Allevamento di capre a Pigna, ha ragione il privato: il Consiglio di Stato rigetta il ricorso del Comune

6 luglio 2023 | 07:00
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Allevamento di capre a Pigna, ha ragione il privato: il Consiglio di Stato rigetta il ricorso del Comune

I giudici: «Il Comune ha tenuto una condotta oggettivamente (ed immotivatamente) ondivaga»

Pigna. La sezione quarta del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato dal Comune di Pigna nei confronti degli imprenditori Andrea ed Elisa Littardi (padre e figlia), rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Marconi e Alessandro Manenti, che avevano già ottenuto una prima vittoria dal Tribunale amministrativo regionale, nell’ambito di un ricorso sostenuto contro la mancata autorizzazione a realizzare un allevamento di capre con caseificio sui terreni di proprietà della famiglia, malgrado in passato fosse stata deliberata la pubblica utilità dell’opera.

Per conto del Comune, l’avvocato Pietro Piciocchi, ha impugnato la sentenza pronunciata nell’ottobre dello scorso anno dal Tar ligure, ricorrendo all’organo massimo: il Consiglio di Stato, che anche in questo caso ha dato ragione ai privati.

I fatti. Andrea ed Elisa Littardi avevano già impugnato la delibera del Consiglio comunale del Comune di Pigna del 28 dicembre 2020, con cui l’amministrazione comunale aveva espresso parere contrario alla proposta, da loro avanzata nel 2009, di variante allo strumento urbanistico per la realizzazione di strutture fisse destinate all’allevamento di ovini e caprini su terreni di loro proprietà, qualificati «ambiti agricoli di presidio». «Per quanto qui di interesse – si legge nel dispositivo del Consiglio di Stato – Il progetto presentato dagli appellati prevede, a fronte della previsione dello strumento urbanistico generale che ammette in situ la realizzazione solo di stalle e locali per il ricovero e l’allevamento degli animali fino ad un massimo di dieci capi, la realizzazione di una stalla costituita da tre corpi di fabbrica affiancati aventi ciascuno una superficie di mq 500 circa, con annesso piccolo caseificio».

Secondo i due imprenditori, avallati da una prima pronuncia del Tar, l’amministrazione comunale, bocciando il progetto, non avrebbe considerato che lo stesso era già stato valutato favorevolmente dal Comune nel 2012 e «non avrebbe indicato le ragioni che l’hanno indotta a discostarsi da tale precedente provvedimento». Inoltre, «Sarebbero state ignorate le risultanze istruttorie emergenti da precedenti relazioni dell’Ufficio Tecnico comunale, peraltro ingiustificatamente contraddette da una successiva relazione elaborata dallo stesso Ufficio». Motivi per cui «La motivazione del provvedimento impugnato sarebbe illogica, generica e intrinsecamente contraddittoria» e addirittura, per certi versi, «illegittima» in quanto consente «la realizzazione di stalle e locali per il ricovero e l’allevamento degli animali con un numero massimo di 10 capi», senza tener conto delle attuali tecnologie di allevamento.

La cronistoria. Come ricostruito dal Consiglio di Stato, che ha ripercorso brevemente gli aspetti fondamentali della vicenda, il 25 luglio del 2009 gli imprenditori, in qualità di proprietario e conduttrice di fondi agricoli, avevano chiesto l’approvazione di una “variante puntuale” allo strumento urbanistico. Il 31 gennaio del 2012, il Consiglio comunale aveva espresso il proprio “assenso preliminare”, dichiarandosi pienamente favorevole al progetto. La proposta, tuttavia, non è mai stata trasmessa alla Regione per la prosecuzione dell’iter procedimentale, tanto che Andrea ed Elisa Littardi, il 7 agosto 2020, avevano radicato avanti il Tar ricorso avverso il silenzio. Il 7 dicembre 2020, il Tribunale amministrativo regionale si era pronunciato, dando ragione agli appellanti.

Nel frattempo, il 5 marzo 2020, il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune si era espresso favorevolmente sulla proposta degli imprenditori, che, a suo giudizio, «non altera gli aspetti posti alla base della pianificazione». Nel settembre del 2020, il Comune ha approvato le linee guida per la redazione del nuovo piano urbanistico, fra cui, il divieto di nuove costruzioni in zona agricola con superficie in pianta superiore a 200 metri quadrati. Delibera, questa, impugnata davanti al Tar dai Littardi.
E non è tutto: il 24 settembre 2023, nel corso del giudizio, il Comune ha dapprima adottato un aggiornamento del P.U.C. che, nel modificare la disciplina delle zone agricole, ha impresso destinazione boschiva ai terreni degli appellati (pur senza espressamente confermare la previsione del divieto di nuove costruzioni in zona agricola con superficie in pianta superiore a 200 mq), per poi, con una seconda delibera del 3 febbraio 2022, annullare in autotutela la delibera precedente.

«Il Comune ha tenuto una condotta oggettivamente (ed immotivatamente) ondivaga», scrive il Consiglio di Stato, che motiva così: «ha, dapprima, espresso parere pienamente favorevole sulla proposta; quindi, non ha fatto avanzare il procedimento, tanto che gli interessati hanno azionato ricorso avverso il silenzio; infine, con la delibera impugnata ha espresso parere negativo sulla proposta, alla luce della relazione dell’Ufficio edilizia privata del 21 dicembre 2020, ignorando completamente tanto l’iniziale delibera del 2012, con cui il Consiglio comunale aveva espresso parere pienamente favorevole, quanto la relazione – parimenti favorevole – dell’Ufficio tecnico del 5 marzo 2020».