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Imperia, Festa della Liberazione: «Il 25 aprile è festa di libertà, unione, democrazia, di popolo»

25 aprile 2023 | 13:24
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Donatella Alfonso: «La Resistenza perché la guerra di popolo e non bisogna dimenticare che tutta l’Italia che ha deciso di essere antifascista»

Imperia. Settantotto anni fa per le vie della città si celebrava la Liberazione dal nazifascismo dopo decenni di terrore, morte e disperazione. L’appuntamento in piazza della Vittoria come ogni anno arriva puntuale. Gremita di cittadini, delle massime autorità dello Stato, civili, militari ma anche di giovani- tanti- studenti. Una festa di tutti come hanno sottolineato sia il sindaco Sacjola che Donatella Alfonso durante le loro orazioni.

«Oggi celebriamo la Festa della Liberazione- afferma nella sua orazione il sindaco e presidente della Provincia Claudio Scajola durante la cerimonia in piazza della Vittoria per celebrare la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo- e anche quest’anno abbiamo assistito a polemiche, discussioni vivaci, e anche a valutazioni che sembrano ignorare la storia dell’Italia Repubblicana. È nostro compito e compito delle Istituzioni, di ciascuno di noi, evitare letture che tendono a dividere ed allo stesso tempo evitare di enfatizzare le divisioni. I Costituenti da De Gasperi a Togliatti affidarono alla forza stessa della democrazia il compito di includere nella nuova cornice anche chi aveva combattuto tra gli sconfitti».

« Il 25 aprile- prosegue- è infatti festa di libertà e di unione, è festa di democrazia, è festa di popolo. È la festa nella quale ricordiamo tutti coloro che si sono uniti contro i nazi fascisti, che hanno dato il loro contributo, fondamentale, alla riconquista della libertà del nostro Paese. Nel trattato di pace di Parigi la forza della Resistenza ha permesso che il destino dell’Italia non fosse lo stesso della Germania. Il 25 aprile- conclude-  non appartiene ad una parte ma deve unire tutti, perché tutti nella Resistenza seppero accantonare le differenza profonde che c’erano ma per combattere insieme il comune nemico: cattolici, comunisti, socialisti, liberali, monarchici, azionisti scrissero insieme una pagina di grande onore per il riscatto del nostro Paese, per la nostra terra, è nostro compito, quindi, ricordare, ai più giovani che soltanto insieme, esaltando ciò che unisce e non ciò che divide che si può percorrere la strada dei diritti, della libertà, progresso».

«Ho incontrato una delle poche partigiane che ancora sono rimaste, la partigiana Rossella, Mirella Aloisio, 97 anni, che era stata segretaria operative del CNL di Genova, nei giorni dell’insurrezione ma anche prima e lei portava nella sua borsa le carte più compromettenti, le carte più scottanti, era quindi a lei, una ragazza di 18 anni, affidato tutto quello che sarebbe stato il profilo dell’insurrezione. Lei- racconta Donatella Alfonso durante l’orazione ufficiale- ad un incontro a Genova ha detto “Un popolo è stato più forte di un esercito”. Perché è vero la Resistenza è stata una guerra di popolo, al di là della componente militare che non è mancata ma è stata la guerra di popolo che ha coinvolto tutti quelli che la pensavano in maniera diversa, c’erano tutti quelli che non avevano più voglia a che fare con un regime quello fascista né con la guerra. È da qui che nasce il senso della Resistenza come guerra di popolo, fatta dalle donne resistenti che non sono soltanto quelle come Rossella che si sono impegnate facendo le staffette in bicicletta, portando documenti e facendo sabotaggi, scegliendo la parte militare unendosi alle bande partigiane sui monti ma anche nella città».

«Ci sono state le donne – prosegue la Alfonso- che hanno fatto la Resistenza facendo semplicemente da mangiare ai partigiani. Fare la propria parte, fare la propria scelta poteva essere anche questo. La guerra si fa anche con un piatto di tagliatelle. Però di fronte a tutto questo, Rossella dice anche un’altra cosa: “Se qualcuno oggi fa revisionismo significa che non abbiamo fatto un’opera sufficiente tra i giovani perché i giovani che capiscono si rendono conto. Questa non può essere una festa di parte, perché tutti c’erano, perché tutti non ne volevano più sapere di una guerra sbagliata. Ritengo che sia stato fatto in maniera molto acuta il manifesto del 25 aprile dell’Arci che dice “è divisiva se sei fascista, poi per il resto no, perché tutti gli altri sono qua”. Il presidente dell’unione delle comunità ebraiche italiane scrive: “La festa della Liberazione conquistata con sacrificio dopo anni di devastazione del territorio e delle libertà fondamentali da parte degli invasori e degli invasati”. Ecco gli invasati che non si facevano nessuno scrupolo di portare gli invasori a compiere rappresaglie, rastrellamenti. Nella Resistenza ci sono stati tanti volti diversi, i partigiani di ogni colore, i sacerdoti, le donne e i militari. È per questo che non si può accettare in nessuna maniera tutto quell’operazione di far impallidire la Resistenza perché la guerra di popolo e non bisogna dimenticare che tutta l’Italia che ha deciso di essere antifascista perché semplicemente non voleva più saperne niente del fascismo e ne sapeva abbastanza del fascismo da sapere di non volerci avere più a che fare. Come diceva Aldo Moro “La Costituzione non è a- fascista è antifascista”». «Non dimentichiamoci che allora anche subito dopo la guerra, nelle prime elezioni del 1946, dove le donne hanno avuto il diritto di voto, grazie al loro impegno nella Resistenza che hanno guadagnato il diritto al voto prima negato».

« Anche nell’Italia post fascista c’era una zona grigia che non prendeva posizione, che ha potuto espandersi nel qualunquismo che ha lasciato anche crescere delle sacche di indifferenza, un grigiore nel quale qualcuno ha pensato di continuare a fare crescere la fiamma che ancora a Predappio qualcuno onora. Tutto questo ha portato oggi a cercare di diluire i venti mesi della Liberazione, della lotta, di occupazione di questi territorio ma anche il nord e tutto quello che è successo prima nel centro, in una guerra civile dove i morti sono tutti uguali. Non lo sono , i morti non sono tutti uguali perché qualcuno ha parlato di vittime di serie A e serie B che non devono più esistere, l’umana pietà va concessa a tutti ma ci sono le ragioni per cui le vittime di serie A sono state uccise dalle vittime di serie B. se i primi sono morti è perché si opponeva all’idea di un Paese nel quale di secondi li avrebbero prevaricato le loro idee. E se siamo qui a parlare di un Paese liberato dalla dittatura è perché hanno vinto i primi. Oggi grazie alla Resistenza e alla Costituzione tutti possono parlare anche quelli che ne parlano male. L’altro rischio del tentativo revisionista è la banalizzazione che fa sì che ad Auschwitz sono state fotografate persone che si facevano dei selfie sui binari dove arrivavano i treni che portavano i deportati. Alla stessa maniera la banalizzazione ci porta a sentire persone importanti che i morti delle fosse Ardeatine furono uccise perché italiani, purtroppo non era così, erano italiani sì ma anche antifascisti. Quello contro cui dobbiamo combattere oltre il revisionismo e alla banalizzazione è la non conoscenza voluta».