Pieve di Teco inaugura una targa in memoria del “suo” Manfredo Manfredi
Ricordato anche Roberto Di Ferro, “Baletta” fucilato a quattordici anni dai nazisti
Pieve di Teco. «Renzo, quante volte mi hai chiesto se sono riuscito a dimenticare quei momenti? Ogni volta mi chiedi se ho dimenticato l’odore del sangue sulle nostre mani, no non l’ho mai dimenticato perché quell’odore del sangue era il profumo della libertà» . Questa la domanda che l’onorevole Manfredo Manfredi rivolse al suo amico nascosto dalla folla durante l’inaugurazione del monumento dedicato ai Caduti. Lui ed altri ragazzi quindicenni all’epoca della guerra andavo a recuperare e ricomporre le salme dei partigiani trucidati dai nazisti. Oggi nel decimo anniversario della sua morte, è stata inaugurata una targa in sua memoria.
«Ancora una volta siamo qui di fronte a questo monumento che mio padre volle costruire a testimonianza- ricorda la figlia Gabriella- e che mio padre inaugurò. Mi ricordo quando tenne il suo discorso inaugurale qui, vide tra la folla Renzo Pastorino e gli disse “Ma tu quante volte mi hai chiesto se sono riuscito a dimenticare quei momenti?” . Mio padre e Renzo Pastorino ed altri ragazzi – prosegue la figlia- avevano il compito di venire qui dopo le fucilazioni, raccogliere le salme dei partigiani che qui erano stati trucidati dai nazisti e ricomporle. Mio padre e Renzo avevano quindici anni e mio padre quei fatti non li ha mai dimenticati anche se di quei fatti, parlò poco e con poche persone, furono quelli che inculcarono quegli ideali che mio padre ha sempre fatto suoi. Dall’essere testimone diretto di quel martirio mio padre trasse la forza che lo sostenne nel lottare per migliorare le sorti di questo territorio. Dal silenzio attonito che c’era dopo il rumore degli spari, mio padre quel silenzio imparò ad ascoltarlo e ad ascoltare gli altri cosa che fece per tutta la sua vita. Mi ricordo quando mi raccontò dell’uccisione Mario Ponzoni che era il suo migliore amico. Fu lui che andò a prendere il cadavere di Mario, aveva un maglione verde e mio padre mi raccontò che contò dodici fori di proiettili sul quel maglione. Quando andò a prendere Roberto Di Ferro gli pulì il viso o quando levò dalla testa del fratello di Pippo Teò il fil di ferro con cui l’avevano torturato, quei gesti furono quello che fecero diventare mio padre l’uomo che tutti abbiamo conosciuto e che tutti abbiamo amato e rispettato. Questo serve a testimoniare che i valori che hanno contraddistinto la carriera di mio padre sono nati qui su questo prato ed è per questo che mio padre teneva così tanto a questo luogo perché qui ebbe origine l’onorevole Manfredi. Se noi oggi siamo qui tutti insieme lo dobbiamo innanzitutto a quelle persone che hanno versato il loro sangue ma a quelle persone come mio padre che hanno saputo nella loro vita e carriere perseguire quegli ideali. Vorrei chiudere questo piccolo ricordo di papà con le sue parole che disse il giorno che venne inaugurato questo monumento, le disse allora e continuò a dirle per tutta la sua vita e mi chiese di ripeterle ogni volta per lui, quel giorno , mio padre disse a Renzo Pastorino ” Renzo ogni volta mi chiedi se ho dimenticato l’odore del sangue sulle nostre mani, no non l’ho mai dimenticato perché quell’odore del sangue era il profumo della libertà”».
«Ci ritroviamo qui ogni anno sempre con lo stesso entusiasmo di volere testimoniare in maniera sempre forte questi valori che ci uniscono e che ci consentono oggi di poter essere qui. Quest’oggi- spiega il sindaco Alessandro Alessandri- c’è una un’occasione speciale perché l’amministrazione comunale ha voluto dedicare un ricordo a chi ha voluto l’ubicazione di questo monumento che è l’onorevole Manfredo Manfredi. È emozionante questa cosa. Mi ricordo come l’onorevole ci tenesse in maniera viscerale a questo monumento. “Togli le macchine” mi diceva “perché tutti quelli che passano di qui devono vedere, devono ricordare, bisogna mantenere la memoria”. Noi oggi qui- prosegue- vogliamo dare testimonianza di quello che ha fatto lui ricordandolo come lui ha dato testimonianza di tutti quelli che sono caduti per la nostra libertà occupandosi dell’istituto della Resistenza per tanti anni, volendo significativamente la posizione di questo monumento che ricorda a tutti quelli che passano di qui il tributo di sangue dato da tanti giovani durante la seconda guerra mondiale. Oggi è un momento di festa ma anche di testimonianza di quelli che sono i valori della nostra società. Uniamo questa cerimonia a quella di Roberto di Ferro, per avere una testimonianza importante in una società quella di oggi dove i valori sono un po’ aleatori di tornare alle origini e capire perché possiamo fare tutto quello che facciamo e possiamo perché qualcuno si è sacrificato per noi e qualcun altro ha portato il testimone del ricordo fino a noi».
Doppia cerimonia oggi dove oltre all’inaugurazione della tarda dedicata all’onorevole Manfredo Manfredi è stato ricordato nel 78esimo anniversario dalla sua morte Roberto Di Ferro. Soprannominato “Balletta”, pallina, perché si muoveva velocemente e in poco tempo divenne uno degli staffettisti più apprezzati. Morì a quattordici anni a Pieve di Teco fucilato dai nazisti pronunciano la frase “Uccidetemi pure, i miei compagni verranno a vendicarmi”. Presente ad ogni commemorazione la sorella Wanda che lo ricorda come «un ragazzo vivace ma con la testa dura. Il suo ricordo è sempre vivo-racconta- un ragazzino molto coraggioso e ci credo che non abbia parlato sotto tortura perché era testone ed era un carattere forte e non mi meraviglio di Roberto». Apprendista meccanico, nato nell’alessandrino, si era trasferito ad Albenga con la famiglia nei giorni della guerra Baletta va in montagna ed è lì che morirà fucilato nei pressi di Pieve di Teco il 27 marzo del 1945 ad un mese dalla Liberazione.
Taglio del nastro anche nella zona dove venivano effettuate le fucilazioni dei nazisti, oggi riqualificata. «Una promessa- spiega il sindaco Alessandri- che avevo fatto all’Anpi di Albenga, quando Gabriella parlava del papà che raccoglieva i cadaveri dei partigiani, venivano qui a raccoglierli, dove c’è il cippo di Roberto c’era all’epoca una trincea di terra dove venivano appoggiate le persone prima di essere fucilate. Era un posto dove si vedeva e si sentiva dappertutto, un luogo simbolico della memoria e oggi abbiamo voluto dargli un minimo di decoro. Non ci siamo dimenticati di queste persone li portiamo sempre nel cuore e il loro esempio per noi è sempre importante e la nostra testimonianza è sempre forte. Abbiamo voluto fare questi lavori per dare dignità e aumentano la capacità di ricordare queste persone a chi verrà qui anche per caso a passeggiare».
«Mi sono commosso pensando che in questo punto un ragazzo di quattordici anni già torturato fu ucciso. Pensateci – ha sottolineato il presidente provinciale Anpi di Savona Renato Zunino– a cosa vuol dire sacrificare la vita a quell’età lì per noi, per la nostra libertà, per darci la democrazia, per darci la Costituzione. È veramente toccante pensare quello che ha fatto Roberto, sono passati tanti anni, forse, Roberto non pensava che potessero succedere in Europa e in Italia determinate situazioni. Credo che chi ha combattuto per la libertà e si era dichiarato anitfascista ma credo che Roberto non pensasse nemmeno, così come tutti quelli che hanno combattuto la lotta di liberazione non pensavano sicuramente di trovarsi un altra guerra all’interno dell’Europa. Sul cippo scorriamo tanti nomi tra cui anche alcuni nomi di ragazzi che non hanno raggiunto vent’anni che sono stati uccisi per noi. Qui abbiamo Roberto che a quell’età ha resistito molti sarebbero crollati a quell’età di fronte alle torture e alle minacce ma lui ha resistito e non ha tradito ed è stato un grande eroe, infatti è stato insignito della medaglia d’oro. Il nostro impegno, la presenza di oggi la dobbiamo a lui e a tutti gli altri che sono morti per creare un’Italia migliore. Roberto- ha concluso- non ti dimenticheremo e nel tuo nome continueremo l’impegno antifascista e l’impegno per la salvezza della Costituzione e l’impegno per la nostra democrazia»