Storia della pallapugno, a Pieve di Teco si gioca dal 1700
Un legame indissolubile tra il piccolo borgo medievale e il gioco del balùn
Pieve di Teco. Pallapugno mon amour, uno sport che si gioca sin prima del 1700. Un legame indissolubile tra il piccolo borgo medievale e il gioco del balùn. Ancora oggi uno degli sport più seguiti in paese dove ad ogni partita allo sferisterio del paese si ritrovano i tifosi per supportare le squadre locali.
Ma dove e come si giocava questo antico sport? Lo storico Alessandro Giacobbe ripercorre i momenti fondamentali della nascita della pallapugno che, prima della costruzione dello sferisterio in regione Casa, si giocava per le vie del paese. Ben tre erano i luoghi dove si praticava: nell’attuale Corso Mario Ponzoni, in piazza Borelli, sfruttando l’appoggio di alcune case private e nell’attuale via Piave. All’ingresso dello sferisterio è posizionata una mappa dove vengono segnalate tutte le aree di gioco dell’epoca.
« Una mappa topografica disegnata dal capitano ingegnere della Repubblica di Genova Giuseppe Ferretto e datata 16 giugno 1775– si legge sulla cartografia redata da Giacobbe- conservata presso il fondo cartografico dell’Archivio di Stato di Genova. È un documento eccezionale per due ragioni principali. Il primo è legato profondamente alla città di Pieve, perché riguarda il gioco del pallone. Qui il “pallone” è stato ed è il pallone con il bracciale, le sue varianti di un tempo e di oggi ovvero poi il pallone elastico o la pallapugno. Il secondo è di carattere documentario perché rappresenta Pieve di Teco così come era e come è». «Disegno e didascalie raccontano due storie di vite vissute. La didascalia in alto a destra indica i limiti del gioco del pallone allora praticato a Pieve. Si tratta del gioco del pallone al bracciale. Si poteva giocare lungo la strada principale, ora Corso Ponzoni, ma allora detto “Strada del Mercato”. Sono ben tre gli ambiti di gioco. Oppure si poteva competere a monte dell’abitato, sfruttando l’appoggio di alcune case private, del muro della casa canonicale e della cerchia difensiva cittadina, cui aderiva uno spigolo dell’antica chiesa parrocchiale. In quest’ultimo caso si tratta di gran parte di quella che sarebbe diventata poi piazza d’armi per la vicina caserma degli Alpini, ricavata in quello che era il convento delle Agostiniane, a sua volta costruito sul castello dei Clavesana. E, va detto, quest’ultimo “gioco” sarebbe stato poi utilizzato a lungo nel XX secolo fino alla costruzione dell’attuale sferisterio».
«Ma perché tanto impegno per definire gli spazi del gioco del pallone? Diventa tutto più chiaro se si pensa che la sfera di cuoio o anche le piccole palle dure per il gioco alla mano dei meno abbienti potevano danneggiare seriamente persone e cose. E il gioco si svolgeva dentro la città o presso i suoi immediati margini. Gli archivi storici, religiosi e non, raccontano di interminabili questioni legate a danni subiti da privati o da proprietà ecclesiastiche. Basti pensare anche Taggia, sempre in Liguria occidentale, aveva il gioco lungo la strada porticata. E le liti erano continue. Per questo la mappa di Giuseppe Ferretto è un documento pubblico della massima importanza, di interesse del Serenissimo Senato della Repubblica di Genova. È infatti realizzato in rapporto a tutti i possibili danni arrecati dal gioco alle proprietà vicine ai campi. E vietare il gioco del pallone, si potrebbe dire? Giammai, perché altri documenti storici lo dicono “connaturato al carattere degli abitanti”».