Dalla Parigi di Calvino alla Sanremo di oggi. Viaggio tra “ciò che l’uomo butta via”

22 luglio 2023 | 08:00
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Ore 4.46 del mattino…

Sanremo. Cosa penserebbe ai giorni nostri di Sanremo Italo Calvino se provasse a riscrivere il racconto breve “La poubelle agréée” (la pattumiera gradita), basandosi non sul conferimento dei rifiuti di Parigi, dove al tempo viveva, ma su quello della sua Città dei fiori? Rileggendo le pagine della Strada di San Giovanni – che includono lo scritto risalente agli anni ’60 del secolo scorso -, iniziamo il giro nella Sanremo così come essa si presenta prima che gli addetti di Amaie Energia abbiano riportato alle decenza angoli di città ostaggio degli incivili.

Ore 4.46. Portovecchio. Il tintinnare delle cime degli ormeggi tese dal vento accompagna l’arietta fresca che soffia sulla marina. Per il centro abitato, illuminato dalle vecchie lampade a incandescenza di colore giallo, ci sono solo netturbini intenti a lavare strade e marciapiedi con l’idropulitrice, panettieri e baristi, stranieri che attendono un passaggio per recarsi a lavoro. Se questo fosse un articolo per una guida turistica, visitandola a quest’ora si potrebbe descrivere Sanremo in modi molto belli, prendendo spunto dall’atmosfera sognante che si respira tra piazza San Siro e i carruggi della Pigna. Purtroppo non è il nostro caso. Al contrario, le immagini che mostriamo sono state realizzate stanotte in quei punti quotidianamente oggetto di conferimenti selvaggi di rifiuti indifferenziati. Una mappa di luoghi critici noti agli addetti ai lavori, per i quali non si riescono a individuare soluzioni.

rumenta spazzatura differenziata sanremo amaie energia

Ore 4:56, via Montà, una dei vicoli d’accesso alla Pigna. Sotto l’arco che si affaccia in piazza Eroi si trovano i primi sacchi neri. Un gatto gironzolone saluta e se ne va. Nella salita di via Morardo, che ripercorriamo in discesa per avviarci verso la concattedrale, un altro sacco nero è stato depositato poco distante dai girasoli che ricordano la tragica morte di un operatore ecologico, avvenuta qualche giorno fa.

Ore 5:10, via Pastrengo, poco prima della madonnina. Su un portone di una proprietà privata c’è un cartello con su scritto “è vietato depositare rifiuti. Chi viola sarà denunciato”. Sotto c’è di tutto. Sacchetti strappati e cartoni alti due metri. Ore 5:15, in via Corradi un gabbiano passeggia in solitaria, nel cielo il verso dei suoi simili inizia a farsi più forte. Ore 5:23, via Rocca, nei pressi della chiesa di San Giuseppe, altri sacchetti squarciati. Poco più giù, in via Palma, un cartello di avviso “area videosorvegliata” fa la guardia a un asse da stiro, a vecchi vestiti e a spazzatura di ogni genere. Questo è uno di quei punti che presenta sempre lo stesso scenario ogni giorno.

Dal centro storico, quando sono circa le 5:25, si parte con il giro in scooter delle vie più popolate, iniziando da via Martiti, poi via Galilei e quindi via Pietro Agosti. Carreggiate letteralmente invase di rifiuti, sacchetti strappati a ogni isoletta che ospita i bidoncini dell’umido e della plastica. C’è anche una valigia abbandonata, piena di scarti. Dalla rotonda di piazza Eroi un gabbiano è riuscito ad aprire una fessura in un sacchetto e cerca di sfamarsi tirando fuori roba con il becco.

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Quasi le 6. Gli operatori sono già a buon punto con la prima passata generale di raccolta porta a porta, mentre le squadre di Amaie Energia dedicate al ritiro degli ingombranti e alla rimozione dei residui stanno per entrare in azione. Quando il sole avrà superato la collina di Bussana, mostrandosi in tutto il suo splendore, Sanremo sarà tornata a essere presentabile, grazie al lavoro di chi si è sporcato le mani fino all’alba e quasi mai viene ringraziato per quello che fa.

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Tornando a Calvino, a metà della poubelle agréée lo scrittore dice: «L’uomo è ciò che non butta via», passaggio chiave del testo che in realtà è una grande metafora sull’importanza sociale che ricopre il servizio di igiene urbana in una città di medie e grandi dimensioni. Sanremo come Parigi, ieri come oggi. Scrive Calvino: «Nel momento in cui svuoto la pattumiera… già m’investo d’un ruolo sociale, mi costituisco primo ingranaggio d’una catena d’operazioni decisive per la convivenza collettiva, sancisco la mia dipendenza dalle istituzioni senza le quali morrei sepolto dai miei stessi rifiuti». Allo scrittore, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita, era già chiaro un fatto per noi non scontato. Di fondamentale importanza sono impegno e consapevolezza del singolo. Potenziare il sistema di raccolta, di per sé non è sufficiente a fare estinguere il fenomeno degli abbandoni. I cassonetti, anche quelli più intelligenti, continueranno a essere assediati dai sacchi neri perché sono un rifugio ideale per l’incivile o l’evasore di turno. E più questi si ampliano in dimensioni, più diventa semplice conferire in maniera irregolare. Basta cercare il lato cieco del cassettone per passare inosservati agli occhi delle telecamere o dei vicini. Ne sono una dimostrazione evidente la isole ecologiche informatizzate installate nell’ultimo periodo. Al cui interno si trova di tutto. Vanificano l’impegno della maggioranza degli utenti che la differenziata si impegnano a farla e come si deve. Fuori dalle isole, chiamate tecnicamente ecoshell, gli odori sono irrespirabili e la dicono lunga su quello che vi avviene intorno.

Sessant’anni fa Calvino suggeriva che il conferimento dei rifiuti andasse visto come un’operazione sociale, per partecipare alla quale il singolo dovesse essere preparato, responsabilizzato e informato costantemente dalle istituzioni pubbliche. Un’operazione di educazione culturale, collettiva, che se viene meno può portare a qualcosa di molto familiare agli imperiesi, come gli svariati lotti di discarica scavati nel bel mezzo della macchia mediterranea o le scene che vi abbiamo mostrato qui stamane. Dalla speculazione edilizia alla rumenta, Calvino aveva già capito tutto. Come dargli torto.