Omicidio a Ventimiglia, assassino condannato a 22 anni di carcere

18 gennaio 2023 | 14:33
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Omicidio a Ventimiglia, assassino condannato a 22 anni di carcere

Mohammed Aldel, 36 anni, aveva ucciso un connazionale sotto al cavalcavia di Roverino

Imperia. La Corte d’Assise del tribunale di Imperia, presieduta dal giudice Carlo Indellicati, ha condannato stamane in primo grado a   22 anni di reclusione, escludendo i futili motivi e concedendo le attenuanti generiche, Mohammed Aldel, 36 anni, il sudanese accusato di omicidio aggravato da futili motivi (si parla del furto di un telefonino) per aver ucciso, nella notte tra il 25 e il 26 novembre 2021, un giovane connazionale, colpendolo con sette coltellate, nel giaciglio di fortuna in cui la vittima viveva, a ridosso del parcheggio antistante il cimitero di Roverino, a Ventimiglia.

La lettura della sentenza è arrivata dopo un’ora di camera di consiglio, dove la Corte si è ritirata al termine delle repliche del pubblico ministero  Luca Scorza Azzarà (che aveva chiesto una condanna a 23 anni e sei mesi) e dell’avvocato dell’imputato, Stefania Abbagnano.

Secondo il pm, che lo ha ribadito nella sua replica, non ci sono dubbi sulla capacità di intendere e volere al momento del fatto di Mohammed Aldel: «ce lo ha detto lo stesso consulente della difesa, il dottor Roberto Ravera – ha sottolineato Scorza Azzarà -. Quando gli abbiamo chiesto se l’imputato era in grado di intendere e volere, ci ha risposto che non ha nessuna patologia psichiatrica, che ha sempre raccontato i fatti in modo lucido e quindi era perfettamente consapevole di quello che faceva». Per quanto riguarda l’aggressione, sfociata in omicidio, il pm ha detto: «Abbiamo due testimoni oculari. Quello che emerge dalle loro testimonianze è che c’è stata un’aggressione unilaterale dell’imputato nei confronti della vittima, che era ubriaca, quindi in condizioni di minorata difesa». «Quando Aldel aggredisce la vittima, questa urla, cerca di scappare e cade in un fosso, come dice un testimone – aggiunge Azzarà -. E’ stato attinto da sette coltellate tra addome, torace e dorso, dove sono gli organi vitali. Si è dunque trattato di una aggressione unilaterale e dalle modalità tali da far intendere quale fosse la volontà dell’imputato». La pubblica accusa ha inoltre “smontato” la tesi del furto del telefonino, che avrebbe portato Aldel ad aggredire il connazionale per farselo ridare: «Aldel era ubriaco, lo aveva perso, e il telefono era stato recuperato per poi restituirglielo una volta sveglio», ha detto.

Diverse le conclusioni della difesa. «Il dottor Ravera nella sua relazione non ha detto che Aldel era capace di intendere e volere – ha ribadito l’avvocato Abbagnano – Sull’imputato sarebbe stato necessario un approfondimento psichiatrico». Per quanto riguarda il telefonino, secondo l’avvocato non ci sono dubbi che la vittima lo avesse rubato: «Non so perché fosse così importante anche per lui – ha detto alla Corte – Ma è morto pur di non restituirlo. Non ho risposte per questo ma vi invito a chiedervelo». Sull’aggressione in sé, il legale ha sottolineato come solo una delle coltellate inferte si sia rivelata letale, mentre le altre sei avevano provocato solo ferite superficiali: «Quindi ferite inferte senza particolare violenza», ha spiegato, cercando di dimostrare che l’intento di Aldel non era quello di uccidere il connazionale.

Alla lettura del dispositivo, l’avvocato Abbagnano ha dichiarato: «Siamo soddisfatti della sentenza: la Corte ha disatteso i futili motivi che erano l’aspetto che ci premeva». Le motivazioni verranno depositate tra 90 giorni, a quel punto la difesa potrà valutare il ricorso in Appello.