile della Questura di Imperia. Teste chiave del processo sarà proprio l’ex dirigente della Mobile, Giuseppe Lodeserto (ora a Livorno), che tornerà a Imperia il prossimo 28 novembre per ricostruire le indagini che hanno portato al processo.