Uomini che odiano le donne, le violenze dell’insospettabile pizzaiolo prima e dopo Sargonia Dahkha
Un testimone: «Mi confessò di aver ucciso sul letto una donna»
Imperia. Un uomo aggressivo, collerico, violento. «Una personalità feroce e risoluta, che non esita a esercitare la violenza pur di annichilire le vittime e soddisfare l’istinto di sopraffazione e dominio, incurante della legge penale così come di ogni regola di civile convivenza».
E’ questo il ritratto di Salvatore Aldobrandi, 73enne nato a San Sosti (Cosenza) ma da anni residente a Sanremo, che si evince negli atti che hanno portato l’uomo in carcere, come misura di custodia cautelare richiesta dalla Procura di Imperia, che lo accusa di aver ucciso Sargonia Dankha, 21enne di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla da Linköping nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995.
Un uomo che in Svezia, prima di conoscere Sargonia e avere con lei una relazione definita dagli amici “burrascosa”, aveva già due condanne per violenze nei confronti di altre donne. Il 10 marzo del 1994, infatti, il tribunale di Lund aveva condannato Aldobrandi alla pena di un mese di reclusione per lesioni e molestie nei confronti di una donna che voleva strangolare «per aver osato interrompere la relazione». E ancora: il 26 gennaio 1986, Aldobrandi è stato condannato a due anni di reclusione per violenza sessuale dalla Corte di Appello di Göta nei confronti di un’altra donna.
A pochi mesi dalla scomparsa di Sargonia, Salvatore Aldobrandi, da molti conosciuto come Samuel, è tornato in Italia. Nel suo paese, come risulta dalle carte, si è sposato altre due volte, sempre con donne straniere e sempre molto più giovani di lui. E anche con loro sarebbe stato violento. «Capace di “grande aggressività” nei confronti della coniuge – si legge in un provvedimento del Tribunale dei Minori di Genova, in cui i giudici stigmatizzano il comportamento dell’uomo nei confronti di moglie e figli – Come emerge anche dalle relazioni sociali, oltre che dal comportamento da lui tenuto durante e dopo le udienze in tribunale». Nei confronti della prima donna sposata in Italia «avrebbe più volte manifestato violenza “sia con minacce verbali che fisicamente”».
Una violenza che la stessa Sargonia, a detta degli amici e dei familiari, avrebbe sperimentato più volte, tanto da decidere di interrompere la relazione con l’italiano. «Mamma aiutami lui non mi lascia in pace», è il grido disperato della giovane alla madre, una delle ultime volte in cui ha parlato con i genitori prima della misteriosa scomparsa.
Il caso Sargonia. Nel corso delle indagini svolte dopo la scomparsa della 21enne, sono molte le testimonianze raccolte che raccontano delle violenze da quell’uomo più grande di lei di oltre vent’anni. «La vicina di casa ha riferito di aver udito, più volte, litigi provenienti dall’appartamento dell’italiano e di averlo visto in una occasione affacciato alla finestra intento a gettare vestiti e scarpe», si legge. E ancora: «Il titolare del centro estetico frequentato dalla giovane ha dichiarato che Aldobrandi numerose volte stazionava fuori dal negozio in attesa di Sargonia, oppure la cercava all’interno». «Aveva più volte impedito alla vittima di intessere frequentazioni con altre persone ed avrebbe in plurime occasioni minacciato la sua incolumità nell’ipotesi in cui fosse stato lasciato», dichiara un’altra fonte. Un’amica di Sargonia ha dichiarato che, in sua presenza, in almeno tre episodi, Aldobrandi aveva usato violenza nei confronti della giovane compagna: «Salvatore può iniziare a litigare per le cose più piccole che Sargonia fa. Questo poi finiva con Salvatore che dava a Sargonia sberle, schiaffi. Salvatore ha afferrato Sargonia e l’ha scossa, l’ha spinta a terra sul pavimento e altro». In un caso, racconta l’amica, era intervenuta anche la polizia. Un’altra amica, ha raccontato agli inquirenti di come Aldobrandi fosse «ossessionato da Sargonia e, nel tentativo di controllarla, esercitava nei suoi confronti violenza fisica e psicologica».
Stanca di subire violenze, il 30 marzo del 1995, la giovane denunciò l’italiano per maltrattamenti.
Nel tardo pomeriggio del 13 novembre del 1995, giorno della scomparsa di Sargonia, Aldobrandi chiamò una sua ex svedese, dalla quale aveva avuto due figli, e chiese in prestito la sua auto, dicendole che doveva trasportare alcune cose dalla propria abitazione al ristorante presso cui lavorava. Nonostante l’ex compagno non avesse la patente, la donna acconsentì. La macchina le venne restituita «molto più sporca di come fosse quando l’aveva data in prestito». Inoltre, la donna notò «che i seggiolini dei bambini erano stati sganciati dalla loro posizione originaria e che lo schienale dei sedili posteriori era stato ribaltato in avanti, come se l’uomo avesse avuto necessità di aumentare lo spazio e la portata di carico del bagagliaio». Nel bagagliaio di quell’auto, così come nell’appartamento di Aldobrandi e su una sua giacca, gli investigatori troveranno tracce di sangue appartenenti a Sargonia Dankha.
Ad un amico svedese , gestore di un pub, il pizzaiolo italiano chiese una mano «per traportare sacchi neri dell’immondizia contenenti vestiti». Una richiesta di aiuto che apparve strana e che venne rifiutata. «Allora mi confessò di aver ucciso sul letto una donna». Una donna di cui, però, non fece mai il nome. Stessa cosa racconta un altro uomo, che agli inquirenti ha dichiarato come Aldobrandi, «”scosso e tremante” lo aveva supplicato di avere in prestito un’autovettura e di essere aiutato a nascondere il cadavere di Sargonia fatto a pezzi, a fronte del pagamento di 100.000 corone». Affermazioni poi smentite dall’italiano, che agli inquirenti disse che erano tutte invenzioni dovute alla mancanza di un prestito di denaro.
Tutti tasselli di un puzzle che gli inquirenti italiani dovranno unire per dimostrare, dopo 28 anni di mistero, cosa è accaduto a Sargonia Dankha.