Ecosistema marino danneggiato dalle reti da pesca abbandonate: a Cala del Forte lezione con i biologi Monica Previati e Sergio Cotta
Presenti all’incontro gli studenti del liceo Aprosio di Ventimiglia che hanno potuto toccare con mano gli effetti negativi del ghost gear
Ventimiglia. Ogni anno sono oltre 700 mila le tonnellate di reti da pesca abbandonate o perse in mare e negli oceani, causando importanti danni alla vita marina. Distruzione dell’habitat, perdita della biodiversità, inquinamento dei fondali sono solo alcuni degli effetti negativi causati dal fenomeno del ghost gear, traducibile in reti fantasma, che minaccia la fauna marina, intrappolano indistintamente pesci e animali di grossa taglia come delfini e tartarughe.
I danni causati da questi attrezzi per la pesca, che rappresentano un decimo della totalità dei rifiuti presenti in mare, sono stati al centro dell’incontro tenutosi nel pomeriggio di oggi al porto di Cala del Forte dai biologi marini Monica Previati e Sergio Cotta alla presenza degli alunni della 4A e 4L del liceo Aprosio di Ventimiglia, seguiti dalla professoressa Alessandra Cotta, che hanno potuto toccare con mano la problematica.
L’opera di raccolta delle reti fantasma, trovate a un miglio dalla costa ventimigliese, è stata svolta nell’area di tutela marina dei Balzi Rossi, di recente istituzione e ampia due miglia e mezzo, ed è stata resa possibile grazie al progetto “Mare d’Amare” organizzato dalla onlus Worldrise e finanziato da donazioni di aziende private. Le reti verranno ora smaltite grazie all’aiuto del Comune e del porto.
«Oggi abbiamo parlato di reti fantasma che abbiamo recuperato grazie alla Asd Pianeta Blu – racconta Monica – . É stato molto importante perché si tratta di reti che vengono perse o abbandonate e che creano un grande danno all’ambiente».
«Queste reti vengono abbandonate durante le attività di pesca e poi si incagliano sul fondale e che se vengono lasciate lì e non possono essere recuperate creano una serie di criticità a livello ambientale – spiega il biologo Sergio Cotta – . In primo luogo le reti, nella maggior parte dei casi, sono costituite da materiale plastico e quindi il loro abbandono non fa altro che incrementare questo già serio e grave problema dell’inquinamento marino dovuto ai materiali plastici. In secondo luogo una volta che la rete si adagia sul fondale va a modificare la morfologia dello stesso; le maglie della rete vanno a ridurre la dimensione dei fori di entrata delle tane di pesci o animali di una certa dimensione, impedendogli di avere accesso a queste cavità.
Inoltre le reti sono attrezzi da pesca, quindi quando vengono lasciate in mare non fanno altro che continuare a fare il mestiere per il quale sono state prodotte cioè quello di pescare, quindi al loro interno rimangono intrappolati numerosi animali marini. Ultimo aspetto è quello dovuto al fatto che queste reti, con il movimento dell’acqua, incominciano a oscillare e a ledere i tessuti di alcuni organismi marini provocando lesioni che in alcuni casi portano a malattie di vario genere e alla morte di organismi coloniali», conclude Cotta.
Presenti anche il direttore del porto di Cala del Forte Marco Cornacchia, il vice direttore Giuseppe Sanfelice e il comandante dell’ufficio locale marittimo Luogotenente Giovanni Larizza.