Elezioni comunali a Bordighera, ecco perché il Tar ha respinto il ricorso del gruppo di Massimiliano Bassi

29 luglio 2023 | 12:46
Share0
Elezioni comunali a Bordighera, ecco perché il Tar ha respinto il ricorso del gruppo di Massimiliano Bassi

Le risposte alle presunte irregolarità contestate

Bordighera. Il ricorso presentato dal gruppo di Massimiliano Bassi, candidato alle scorse elezioni comunali di Bordighera, che chiedeva l’annullamento delle stesse per una serie di presunte irregolarità, è stato respinto «in quanto in parte inammissibile e in parte infondato». E’ quanto emerge nelle motivazioni rese note dal Tribunale amministrativo regionale ligure, in cui vengono riportate, punto per punto, le considerazioni dei giudici genovesi.

Alla scorsa tornata elettorale, Massimiliano Bassi è arrivato secondo, ottenendo 1844 voti validi: 9 in meno di Vittorio Ingenito, che si è riconfermato sindaco di Bordighera.

A qualche giorno dalla proclamazione degli eletti, Bassi e gli appartenenti alla sua lista «agendo dichiaratamente nella sola qualità di elettori di Bordighera e di candidati alle relative elezioni», si legge nel documento, «hanno impugnato la suddetta proclamazione degli eletti e i verbali relativi alle operazioni elettorali. Con l’impugnazione, tuttavia, essi non hanno chiesto il riconteggio dei voti per ottenere un mutamento dei soggetti eletti, ma hanno domandato unicamente l’annullamento degli atti impugnati e la conseguente rinnovazione delle operazioni elettorali in quanto ritenute alterate da gravi violazioni di legge avvenute sia durante le operazioni di voto che durante lo scrutinio».

Le presunte irregolarità. In particolare, secondo il gruppo Bassi, durante le operazioni di voto sarebbero avvenute diverse irregolarità. All’attenzione del Tar, i ricorrenti hanno lamentato «che il padre di uno dei candidati della lista vincente avrebbe stazionato fuori dal seggio di “omissis” per l’intera durata delle votazioni, intrattenendosi con alcuni votanti e consegnando loro “sacchetti di limoni e fogli di carta”». Inoltre, «che le operazioni di spoglio nella Sezione 8 sarebbero durate circa mezzora in più delle altre sezioni perché – secondo quanto riferito alcuni giorni dopo le votazioni dalla rappresentante della lista dei ricorrenti – sarebbe risultata mancante una scheda e, pertanto, “al fine di chiudere il verbale i componenti del seggio avevano “optato” per diminuire di un’unità il numero dei soggetti recatisi al voto” (così falsificando il verbale)».

Sotto accusa, ancora, il post pubblicato su Facebook dalla moglie di uno dei candidati di Ingenito, che avrebbe espresso, con un post poi cancellato, «alcune valutazioni sul fatto che il marito avesse ricevuto meno voti di preferenza di quelli sperati». E poi: la richiesta di Bassi, «inviata al Comune al fine del suo inoltro all’Ufficio elettorale centrale per la verifica delle operazioni sarebbe stata erroneamente inoltrata dal Comune alla seconda subcommissione che si è dichiarata incompetente».

«Con riguardo alle operazioni di scrutinio – si legge sempre nella sentenza – I ricorrenti hanno lamentato varie irregolarità riguardanti la compilazione dei verbali, l’indicazione nei verbali del numero delle varie tipologie schede (quelle consegnate dalla tipografia, quelle autenticate, quelle votate e quelle rimaste non votate)».

Prima di esaminare il ricorso, i giudici hanno messo nero su bianco alcuni punti fermi indicati dalla giurisprudenza in materia di procedimento elettorale. «La regola generale in materia elettorale è quella della conservazione delle operazioni elettorali (Cons. Stato, Sez. III, n. 3250/2018), da cui consegue che “la regola fondamentale nella materia elettorale è quella del rispetto della volontà dell’elettore e dell’attribuzione, fin tanto che si possa, di significato alla consultazione elettorale e che pertanto le regole formali contenute nella normativa e nelle istruzioni ministeriali sono strumentali, e la loro violazione è significativa soltanto se dimostra una sostanziale inattendibilità del risultato finale”». Per cui, come sancito da una sentenza del consiglio di stato, «non rilevano di per sé le incongruenze o le carenze di verbalizzazione, quando vi sia la corrispondenza tra il numero delle schede autenticate e la somma delle schede adoperate effettivamente dagli elettori con quelle non utilizzate». Inoltre, non costituisce ragione di illegittimità delle operazioni elettorali, «l’autenticazione di un numero di schede superiore a quello degli elettori iscritti nella lista di una sezione»: infatti, «ai fini della regolarità di siffatte operazioni, importa non già o non tanto la corrispondenza tra il numero degli elettori ammessi al voto e quello delle schede autenticate, quanto, piuttosto, l’esatta corrispondenza di tali schede alla somma delle schede adoperate effettivamente dagli elettori e di quelle non utilizzate e indicate nel verbale». «Tuttavia – proseguono i giudici del Tar – Neppure tale esatta non coincidenza è sufficiente a determinare l’annullamento delle operazioni elettorali, poiché sempre la giurisprudenza di questa Sezione ha precisato che detta non coincidenza non inficia l’esito dello scrutinio, se di proporzioni numeriche tali da non consentire una modifica del risultato elettorale» e «che, in sostanza, occorre che la non coincidenza si accompagni ad altre irregolarità che facciano supporre comportamenti illeciti nel corso delle operazioni elettorali, o, quantomeno, si collochi in un contesto nel quale l’irregolarità non trovi altra plausibile spiegazione che quella, appunto, della pratica della cosiddetta scheda ballerina, con la conseguenza che la discordanza di un solo voto non può invalidare il risultato elettorale in un contesto che non lascia altrimenti supporre l’irregolarità delle operazioni di voto».

Le motivazioni del Tar. In merito alle «plurime violazioni relative alle operazioni elettorali e allo scrutinio dei voti che avrebbero determinato un “contesto indiziario che lascia dubitare della correttezza e trasparenza del voto delle elezioni contestate”» segnalate dai ricorrenti, per i giudici il «motivo è infondato». «Le affermate irregolarità delle operazioni elettorali non sono dimostrate o risultano irrilevanti ai fini del presente giudizio», sottolinea il Tar, che aggiunge: «Il fatto che il padre di uno dei candidati della lista vincente si sia intrattenuto fuori dal seggio con alcuni votanti consegnando loro “sacchetti di limoni e fogli di carta” è circostanza indimostrata e, comunque, irrilevante, atteso che da essa non è possibile desumere alcuna illegittimità delle operazioni elettorali. Il ritardo di circa mezz’ora delle operazioni di spoglio nella Sezione n. 8 rispetto alle altre Sezioni è irrilevante. È inammissibile la doglianza relativa a quanto riferito dalla rappresentante della lista dei ricorrenti secondo cui, nella Sezione 8, sarebbe risultata mancante una scheda ma “al fine di chiudere il verbale i componenti del seggio avevano “optato” per diminuire di un’unità il numero dei soggetti recatisi al voto”, così riallineando falsamente i conteggi. Tale contestazione è inammissibile perché attiene alla denuncia di un falso in atto pubblico la cui cognizione è riservata al Giudice ordinario che deve necessariamente essere adito mediante la proposizione della “querela di falso” che, tuttavia, i ricorrenti non hanno presentato, qualificando i fatti suddetti come un “errore” della verbalizzazione».

Inoltre: «È evidente, peraltro, che il riferito riallineamento volontario e fittizio dei dati apposti su un atto pubblico (il verbale) non costituirebbe un semplice “errore” ma un vero e proprio “falso”, il cui accertamento può avvenire unicamente con le indicate modalità che, però, i ricorrenti non hanno ritenuto di perseguire, con conseguente inammissibilità della doglianza».

Per quanto concerne le dichiarazioni della rappresentante della lista Bassi, che hanno portato anche a un esposto presentato ai carabinieri, il Tar dichiara, sulla scia di sentenze pronunciate dal Consiglio di Stato, che «non possa essere validamente contrastata se non mediante l’esperimento della querela di falso, e che pertanto nessun rilievo probatorio può riconoscersi alle dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio” ed ancor meno a semplici dichiarazioni rese dal rappresentante di lista atteso che “la dichiarazione della rappresentante di lista non è idonea a superare la fede privilegiata del verbale delle operazioni elettorali, ovverosia di un atto pubblico redatto da pubblici ufficiali ai sensi dell’art. 24, comma 3, del D.P.R. n. 570/1960, in assenza di querela di falso” (Cons. Stato, Sez. II, .4. 2023, n. 3436)». «Ne consegue – concludono i giudici amministrativi – Che le dichiarazioni del rappresentante di lista “non meritano alcuna considerazione ai fini del decidere, né impongono al giudice procedente di attivarsi in via istruttoria, configurando esse una non consentita forma surrettizia di testimonianza, inidonea a superare la fede privilegiata che assiste i verbali delle operazioni elettorali”».

Il post su Facebook. «Il fatto che la moglie del candidato “omissis” (peraltro eletto con la lista di maggioranza) abbia espresso su Facebook l’amarezza perché il marito avrebbe ricevuto meno preferenze di quelle sperate, costituisce questione irrilevante trattandosi della mera opinione di un familiare, per di più espressa dopo il compimento delle elezioni», scrive il Tar. Nel post contestato, la donna si congratulava con il marito, ma faceva notare che i 245 voti presi, «in realtà sarebbero dovuti essere 261».

Il seggio 8 e la presunta scheda mancante. «In primo luogo, come si è detto, i ricorrenti hanno lamentato sia la mancanza di una scheda elettorale che gli scrutatori avrebbero occultato falsificando il verbale, sia la verbalizzazione avvenuta a porte chiuse senza consentire la sottoscrizione da parte del rappresentante della lista dei ricorrenti. Entrambe le doglianze sono inammissibili – dichiarano i giudici del tribunale amministrativo -. È stata dedotta, altresì, l’errata verbalizzazione perché: sarebbe stata erroneamente attestata la corrispondenza tra schede autenticate non utilizzate e il numero di elettori iscritti nella Sezione; non sarebbero state indicate le schede autenticate e non utilizzate». «La prima irregolarità costituisce un mero errore materiale giacché nel verbale in questione è stata barrata l’opzione “non corrisponde” intendendo attestare appunto che i due dati non corrispondono. La ragione dell’errore commesso risiede nel fatto che il verbalizzante non si è avveduto che la frase del modello di verbale ministeriale era retta da una negazione (“cancellare la circostanza che NON si verifica”). Senonché il significato corretto della “non” corrispondenza discende dal dato certo dell’annotazione effettuata dallo stesso verbalizzante alla voce “In caso di mancata corrispondenza, indicare i motivi” dove egli ha espressamente spiegato che la mancata corrispondenza è avvenuta “perché ho autenticato tutte le schede a mia disposizione”».

E ancora: «Anche la seconda irregolarità è irrilevante perché il verbale attesta che sono state autenticate 900 schede e i votanti sono stati 452, dato sempre ripetuto nei verbali (ed es. nei paragrafi 17 e 29) mentre il numero 453, indicato dalla citata rappresentante di lista per adombrare l’occultamento di una scheda votata, non figura mai. Ne consegue che il verbale contiene tutti i dati relativi al numero delle schede autenticate e non utilizzate, ossia 900 schede autenticate – 452 votanti = 448».

«Infine è stata dedotta la mancata indicazione dei voti ottenuti dalle singole liste – si legge nel documento -. La censura è inammissibile in ragione della sua natura “esplorativa” giacché i ricorrenti si sono limitati a rilevare la mancata verbalizzazione di un dato, senza tuttavia dimostrare quali effetti pregiudizievoli sarebbero derivati da tale eventuale omissione in ordine alla correttezza dello scrutinio. Si consideri che, nel caso di specie, il sistema elettorale utilizzato prevede che ciascun candidato Sindaco sia collegato ad una sola lista senza possibilità di voto disgiunto, talché il numero dei voti di lista coincide con il numero di voti conseguiti dal candidato Sindaco. A conferma di ciò tutti gli altri 9 verbali delle altre Sezioni – ove il dato in questione è stato riportato – risulta sempre la coincidenza tra i due dati riportati».

«La doglianza è inammissibile – scrivono i giudici – Perché, come precisato dalla costante giurisprudenza, tale ipotetica irregolarità è irrilevante se i ricorrenti – come nel caso di specie – non dimostrino l’incidenza concreta di tale irregolarità sull’andamento delle operazioni elettorali e sull’attribuzione dei voti. In ogni caso la verbalizzazione di tali Sezioni appare regolare».