Arrestato a Palermo il boss Messina Denaro, i collegamenti di “U siccu” con la provincia di Imperia

16 gennaio 2023 | 10:22
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Dalla “guerra del caffè” alla turbativa d’asta

Palermo. Dopo 30 anni di latitanza, è stato arrestato oggi dai carabinieri del Ros, il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Lo rende noto l’agenzia Ansa. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Tp) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Matteo Messina Denaro è stato arrestato all’interno della clinica privata La Maddalena di Palermo dove, coma ha dichiarato il comandante del Ros, il generale Pasquale Angelosanto, si era recato «per sottoporsi a terapie».

arresto Messina Denaro foto

Il nome del boss, noto anche con i soprannomi di “U siccu” e “Diabolik”, era più volte risuonato anche in provincia di Imperia. Si era parlato di lui in tribunale, per la vicenda della cosiddetta “guerra del caffè”, con la Coffee Time di Giovanni Ingrasciotta che nel tentativo di spadroneggiare sulla rivale “Dds spa” avrebbe vantato importanti legami con il boss. «Contestava il fatto che non avevo risposto a diverse sue telefonate e diceva che bisognava portargli rispetto. Mi disse di essere parente, cognato, del boss Matteo Messina Denaro e mi mostrò la copertina di un periodico con la sua foto»: aveva dichiarato Massimo Paravisi, rappresentante legale della “Dds spa” di Imperia, nell’ottobre 2011, rispondendo davanti al giudice Lorenzo Purpura alle domande dell’allora procuratore capo Roberto Cavallone, al processo per tentata estorsione che vedeva alla sbarra proprio l’imprenditore Ingrasciotta.

Nel 2013, ancora, un’operazione della Guardia di Finanza in provincia di Imperia aveva portato all’arresto di quattro persone accusate di turbativa d’asta e bancarotta fraudolenta: gli inquirenti sospettavano collegamenti diretti con la criminalità organizzata vicina al clan di Matteo Messina Denaro. Secondo gli investigatori, i quattro arrestati avrebbero tentato di agevolare l’ingresso in appalti pubblici del clan facente capo a Denaro. Le indagini avevano portato ad accertare l’occultamento di risorse finanziarie da una società dichiarata fallita per circa 1,18 milioni di euro con prelievi dai conti correnti ritenuti «ingiustificati».

[Foto dell’arresto postata da Pietro Grasso]