Palloncini bianchi, supereroi e rombo di motori per salutare Riccardo “il guerriero”. Il vescovo: «Ha vinto lui»
«Riccardo con fiducia, speranza e amore si è consegnato nelle mani di Dio»
Sanremo. Centinaia di persone sono accorse nella chiesa parrocchiale degli Angeli, in piazza Colombo, a Sanremo, per dare l’ultimo saluto a Riccardo Battista, il 22enne sanremese morto il 18 gennaio scorso dopo una lunga battaglia contro il cancro.
A salutare il giovane, campione di downhill, conosciutissimo a Sanremo anche per il suo blog “Un cancro all’improvviso”, c’erano tutti: dai supereroi che portano un sorriso nelle corsie degli ospedali, ai campioni del cross e del funambolismo sulle due ruote: altra grande passione di Richi.
«Siamo qui con tanta fatica, e anche per me non è semplice condividere un momento di riflessione sulla parola del Signore – ha detto il vescovo Antonio Suetta nella sua omelia, con la voce rotta dall’emozione -. Però lo faccio anche volentieri e lo faccio sforzandomi di dare la parola a Riccardo per quel poco che l’ho conosciuto io, ma il poco relativamente al tempo è intenso quanto al momento che abbiamo vissuto insieme». «Certamente tutti voi che siete qui, a cominciare dal padre, dalla madre, dal fratello da tutti gli amici che siete tantissimi avete il cuore pieno dei ricordi belli di Riccardo. Però. credo che quello che Riccardo ha pensato prima di concludere la sua vita sia ciò che dà pienezza di significato a tutto quello che ognuno di noi custodisce nel cuore rispetto a lui – ha aggiunto -. È superfluo che io dica che questo momento è un momento non soltanto dolorosissimo, ma anche incomprensibile, però lo dico perché quando noi abbiamo qualcosa che pesa nel cuore sentiamo anche il bisogno di farlo uscire perché il nostro cuore si liberi. Allora noi saremmo tentati, ed è molto naturale che sia così, di essere qui a dire che quello che stiamo vivendo, quello che Riccardo ha vissuto è profondamente ingiusto. Lo vorremmo dire alla vita e anche a lui. Questi sono i nostri sentimenti. Credo che questi sentimenti abbiano per lo meno bussato anche al cuore di Riccardo perché la sua malattia è durata a lungo. Riccardo pur giovanissimo, e quindi con una relativa esperienza di vita, ha lottato. Ho visto che voi avete scritto a più riprese chiamandolo “guerriero” e sono sicuro che noi siamo tutti qui a dire che ha vinto. Però, vedete, siamo davanti ad una evidenza che ci fa riflettere: pare impossibile che abbia vinto, a meno che non siano parole forzate, perché l’evidenza che oggi abbiamo davanti agli occhi è che il male e la malattia hanno avuto il sopravvento ma non è così».
Il vescovo Suetta ha poi ricordato il cammino di fede di Riccardo. «Vorrei dire a me stesso, prima di dirlo a ognuno di voi, con la delicatezza che serve perché il nostro cuore è già abbastanza spezzato. Ecco perché ho detto all’inizio lascerei volentieri la parola a Riccardo e gliela lascio dicendo che nell’ultimo tratto della sua vita Riccardo ha intuito quale fosse il modo per vincere. Nel mese di novembre Riccardo ha chiesto di diventare cristiano. Don Diego mi ha parlato e abbiamo organizzato il battesimo che è avvenuto il 10 novembre assieme alla cresima e, per la prima volta, nella sua vita si è accostato all’eucarestia. Poco prima del suo battesimo gli ho telefonato perché non ci eravamo mai conosciuti per salutarlo e per presentarmi e gli ho chiesto, anche se era difficile, “come va?” e lui mi ha risposto in maniera molto sincera e non lo dimenticherò, perché mi ha detto: “Ho paura”. Questa è la verità, davanti all’affacciarsi della morte anche se siamo forti e coraggiosi e intraprendenti nessuno di noi può essere spavaldo. Poi, però, quando l’ho incontrato per il battesimo posso dire che insieme abbiamo vissuto un momento di serenità e fede. Fede che ho ritrovato sul volto affaticato quando sono andato a trovarlo nelle vacanze di Natale, aveva un rosario al collo ed era sereno. È così che Riccardo ha vinto e vedete nella logica umana noi siamo portati a pensare che vincere significhi far soccombere il nemico ma Riccardo non era di fronte ad un nemico. Nemico certamente è stata la malattia e nemica è la morte, ma noi siamo qui nella casa di Dio per dire che né la malattia e né la morte hanno l’ultima parola sulla vita. Allora Riccardo con un’intuizione che mi sorprende perché le persone quando soffrono tendono a ribellarsi a Dio, Riccardo in questo momento lo ha cercato e misteriosamente ha capito questo: che il modo migliore per vincere con Dio è quello di consegnarsi nelle sue mani e Riccardo con fiducia, speranza e amore lo ha fatto. Ha capito che la sua vita si chiudeva, perché quella malattia sarebbe stata inguaribile, e quindi sono per lui le parole dove si diceva che “la vecchiaia, nel senso della saggezza, si misura dalla sapienza”. Dio ha donato a Riccardo questa sapienza quando ormai si stava spegnendo Riccardo ha capito che doveva affidarsi a Dio e l’ha fatto».