Lucia Scajola si racconta tra politica, giornalismo e progetti

23 settembre 2023 | 07:26
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Lucia Scajola si racconta tra politica, giornalismo e progetti

«Essere “figlia di”: questa responsabilità mi ha portato a vivere con maggiore prudenza, a chiedere sempre per favore, a stare più defilata»

Imperia. L’abbiamo vista sul palco delle Vele d’Epoca in veste di organizzatrice nella presentazione del libro dell’onorevole Pierferdinando Casini, con Roberta Pinotti e Roberto Arditti, a due poltrone di distanza da un altro onorevole, suo padre. Lucia Scajola è una giornalista di Mediaset, ha scritto per Panorama ed altre importanti testate. Da sempre dietro i riflettori della vita virtuale e reale imperiese, raramente è salita in prima persona sul palco, se non per svolgere il suo lavoro.

Se per la maggior parte delle persone è una giornalista, ad Imperia, considerato il ruolo del padre, per molti è soprattutto “la figlia di” e raramente è intervenuta a riguardo. Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi ce lo racconta direttamente lei, in una intervista che esula dalla dimensione politica e che si concentra sulla dimensione personale, che spesso, non si sa perché, viene messa da parte. «Francamente, grazie a Dio, tendo a dimenticare che accada ancora che io sia individuata come la “figlia di”. Ho la mia personalità, la mia dimensione, le mie sicurezze personali. Anche perché non sono -purtroppo- più una ragazzina. Se mi poni questa domanda, e non è scontato, è perché intuisci anche gli aspetti negativi della faccenda. Allora ti rispondo sinceramente. Al netto di esperienze incredibili, positive e negative, che hanno riempito e formato il mio sguardo e dato parecchia forza alle mie gambette, ho individuato forse il vero limite della situazione: questa responsabilità mi ha portato a vivere con maggiore prudenza, a chiedere sempre per favore, a stare più defilata, a muovermi sapendo che c’è sempre qualcosa che bisogna farsi perdonare… E questo è un freno interiore».

Crescere tra politica e cultura della politica, dove a cena a casa poteva esserci Silvio Berlusconi, la figlia di Alcide De Gasperi, il presidente Nicolas Sarkozy o persone che normalmente gli altri vedevano, mentre cenavano, al telegiornale. Quanto ha influito sulle tue scelte di vita e cosa volevi fare da grande, quando eri bambina? «Tantissimo. Non mi era chiarissimo in che veste, e forse fino in fondo non mi è chiaro nemmeno oggi, ma tutti questi stimoli mi hanno subito reso chiaro che volevo stare dove accadono le cose. Era ed è naturale vivere dentro l’adrenalina. Capire il flusso degli eventi. Anche stando zitta. Confesso che mi interessa di più vedere e capire fino in fondo che non raccontare. E sicuramente anche questo “modus” è frutto della mia formazione».

Stare dietro le quinte di un comizio o di fronte un pubblico per un evento importante. Il tuo obiettivo è sicuramente che tutto vada bene. Ma chi è più agitato in queste situazioni? «Non ho capito se questa domanda sia riferita al mio lavoro o al mio”ruolo” nella vita famigliare. Ti rispondo dicendo che organizzare grandi eventi a forte impatto comunicativo, possibilmente politico, è la mia passione. Ma se lo fai guidata dall’amore o da un’adesione ideale, per me, è la sublimazione assoluta. Un mio stimatissimo ex capo diceva “tu tieni le fila”. Non so se sia un mestiere, sicuramente è un pezzo del carattere perché, con altre parole, lo dice anche mamma».

Tu scrivi per lavoro. Cosa provi però a leggere i giornali, al mattino quando fai colazione, in pausa pranzo, alla sera prima di andare a dormire sapendo che direttamente indirettamente qualcosa che ti riguarda non manca mai? «Dalla domanda noto, ancora, un’affettuosa attenzione alla mia “appartenenza”. Onestamente, oggi leggo le cose di cui mi devo occupare per lavoro. Per diletto mio, a prescindere, parto comunque dai pezzi politici, e poi vado sulle cose che potrebbero riguardarmi più direttamente in ambito domestico. Per tantissimi anni, in effetti, l’ordine era invertito. E’ stata una grande scuola, anche professionale».

Quando si parla male di qualcuno, gli si da importanza, a prescindere che quello che si dica sia vero o infondato. Dicono che una strategia per sopportare gli heaters, i commentatori compulsivi e la cattiveria non sia ignorarli ma dire “grazie” per avermi messo sotto i riflettori anche oggi. Cosa ne pensi? «Che spero che la domanda non mi riguardi! Per quello che mi è capitato di vivere, credo che le soluzioni migliori per la serenità dell’uomo stiano nel Vangelo: perdonare, se non proprio porgere l’altra guancia, e guardare in alto. Sotto i riflettori, ammesso che sia bello starci, meglio finirci per meriti».

Hai citato il Vangelo. Quanto è importante le fede nella tua vita? «Più che la fede nella mia vita è ed è stata essenziale una profonda educazione cristiana. Nel Vangelo, a mio avviso, c’è la bussola per la vita serena. Immedesimarsi nel prossimo, perdonare, distaccarsi dalla materia, riflettere costantemente sulla misericordia, sul fatto che si vive per qualcos’altro… scacciano l’invidia, l’ansia da prestazione del qui e ora, la vendetta. Che sono tra le minacce peggiori dell’ego. E, più egoisticamente, della serenità».

Nel tuo lavoro hai ascoltato e scritto i pensieri di tante persone influenti. Da dittatori, a registi, a stilisti. Qual è l’articolo che non hai mai (per adesso) scritto a che tieni in un cassetto? «Non esageriamo… a prescindere da quello che ho fatto, mi piacerebbe trovare la formula di raccontare e dare sfogo a chi sta in carcere. Non è un tema che ha molto mercato ed io ho fatto solo tre interviste da quella condizione. Ma mi hanno dato grande gratificazione umana. Forse perché mi stanno più a cuore le persone delle notizie in sé».

La tua vita lontana da Imperia è da sempre giornalismo e lavoro. Hai rivestito posizioni di rilievo in testate nazionali. C’è ancora bisogno per le donne di sentirsi quasi obbligate a essere più preparate dei colleghi maschi? «Il maschilismo esiste in tutta la società. Dirò però una cosa impopolare: sicuramente con maggior fatica, sta anche alle donne meritarsi il rispetto. In alcuni casi, i nostri comportamenti assecondano dinamiche sbagliate a svantaggio di tutto e di tutte».

Tuo padre è il politica dal 1980, tu da quanti anni? «A dire il vero, mio padre fa politica dal ginnasio… e corre ancora a 75 anni. Quando sono nata era il più giovane sindaco di città capoluogo di provincia… e poi una vita intera che andrebbe ricapitolata in un libro. Siamo una famiglia super unita: la politica è stata concretamente da sempre il piatto principale di ogni giornata. In teoria e pratica. Lui ha fatto scuola. Prima di tutto in casa».

Non è la prima volta che parli di un libro su tuo padre, quale sarebbe il titolo perfetto? «Ci penseremo… anche perché ha avuto una vita cosi piena e variopinta che ogni capitolo fa titolo. Ci vuole tempo, serenità e memoria».

(Nella foto a sinistra Lucia Scajola, con il padre e sindaco di Imperia Claudio, il fratello Pier Carlo e la madre Maria Teresa Verda)