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Imperia, il presunto killer di Sargonia Dankha fa scena muta davanti al magistrato

20 giugno 2023 | 11:26
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L’avvocato: «Abbiamo contestato l’utilizzabilità degli atti svedesi in Italia»

Imperia. Si è avvalso della facoltà di non rispondere ai giudici di Imperia, Salvatore Aldobrandi: il pizzaiolo di 73 anni accusato dagli inquirenti di aver ucciso Sargonia Dankha, 21enne di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla da Linköping nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995.

Scortato in Procura dagli agenti della polizia penitenziaria, Aldobrandi è comparso assistito dall’avvocato del foro di Genova Andrea Rovere: «Si è avvalso della facoltà di non rispondere, ovviamente – ha detto il legale – Abbiamo solo contestato l’utilizzabilità degli atti dell’autorità giudiziaria svedese, sotto un profilo: siccome il processo è ancora aperto in Svezia e lui ha la doppia cittadinanza, italiana e svedese, vorrei sapere una volta per tutte dove si fa il processo e chi lo giudica, dopodiché valuteremo le strategie a seconda della situazione».

Aldobrandi, che da ormai 28 anni ha abbandonato la Svezia e si è rifatto una vita a Sanremo, dove lavora e dove ha una famiglia con una donna di trent’anni più giovane e due bambini, «è una persona che purtroppo ha un bypass, due valvole mitraliche cambiate – sottolinea l’avvocato – L’ho trovato molto confuso, nel senso che capisce perfettamente, è consapevole, ma c’è stata una tendenza sostanzialmente a rimuovere questo episodio dalla sua vita. Siccome è un processo indiziario questo, perché non c’è né il corpo né il coltello, si fonda molto sulle contraddizioni e sui dettagli: e a una persona confusa, fare un processo indiziario che si fonda sulla valutazione dei dettagli, comporta una oggettiva difficoltà».

Per il presunto omicidio della giovane, Aldobrandi era già stato incarcerato in Svezia per alcune settimane. Gli inquirenti hanno sempre ritenuto che le prove a suo carico fossero schiaccianti. Ma in Svezia non si può essere processati per omicidio in assenza di cadavere. Questo il motivo per cui la famiglia di Sargonia Dankha si è rivolta all’Italia. Grazie alla determinazione della Procura di Imperia, ed in particolare del giovane sostituto procuratore Matteo Gobbi, si è arrivati all’esecuzione della misura cautelare, che ha portato l’uomo in carcere. «Non c’è cadavere, non c’è coltello, poi dico semplicemente una cosa: se l’autorità giudiziaria svedese che ha indagato per 28 anni ha ritenuto che queste non fossero prove sufficienti per arrestarlo vediamo, allora ognuno si sceglie l’autorità giudiziaria più facile, me lo dicano – dichiara l’avvocato Rovere – Io parlo correttamente due lingue, mi faccio tutti i processi in Inghilterra con la giuria e li vinco tutti».