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La storia di Cesio nel racconto dello storico Andrea Gandolfo

10 dicembre 2022 | 07:30
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La storia di Cesio nel racconto dello storico Andrea Gandolfo

antico possedimento del Comitato di Albenga e nel 1805 entrato a far parte del dipartimento di Montenotte

 Cesio. Nuova puntata con la storia locale a cura dello storico Andrea Gandolfo che questa in questa nuova puntata vi raracconta la storia di Cesio, in valle Impero, antico possedimento del Comitato di Albenga e nel 1805 entrato a far parte del dipartimento di Montenotte. Ecco

«Borgo minore della valle Impero sviluppato sopra uno sperone in posizione dominante sull’alta valle e circondato da vari rilievi tra i quali spicca il Monte Arosio, è situato all’incrocio tra la via di crinale lungo la dorsale sul fianco sinistro del sottostante rio Trexenda e le direttrici provenienti dalle valli del Maro, Impero, Arroscia e Merula. Una strada unisce il paese verso levante al passo del Ginestro, posto a 684 metri di altitudine, che scende nella Valle del Merula in provincia di Savona, mentre proseguendo lungo la Statale 28 si raggiunge il valico del colle di San Bartolomeo, a 620 metri di altitudine, già importante nodo stradale verso la Valle Arroscia. Tali percorsi convergono al Passo di San Bartolomeo sull’antica Via del Sale, la strada principale che da Oneglia portava in Piemonte tramite il Colle di Nava. L’insediamento abitativo del borgo è disposto secondo una serie di numerose vie degradanti in semicerchio verso valle, che non presentano tuttavia un particolare interesse architettonico e monumentale in quanto sono testimonianza diretta di una storia urbana abbastanza recente. Dalla via di mezza costa in fondo al paese si possono quindi raggiungere i piccoli insediamenti di crinale Arzeno d’Oneglia e San Bartolomeo d’Arzeno, caratteristici borghi rurali attualmente frazioni di Cesio, mentre da un’altra strada, sulla destra della Statale, si giunge a Cartari, anch’essa frazione cesiese. Il territorio comunale si estende per 893 ettari su una zona prevalentemente collinare, con quote che variano da 240 a 839 metri sopra il livello del mare, tra la testata della Valle Impero e il fianco destro della media Valle Arroscia; confina a nord con Vessalico, ad est con Casanova Lerrone e Testico (già in provincia di Savona), a sud con Chiusanico e ad ovest con Caravonica e Pieve di Teco. L’origine del toponimo è tuttora controversa in quanto la forma Cezio ricorre soltanto a partire dal secolo XIV come indicazione di residenza (è attestato, ad esempio, un certo Facius Ferrerius de Cezio nel 1346), anche se Cesio sembra più probabilmente da identificarsi con Céxeno, che è citato nel 1150 a proposito delle decime del territorio del Maro; è inoltre significativo come la dizione locale cezi concordi sia con la prima forma (fissatasi nella forma del plurale Cesiis), sia con la seconda (per riduzione dell’ultima sillaba del proparossitono). Rimane tuttavia incerto se il nome del paese sia un toponimo preromano, senza etimologia, oppure se si tratti di un prediale senza suffisso, derivante forse dal gentilizio Caesius».

«Nei secoli altomedievali il paese passò sotto il controllo del Comitato di Albenga, il cui vescovo estese la sua giurisdizione sui principali centri della Valle di Oneglia, che avrebbe mantenuto sino alla fine del XIII secolo. Cesio risultava allora inserito amministrativamente nell’antica Castellania di Monte Arosio, che comprendeva anche i borghi di Gazzelli, Chiusanico, Torria e Chiusavecchia, oltre ai due centri della Val Merula Testico e Poggio Bottaro, una circoscrizione – alla quale si contrapponeva più in basso quella di Bestagno – che risulta in particolare dagli atti di vendita di Oneglia ai Doria nel 1298 e dagli antichi Statuti della Valle di Oneglia. Nel corso del XIII secolo il paese era entrato a far parte dei domini dei conti di Ventimiglia signori del Maro, che eressero una struttura fortificata nella frazione di Cartari, la quale, insieme a quelle costruite sui monti Baraccone, Arosio e Torre, costituiva una fitta rete di postazioni militari finalizzate alla guardia e sorveglianza dei nodi orografici sovrastanti il tratto di costa compreso tra Capo Santa Croce, nei pressi di Alassio, e Capo Berta. Nel 1233 il borgo partecipò con altri paesi della valle alla fondazione di Pieve di Teco, mentre all’inizio del secolo successivo Cesio fu venduto dal conte Oberto di Ventimiglia signore del Maro a Federico Doria per la somma di 1600 lire genovesi con atto stipulato il 9 ottobre 1301. Nel 1576 il paese fu poi venduto dai Doria del Maro al duca Emanuele Filiberto di Savoia insieme al borgo di Arzeno, mentre Cartari rimase sotto il dominio della Repubblica di Genova. All’inizio del XVI secolo Cesio contava circa 160 abitanti, corrispondenti a 40 «fuochi», Arzeno quasi 300 (70 fuochi), mentre Cartari ne contava solo un’ottantina (20 fuochi), anche se, in base ad un’accurata carta del territorio cesiese disegnata da Vincenzo Coronelli alla fine del Seicento, risulta come il paese facesse parte di un vasto feudo imperiale che escludeva però gran parte del territorio della Valle Impero e si estendeva, viceversa, verso est fino a comprendere le località di Stellanello (in Val Merula) e Garlenda (in Val Lerrone). Nei secoli successivi, nonostante guerre e carestie, il paese visse un periodo di notevole sviluppo economico e demografico fino al periodo della dominazione francese, quando, nel 1800, sul monte Mucchio di Pietre gli austro-piemontesi inflissero una pesante sconfitta alle truppe repubblicane francesi. L’anno successivo il borgo fu sottoposto ad un violento saccheggio da parte di una banda di circa cinquecento predatori provenienti dalla valle di Oneglia e dai versanti dei torrenti Lerrone e Arroscia, i quali, sotto pretesto politico ma in realtà con la sola mira di predare, invasero Cesio, mettendo in fuga gli abitanti terrorizzati e abbandonandosi quindi a saccheggiare le case e uccidere i pochi infermi che non avevano potuto mettersi in salvo, oltre a fare strage e preda di bestiame».

«Dopo l’annessione della Liguria all’Impero francese nel 1805, il paese entrò a far parte del Dipartimento di Montenotte, il cui prefetto conte Chabrol de Volvic calcolò in 166 gli abitanti di Cesio, mentre quella di Arzeno ammontavano a 95 unità e quelli di Cartari a 371 (comprendendo però anche i residenti a Calderara). Finito il dominio napoleonico e passati sotto il Regno di Sardegna insieme al resto del territorio ligure nel 1815, gli abitanti di Cesio ripresero le loro tradizionale attività agricole legate soprattutto alla produzione olivicola e allo sfruttamento dei castagneti e dei boschi cedui. La popolazione, che nel 1861 era di 625 unità, raggiunse il suo massimo nel 1901 con 716 residenti, iniziando da allora un lento e inarrestabile declino, che si sarebbe accentuato nel secondo dopoguerra portando la popolazione cesiese a scendere sotto le duecentocinquanta unità. Dopo il terremoto del febbraio 1887, che non provocò tuttavia vittime ma solo lievi danni ad alcuni edifici, per la cui riparazione fu concessa al Comune una sovvenzione statale pari a 7950 lire, il paese contò numerosi caduti nel corso della prima guerra mondiale, subendo pochi anni dopo una riorganizzazione di natura amministrativa nel 1928, quando inglobò nel suo territorio Cartari, che fino ad allora era unito a Calderara (oggi frazione di Pieve di Teco) costituendo il comune di Cartari-Calderara, e pure Arzeno, il quale fino a quell’anno era Comune autonomo. La prova più difficile per la popolazione cesiese fu tuttavia quella dell’occupazione tedesca del paese durante il periodo resistenziale, che iniziò il 9 settembre 1943 quando sulla Statale nei pressi del paese alcuni reparti italiani provenienti da Imperia, giunti a contatto con le avanguardie delle truppe tedesche avanzanti, si sbandarono. Ai primi di novembre quattro Tedeschi e cinque fascisti presero alloggio in una baracca nei pressi del ponte minato a circa un chilometro dal paese, dove, a fine marzo del 1944, furono catturati dai partigiani. Alla fine di luglio del ’44 un reparto di Tedeschi particolarmente efferati si insediò nella villa «Romana», poi sostituito negli ultimi giorni di agosto da un reparto della brigata nera del capitano Ferrari al comando del tenente Lo Faro. Nell’ottobre 1944 venne anche costituito il CLN locale, che risultò composto da Alessandro Barla, Giuseppe De Guglielmi, Roberto Gaglio, Giovanni Gazzelli ed Ernesto Moreno, mentre il giorno 15 dello stesso mese al reparto della brigata nera capeggiata dal tenente Lo Faro ritiratasi verso Nava subentrò uno tedesco composto da un centinaio di uomini, che sarebbero rimasti in paese, compiendo eccidi e soprusi, fino alla Liberazione».

« Gli anni del secondo dopoguerra hanno visto un drastico ridimensionamento delle tradizionali attività agricole, soprattutto di quella olivicola, che ha subito in tempi recenti danni assai gravi, in parte irreparabili, con l’abbandono di parecchi uliveti con la gelata dell’inverno 1985 che ha ulteriormente aggravato la situazione, a cui si è aggiunta la diminuzione della superficie destinata alla coltura della vite, mentre pure i seminativi sono assai limitati a differenza dei prati e dei pascoli molto più estesi, anche se l’allevamento risulta estremamente ridotto con pochi bovini e capre che pascolano soprattutto nella fascia superiore del territorio comunale nei pressi del Colle di San Bartolomeo. Gli addetti al settore secondario sono invece pochissimi, tra i quali pochi artigiani occupati nel comparto edilizio, mentre più numerosi sono gli addetti al terziario, dediti principalmente alle attività commerciali e ai trasporti oppure occupati nella pubblica amministrazione. Negli ultimi anni la vita sociale ed economica del paese è stata profondamente modificata a causa della costruzione della nuova strada statale, la quale, attraverso numerose gallerie, collega oggi più rapidamente l’Imperiese alla Valle Arroscia e al Piemonte, facendo di Cesio un borgo di fatto ormai silenzioso e appartato con l’abbandono del vecchio tracciato valicante il colle San Bartolomeo, che era stato voluto dall’amministrazione napoleonica nei primissimi anni dell’Ottocento per colmare una deficienza viaria a lungo sofferta, che aveva reso il borgo un frequentato e trafficato luogo di passaggio. L’economia locale punta allora soprattutto sui proventi del turismo, il quale, se ha avuto finora uno sviluppo limitato, non sembra tuttavia in crescita in quanto l’albergo costruito anni fa nel capoluogo è stato chiuso, mentre i ristoranti sul colle San Bartolomeo hanno perso la clientela di passaggio in seguito alla costruzione della sottostante galleria con una frequentazione divenuta oggi prevalentemente festiva e stagionale. Per il rilancio del borgo, che non può contare su monumenti in grado di attirare i turisti di passaggio, è stato predisposto un «piano particolareggiato» per i tre centri storici di Cesio, Arzeno e Cartari, che potrà migliorare sensibilmente l’aspetto del tessuto edilizio, ripristinando in particolare forme e tinte tradizionali degli edifici. L’Amministrazione comunale ha recentemente operato positivamente nei settori idrico e stradale con la costruzione dell’acquedotto per il nucleo abitato di Colle San Bartolomeo e per il centro di Cartari, oltre alla realizzazione della vasca di raccolta per Cesio e Arzeno, e con l’esecuzione del tronco viario Arzeno-Cesio, mentre è in fase di avanzata progettazione la rotabile da Cesio alle pendici del Monte Mucchio delle Pietre finanziata dalla Comunità Montana.»