Storia di Lidia Poët stravolta da Netflix, parla la scrittrice Cristina Ricci: «A parte la sentenza, è tutta invenzione»

4 marzo 2023 | 07:56
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Storia di Lidia Poët stravolta da Netflix, parla la scrittrice Cristina Ricci: «A parte la sentenza, è tutta invenzione»

L’autrice del libro sulla prima donna avvocato d’Italia, morta a Diano Marina, svela il perché la serie non è fedele alla realtà

Diano Marina. «L’unica parte storica è la lettura della sentenza della Cassazione, risalente al 1884, quando venne radiata dall’Albo, perché con la sua beltà avrebbe potuto distogliere il giudice dall’applicazione corretta della legge. Il resto è una fiction leggera, giusto per trascorrere qualche ora». Lo ha detto all’Ansa Cristina Ricci, autrice del volume “Lidia Poët. Vita e battaglie della prima avvocata italiana, pioniera dell’emancipazione femminile”, pubblicato a Torino, nel 2022, che sarà presentato oggi, dalle 16, nella sala consiliare di Diano Marina, città dove Lidia Poët morì il 25 febbraio del 1949.

Il volume racconta la vita di Lidia Poët, prima donna in Italia a iscriversi all’Ordine degli Avvocati e la polemica riguarda la serie a lei dedicata su Netflix che, per chi conosce bene la storia di Lidia, non sarebbe attinente alla realtà. Sotto accusa ci sono scene di sesso, turpiloqui e fatti storici travisati. «Ho visto la serie – aggiunge la scrittrice – e ciò che ne esce, è un’immagine distorta di Lidia. A parte la sentenza, quelle frasi sono veritiere, tutto il resto è invenzione. Viene dipinta come una donna disinibita, ma c’è un articolo della stampa dell’epoca, che la descrive come persone timida, che arrossisce, quando viene applaudita al terzo Convegno penitenziario internazionale”. Prosegue l’autrice del libro: “Poët proveniva da una famiglia valdese molto religiosa ed è sempre stata descritta come persona molto seria e riservata, l’immagine che si vuole rendere non è quella che proviene dai dati storici».

Ma non è tutto. Secondo Ricci, anche molti riferimenti alla sua vita sarebbero sbagliati. A partire dal fratello sposato, contrario a che studiasse per avvocato, così come il padre. «Lidia è rimasta orfana all’età di 17 anni e nella realtà il padre non ha mai saputo della sua intenzione di studiare e diventare avvocato. Suo fratello, inoltre, che già esercitava l’avvocatura, nella realtà era celibe e appoggiava la sorella, ma questo nella serie non emerge, almeno nelle puntate». Come simbolo di emancipazione femminile: «È sicuramente un esempio ancora oggi, non solo per le donne italiane, ma per tutti quelli che vogliono un miglioramento della società. Molte delle rivendicazioni, che Lidia fece durante i congressi internazionali del femminismo, ai primi del ‘900, sono state recepite solo negli anni ’70 del secolo scorso. Parliamo, ad esempio, del divorzio e della parificazione tra figli legittimi e illegittimi. Inoltre pensava a una sorta di servizio civile per le ragazze. Era anche convinta che le donne avesse diritto a studiare e ad avere un lavoro».