Omicidio di Sargonia Dankha, mercoledì il Riesame per il presunto killer
Dal 17 giugno, Salvatore Aldobrandi si trova in carcere
Imperia. Si terrà domani, mercoledì 5 luglio, l’udienza davanti al Tribunale del Riesame di Genova dove i giudici dovranno decidere se scarcerare, o meno, Salvatore Aldobrandi: il 73enne originario di San Sosti (Cosenza), da anni residente a Sanremo, arrestato il 17 giugno scorso su richiesta della Procura di Imperia che lo ritiene colpevole dell’omicidio di Sargonia Dankha, 21enne svedese, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla da Linköping nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995. Secondo gli investigatori, le prove a carico di Aldobrandi, che 28 anni fa aveva una relazione con la giovane, sarebbero schiaccianti. L’uomo è accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e la soppressione di cadavere.
I precedenti. Prima ancora di conoscere Sargonia e di avere con lei una relazione, definita dagli amici «burrascosa», l‘uomo aveva già , in Svezia, due condanne per violenze nei confronti di altre donne. Il 10 marzo del 1994, infatti, il tribunale di Lund aveva condannato Aldobrandi alla pena di un mese di reclusione per lesioni e molestie nei confronti di una donna che voleva strangolare «per aver osato interrompere la relazione». E non è tutto: il 26 gennaio 1986, Aldobrandi è stato condannato a due anni di reclusione per violenza sessuale dalla Corte di Appello di Göta nei confronti di un’altra donna.
In Italia. A pochi mesi dalla scomparsa di Sargonia, Salvatore Aldobrandi, da molti conosciuto come Samuel, è tornato in Italia. Nel suo paese, come risulta dalle carte, si è sposato altre due volte, sempre con donne straniere e sempre molto più giovani di lui. E anche con loro sarebbe stato violento. «Capace di ‘grande aggressività’ nei confronti della coniuge – si legge in un provvedimento del Tribunale dei Minori di Genova, in cui i giudici stigmatizzano il comportamento dell’uomo nei confronti di moglie e figli -. Come emerge anche dalle relazioni sociali, oltre che dal comportamento da lui tenuto durante e dopo le udienze in tribunale». Nei confronti della prima donna sposata in Italia «avrebbe più volte manifestato violenza ‘sia con minacce verbali che fisicamente’».
E fu proprio a causa di questo suo carattere violento che Sargonia, a detta degli amici e dei familiari, aveva deciso di interrompere la relazione con l’italiano. «Mamma aiutami lui non mi lascia in pace», è il grido disperato della giovane alla madre, una delle ultime volte in cui ha parlato con i genitori prima della misteriosa scomparsa. Nel corso delle indagini svolte dopo la scomparsa della ventunenne, sono state raccolte molte testimonianze che raccontano delle violenze dell’uomo. «La vicina di casa ha riferito di aver udito, più volte, litigi provenienti dall’appartamento dell’italiano e di averlo visto in una occasione affacciato alla finestra intento a gettare vestiti e scarpe», si legge. E ancora: «Il titolare del centro estetico frequentato dalla giovane ha dichiarato che Aldobrandi numerose volte stazionava fuori dal negozio in attesa di Sargonia, oppure la cercava all’interno». «Aveva più volte impedito alla vittima di intessere frequentazioni con altre persone ed avrebbe in plurime occasioni minacciato la sua incolumità nell’ipotesi in cui fosse stato lasciato», dichiara un’altra fonte.
Un’amica di Sargonia ha raccontato che, in sua presenza, in almeno tre episodi, Aldobrandi aveva usato violenza nei confronti della giovane compagna: «Salvatore può iniziare a litigare per le cose più piccole che Sargonia fa. Questo poi finiva con Salvatore che dava a Sargonia sberle, schiaffi. Salvatore ha afferrato Sargonia e l’ha scossa, l’ha spinta a terra sul pavimento e altro». In un caso, racconta l’amica, era intervenuta anche la polizia. Un’altra amica, ha raccontato agli inquirenti di come Aldobrandi fosse «ossessionato da Sargonia e, nel tentativo di controllarla, esercitava nei suoi confronti violenza fisica e psicologica». Stanca di subire violenze, il 30 marzo del 1995, la giovane denunciò l’italiano per maltrattamenti.
I fatti. Nel tardo pomeriggio del 13 novembre del 1995, giorno della scomparsa di Sargonia, Aldobrandi chiamò una sua ex svedese, dalla quale aveva avuto due figli, e chiese in prestito la sua auto, dicendole che doveva trasportare alcune cose dalla propria abitazione al ristorante presso cui lavorava. Nonostante l’ex compagno non avesse la patente, la donna acconsentì. La macchina le venne restituita «molto più sporca di come fosse quando l’aveva data in prestito». Inoltre, la donna notò «che i seggiolini dei bambini erano stati sganciati dalla loro posizione originaria e che lo schienale dei sedili posteriori era stato ribaltato in avanti, come se l’uomo avesse avuto necessità di aumentare lo spazio e la portata di carico del bagagliaio». Nel bagagliaio di quell’auto, così come nell’appartamento di Aldobrandi e su una sua giacca, gli investigatori troveranno tracce di sangue appartenenti a Sargonia Dankha. Ad un amico svedese , gestore di un pub, il pizzaiolo italiano chiese una mano «per traportare sacchi neri dell’immondizia contenenti vestiti». Una richiesta di aiuto che apparve strana e che venne rifiutata. «Allora mi confessò di aver ucciso sul letto una donna». Una donna di cui, però, non fece mai il nome. Stessa cosa racconta un altro uomo, che agli inquirenti ha dichiarato come Aldobrandi, «”scosso e tremante” lo aveva supplicato di avere in prestito un’autovettura e di essere aiutato a nascondere il cadavere di Sargonia fatto a pezzi, a fronte del pagamento di 100.000 corone». Affermazioni poi smentite dall’italiano, che agli inquirenti disse che erano tutte invenzioni dovute alla mancanza di un prestito di denaro.